Di Ian McEwan ho letto molto, compreso il recente Solar, che mi è passato tra le mani in quest’ultima settimana. A ogni romanzo di McEwan che aggiungo alla mia personale schiera di letture, rimango dell’idea che la sua opera migliore sia Il giardino di cemento; in un certo senso, ogni sua nuova uscita rappresenta per me una conferma di questa valutazione. Tuttavia, affermare che un determinato romanzo è l’opera migliore di un certo autore, in questa circostanza, non implica un giudizio assoluto, direi piuttosto che nel mio caso Il giardino di cemento è stato testimone di un momento particolare, uno di quei casi in cui la letteratura che consumi coincide perfettamente con le circostanze della tua vita (i fattori per i quali persisto nella valutazione appassionata de Il giardino di cemento li ho già esposti in una nota di qualche mese fa). Resta pur sempre il fatto che stiamo parlando di uno dei massimi autori contemporanei e l’ultimo Solar ne è una fulgida testimonianza. Solar è la storia tragica e farsesca di Michael Beard, premio Nobel per la Fisica, un uomo grottesco ed egoista, con una certa propensione ai matrimoni (nella sua speciale collezione se ne contano cinque) e al junk food. È a un tipo così che la scienza demanda il compito di salvare il pianeta dal riscaldamento globale, chiedendogli di inventare un sistema artificiale ed economico di fotosintesi che liberi l’uomo contemporaneo dalla schiavitù del petrolio. La cosa migliore del racconto è l’inconsueto taglio comico che filtra in tutta la vicenda, un fatto non da poco per uno che in patria è soprannominato “Ian Macabre” per via dei toni cupi di molte delle sue narrazioni. Si tratta tuttavia di un’intonazione ben radicata in gran parte della letteratura inglese contemporanea. Se è vero, però, quanto sosteneva Northrop Frye, ossia che in letteratura l’ironia è un segno di logoramento e che la sua apparizione precede solitamente un ritorno alle forme popolari e primitive di intrattenimento, immagino che neppure la prossima volta che mi troverò per le mani un nuovo lavoro di McEwan riuscirò ad evitare l’indebito paragone con Il giardino di cemento.
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