Data: 1 ottobre 2014 Autore: Stefano Bresciani
Il termine “meditazione” ha un’interessante etimologia che risale alla parola latina usata dai dotti nel XIII secolo – meditationem – derivante a sua volta da meditari. Tale vocabolo è la forma intensiva del verbo mederi che significa aiutare, riflettere, curare, le cui radici affondano nella terra indoeuropea dalla quale derivano anche “medico” e “medicina”.
In sostanza bisogna notare come la meditazione, secondo la pura tradizione occidentale, non sia altro che la ricerca del vero sé attraverso la riflessione e una forma di auto-aiuto. Tutto è già dentro di te, devi solo darti il tempo necessario per ri-svegliare le tue capacità meditative e sfruttarle al meglio. Qualsiasi disciplina può fungere da strumento, da stimolare per farti attingere a queste tue risorse interiori… per me è stato lo Iaido.
Ho provato svariate forme di meditazione: da quelle classiche dello Yoga a quelle dinamiche di Osho, dalle forme statiche dello Zen a quelle più marziali riscontrate nei kata di Karate e Tai Chi. La forma più meditativa in assoluto, per come la intendo io, mi è stata trasmessa dalle forme apprese ed eseguite in solitaria nello Iaido. Kata col katana giapponese, nutriti di uno spirito colmo di zanshin (stato di allerta e concentrazione) e fudoshin (stato di equanimità o imperturbabilità) mi hanno donato ciò che stavo a lungo cercando. In particolare mi è successo nel preparare esercizi lunghi e concatenati di tecniche con la spada giapponese in funzione di dimostrazioni pubbliche. Lì ho sentito davvero il massimo di me stesso, facendo cose sbalorditive anche solo sognate poche settimane prima… ma poi concretamente realizzate!
Tutto era già dentro di me, è bastato solo pensarlo, pensare di potercela fare e poi farlo. Tutto è filato liscio come l’0lio, o meglio come la lama del katana che ogni volta impugno con gioia e serenità, con calma e dinamicità, per una nuova e ricca meditazione …