23 novembre 2013 Lascia un commento
Il futuro è imminente e apocalittico.
I figli sono strappati alla somiglianza coi padri e proiettati verso un domani che pur conservando i problemi e le miserie dell’oggi sarà pur tuttavia differente per qualcosa di immenso e oscuro.
E penso a coloro che remoti e sprezzanti mentre tutto ciò accade non hanno che cretini doveri da continuare a imporre: il progresso, lo sviluppo, le liberalizzazioni, la tolleranza, l’ecumenismo.
Non si accorgono che la degenerazione di un paese è avvenuta proprio attraverso la degenerazione dei loro valori.
Non si accorgono che non c’è soluzione di continuità tra coloro che sono tecnicamente criminali e coloro che non lo sono.
E che il modello d’insolenza, disumanità e spietatezza è identico per quello che fu popolo e oggi è massa.
L’accettazione di ciò avviene attraverso il più untuoso degli alibi: quello di un’ostentata ed enfatica ansia democratica.
Come non rimpiangere dunque l’Italia che conoscemmo ragazzi, dove le apparenze parevano dotate del dono dell’eternità, si poteva appassionatamente credere nella rivolta o nella rivoluzione che tanto quella meravigliosa cosa che era la forma della vita non sarebbe mai cambiata, dove ci si poteva sentire eroi per il mutamento e per la novità, perché a dare coraggio e forza era la certezza che le città e gli uomini nel loro aspetto profondo e bello non sarebbero mai mutati, dove persino i ladri e i delinquenti avevano una qualità meravigliosa, non erano mai volgari, come presi da una loro ispirazione a violare le leggi, accettavano i loro destino di banditi sapendo, con leggerezza, o con antico sentimento di colpa di essere in torto contro una società di cui essi conoscevano direttamente solo il bene.
L’onestà dei padri… e delle madri…