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IaaS management

Creato il 24 novembre 2012 da Roccosicilia @roccosicilia

Il cloud in modalità IaaS (Infrastructure as a Services) è oramai più che maturo tanto da poter osservare un interessante trend nella gestione delle architetture cloud. È sicuramente un tema più vicino agli addetti ai lavori più che ai consumatori di servizi IaaS, ma è interessante osservare la diversità di approccio dei Big del cloud sulla questione della gestione delle infrastrutture che erogano questi servizi.

In questo post espongo tre esempi particolarmente in vista ed estremamente diversi tra loro e trarremo qualche conclusione. Partiamo dal colosso della virtualizzazione: VMware. Con il suo vCloud Directory VMware marca il territorio proponendo un sistema di erogazione servizi che, in parole povere, tende a rilasciare funzionalità da Virtual Datacenter all’utenza. Di fatto l’ambiente vCloud Directory è studiato per dare in gestione all’utente molti aspetti delle proprie VMs e della propria architettura virtualizzata.

Gli utenti ringraziano, soprattutto se già conoscono le basi della virtualizzazione secondo VMware. Di fatto viene messo a loro disposizione, se pur limitato nelle risorse, un Virtual Datacenter “semplificato” e scevro dalle componenti di gestione dell’asset e degli hypervisor. Volendo trovare un limite possiamo dire che non si esce dal perimetro di VMware cosa che porta con se costi di licenza di un certo tipo. È banale ma dobbiamo valutare anche le economie: un servizio bellissimo ma costosissimo potrebbe non avere successo. Non parliamo di cifre astronomiche ma teniamo a mente che con VMware il costo di startup e mantenimento dell’architettura deve tener conto dei costi di licenza.

Il secondo esempio da prendere in considerazione è rappresentato dai software che permettono la gestione di diverse tipologie di hypervisor. CloudStack di Citrix (senza nulla a togliere ad altri brand che offrono la loro soluzione) agisce come piattaforma di erogazione IaaS “hypervisor-agnostic”. Tale sistema aumenta notevolmente la versatilità dell’architettura che si va a costruire in quanto l’utenza potrà usufruire di diverse tipologie di hypervisor con funzionalità differenti e, di conseguenza, costi differenti. Lo stesso vSphere è utilizzabile da CloudStack che erediterà i meccanismi di ridondanza (HA) e bilanciamento (DRS) di VMware. In alternativa, a fronte di minori costi e minori funzionalità, si potrà utilizzare KVM, hypervisor validissimo ma che ad oggi non dispone di strumenti accattivanti come quelli di vSphere o XenServer.

Il terzo esempio è forse quello più appassionante dal punto di vista tecnico ma che probabilmente richiede le maggiori competenze per essere implementato: i framework per le piattaforme cloud. I maggiori rumors sono per OpenStack, famoso anche per essere in uso da molti ASP di peso. Avere a disposizione un framework ci permette di creare la nostra piattaforma IaaS. È evidente come siano necessari oneri di sviluppo notevoli affiancati dalla notevole elasticità del framework, uno strumento che ci permetterà di creare una piattaforma originale sotto molti aspetti. Ovvio che bisogna avere le idee ben chiare su quello che si desidera fare, creare una piattaforma di erogazione IaaS, per quanto concettualmente potrebbe essere semplice per gli addetti ai lavori, non è una passeggiata e non è una cosa rapida.

Diversi modi di interpretare la “gestione” delle architetture cloud, tutti interessanti ma sono ovviamente da abbinare agli opportuni contesti. La mia sensazione è che ci si stia muovendo verso una gestione integrata degli ambienti che erogano servizi cloud, all’orizzonte vedo quindi una maggiore attenzione per gli strumenti hypervisor-agnostic e facilmente integrabili/modificabili. La tendenza la si può leggere anche in alcuni recenti eventi come la grande attenzione che c’è nei confronti di OpenStack o la nascita di strumenti di “conversione” sempre più completi. Del resto a chi non piacerebbe avere un “connettore” tra il proprio ambiente cloud VMware e Amazon?

Una cosa è certa, non possiamo solo stare a guardare il “mercato” visto il gran numero di soluzione “made in community” che stanno uscendo e che il mercato stesso tenta di “assimilare”.


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