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IaaS è obsoleto

Creato il 10 giugno 2013 da Roccosicilia @roccosicilia

Ormai siamo in piena corsa agli “armamenti”: i software vendors si danno battaglia a colpi di features verso la piattaforma di provisioning che meglio interpreta le esigenze dei clienti di “domani”. Si, perché quelli di oggi li abbiamo accontentati lo scorso anno con l’esplosione dello IaaS, ma oggi serve qualcosa di più. Lo IaaS è roba di due anni fa.

I “grandi” della virtualizzazione e dei servizi Cloud, da identificarsi nei sottoinsiemi IaaS e PaaS, sono abbastanza eloquenti su cosa proporre nel medio periodo. Di seguito alcune delle funzionalità che ho ritenuto essere alla base per l’erogazione dei servizi IaaS del prossimo periodo. Non mi sono inventato nulla, sono semplicemente andato alla ricerca ricerca di quelle funzionalità che possono davvero portare valore aggiunto ai service provider che devono costruire un’offerta vantaggiosa per i propri clienti, ed agli utilizzatori finali di questi servizi che si aspettano di veder incrementare le funzionalità senza aggiungere particolare complessità al servizio lato customer.

Hypervisor agnostic
E’ imprescindibile, il servizio deve dare la possibilità ai propri utenti di creare nuove macchine virtuali (VMs) o piattaforme (vApp o Pattern) su hypervisor diversi: ESXi, XenServer, Hyper-V, KVM… solo per citarne alcuni. Questa peculiarità apre nuovi scenari ai provider che posso pensare a diversi “livelli” di IaaS, da quello basato su vSphere che eredita tutte le funzionalità tipiche della vCenter (DRS, Faut Tollerance, ecc), ad un servizio più semplice – passatemi il termine – che protegge i workloads del cliente semplicemente mettendo a disposizione il classico cluster di Hypervisor (HA). Questo scenario può poi essere riproposto al cliente con costi differenti sulla base delle funzionalità che si desidera sottoscrivere.
Al di la del livello di funzionalità e dei costi vi è una questione meramente tecnica: chi migra da una certa infrastruttura non è detto che abbia voglia di rifare tutto daccapo e potrebbe gradire l’import delle proprie VMs nel nuovo Cloud, cosa possibile con poca fatica solo se il nuovo ambiente mette a disposizione il giusto hypervisor e le giuste funzionalità di importazione (standar aperti di pacchettizzazione delle VMs come TOSCA e OVF).

Hybrid Cloud
E’ il momento di farlo sul serio. I workloads dei nostri clienti devono poter migrare “da un Cloud all’altro” come oggi migriamo una VM da un host all’altro. We have the technology. Su questo tema ci sono diverse interpretazioni.
VMware, la cui soluzione Cloud non è Hypervisor agnostic, mette a disposizione un servizio di cui ho parlato su itrumors.it: VMware Hybrid Cloud Service. IBM SmartCloud è Hybrid in quanto è in grado di gestire anche Amazon EC2 come fosse uno dei propri hypervisor. Citrix mette a disposizione una componente che chiama CloudBridge, un sistema che permette di mettere in comunicazione due Cloud environments e movimentare il workload da un Cloud all’altro.
Tre soluzioni, o interpretazioni, che presentano pregi e difetti. Non saprei dire quale sia meglio, vedo piuttosto tre distinti ambiti o scenari in cui collocarle.

Orchestration
La mera creazione di una macchina virtuale o di una piattaforma composta da più macchine virtuali è una cosa già vista: un po’ di manualità, qualche configurazione di base ed il gioco è fatto. Per i piccoli ambienti non serve molto di più. Quando parliamo di Virtual Datacenter, Software Defined Datacenter, Cloud Dataenter, $_NUOVA_PAROLA_DI_MODA Datacenter, di solito abbiamo a che fare con dimensioni di un certo tipo dove la scrupolosa gestione manuale dell’infrastruttura non è più sufficiente e diventano necessari degli automatismi di controllo e gestione dell’infrastruttura e dei flussi di provisioning a cui il sistema deve dar seguito.
Tanto più è completa – e complessa – l’infrastruttura tanto più i flussi saranno complessi ed elaborati, un software che ci aiuti a definire e rendere standard i flussi diventa quindi desiderabile per gli amministratori del sistema. Tale è il compito degli “orchestratori”: mettere a disposizione degli Admins un sistema in grado di creare ed applicare precisi flussi di controllo, gestione e provisioning.

Capacity management
Un’altra funzionalità che è di estrema importanza per chiunque abbia a che fare con infrastrutture importanti e che, come requisito infrastrutturale, dovranno crescere nel tempo.La capacity management ci deve permettere di comprendere, in tempo reale, lo stato di utilizzo e carico dell’infrastruttura Cloud nella sua interezza al fine di individuare potenziali saturazioni delle risorse.
Sulla base dei trend di carico osservati è possibile stabilire, ipoteticamente, il trend di crescita del carico al fine di individuare un punto nel tempo in cui le risorse disponibili saranno sature. Tale ipotesi permette di valutare le espansioni (o le riduzioni) dell’infrastruttura prima che la necessità si concretizzi, dando così più tempo per valutare e definire un’espansione infrastrutturale atta a sostenere la crescita del fabbisogno di risorse.

Come accennavo ad inizio post, stiamo andando un po’ più in là dello IaaS, costruendo attorno a questa modalità di erogazione della potenza di calcolo una costellazione di servizi ed integrazioni utili ai provider ed agli utenti dei servizi Cloud. Le citate soluzioni sono anche quelle che ritengo debbano essere tenute sotto osservazione dagli addetti ai lavori: VMware, Citrix e IBM sono di fatto già pronte ad offrire soluzioni software in grado di soddisfare le nuove attese in quest’ambito. Non resta che valutare la soluzione che più si avvicina alla nostra esigenza, non dimenticando che c’è chi queste soluzione le ha provate e messe a confronto e può probabilmente aiutarci a dirigere bene i nostri passi.


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