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Icastica 2014

Creato il 24 settembre 2014 da Wsf

 

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi porta progressi; e’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie, chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato, chi attribuisce alla crisi i propri fallimenti, dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi é la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni é la pigrizia nel cercare soluzioni; senza crisi non ci sono sfide, senza crisi non c’é merito: nella crisi emerge il meglio di ognuno di noi. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa: la tragedia di non voler lottare per superarla!”

Albert Einstein

Icastica é un’iniziativa culturale promossa dal Comune di Arezzo, una kermesse artistica che si snoda per le vie e le piazze antiche del centro storico. Una serie di eventi ed installazioni che affascinano e rapiscono per la maestria con cui viene contrapposta l’arte antica a quella contemporanea.

La mia personalissima Icastica si apre con l’arrivo alla stazione d’Arezzo in una giornata agostana stranamente soleggiata. Un viaggio lungo, con l’aria condizionata a palla e dei compagni di viaggio di natura stranamente definibile.

Scendo con il borsone in spalla e il mal di testa tipico dei lunghi viaggi. Facce sconosciute e lingue diverse si confondono in una stazione stranamente piccola, ma ordinata. Giusto il tempo di uscire che appare inaspettata, la prima installazione.

E’ l’opera di Michal Trpak “Humanoids”. L’artista della Repubblica Ceca mostra la propria bravura posizionando una serie di figure in cemento in Piazza della Repubblica. Il messaggio celato sotto al cemento é l’espressione tangibile della crisi economica che sta attanagliando il mondo. Un’ opera maestosa e per certi versi inquietante, che tende a rappresentare una serie di figure che paiono essere uscite dalle pagine di “Momo” di Michel Ende.

 

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Superata piazza della Repubblica, proseguo sempre diritto verso via Guido Monaco.  Poco distante una chimera in bronzo mi osserva. La creatura che Omero definisce come : “il mostro di origine divina leone la testa, il petto e drago la coda; e la bocca orrende vampe vomitava di foco: e nondimeno, col favor degli dei, l’eroe la spense”. Iliade VI altro non é che il simbolo della città. Un altro pezzo di Grecia antica dentro ad una città etrusca.

Piazza Guido Monaco é un pezzo di tessuto urbano perfettamente circolare in cui appaiono le opere più maestose di Icastica: le creazioni del maestro messicano Javier Marin. Le installazioni come giganteschi titani dai piedi sottili poggiano sull’erba verde. Visi giganteschi, cavalieri senza pelle, figure umane distorte che  paiono guardare verso un punto indefinito del cielo e della terra, salutano il visitatore facendolo sentire minuscolo.

Nonostante le deformità non si può non notare l’impronta classicheggiante delle masse bronzee che si sovrappongono, lasciando spazio ad un bellissimo equilibrio tra il chiaro e lo scuro.

Una lunga fila di alberi porta davanti al “Cavaliere”; una sorta di novello Don Chisciotte privo di pelle. Una  fusione carnale tra  uomo e animale, che s’innalza verso l’alto,  disegnando una linea color porpora nell’azzurro del cielo.

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Solo il tempo di ammirarlo e riprendere il cammino verso via Madonna del Prato. Percorro pochi metri ed arrivo all’Hotel “l’Aretino”, un ambiente ospitale ed accogliente nel cuore antico di Arezzo. Qui alloggerò alcuni giorni, sperando che il tempo sia clemente e la città con lui.

Via Madonna del Prato è una strada stretta ed in salita, i muri antichi delle case ti accompagnano silenziosi verso due pannelli informativi, che richiamano l’attenzione dei passanti sull’evento: “L’oro nei secoli”. La grande mostra dei gioiellieri Castellani, proprietari di una delle più importanti collezioni orafe della città.

Una semplice rampa di scale divide la mostra dal piano superiore, in cui sono presenti le volte affrescate da Piero della Francesca. Prendi un biglietto, sperando di essere tra i 25 visitatori che possono accedervi subito e riprendi a salire.

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L’opera é titanica ed ancora splendidamente brillante. Il martirio,le battaglie, l’insieme della sacralità di un mondo ormai scomparso, concentrato di una manciata di metri quadri. Poco distante, posizionato al centro della stanza è visibile il crocefisso stilizzato di Antony Gormley, dal titolo: “La leggenda della vera croce”. Un’ opera, “cubistica”, nel vero senso della parola.

Una seconda serie d’installazioni outdoor si trova nel centro di piazza San Francesco. Si tratta di : “If you hit me i hit you twice” (Robert Barta) e “Les contes de l’incroyable amour” (Yved Dana). Due opere concettualmente interessanti già a partire dai titoli attribuitigli. Un affascinante contrasto che nasce dalla contrapposizione abissale che separa l’arte classica da quella contemporanea.

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L’uomo e la figura scompaiono lasciando spazio soltanto ad una serie di oggetti. Un nuovo rigurgito “duchampiano” che molti artisti di oggi paiono avere voglia di elaborare in ogni forma e sostanza.

La scritta Icastica campeggia sulle finestre della GCAC – Galleria Civica d’Arte Contemporanea, in cui sono presenti, forse, i pezzi più pregiati di questa manifestazione.

Damien Hirst con il suo “The black sheep”. L’artista inglese porta in scena un’opera icastica ed iconoclasta, un montone dagli occhi chiusi e dal corno dorato che pare dormire dentro una vasca color azzurro.

Le opere di Fabio Viale, uno scultore italiano davvero interessante, che modella una materia profondamente difficile come il marmo con profonda grazia e leggerezza, snudando e modificando la natura stessa del materiale in favore di qualcosa di nuovo e piacevole alla vista. Viale è presente con tre opere all’interno della Galleria d’arte contemporanea. La “pietà” una rivisitazione dell’opera di Michelangelo in versione attuale, dove la figura del Cristo si distacca come se fosse stata selezionata chirurgicamente dall’abbraccio michelangiolesco. Un’ opera possente, monumentale se si pensa al tipo di materiale usato ed all’originalità dell’idea.

Al piano superiore invece, si ritorna al contemporaneo, una serie d’installazioni, scritte di luce, fotografie, creazioni artistiche che rimandano all’11 settembre e contemporaneamente un ritorno all’antico con i reperti classici di Tebe ed Ercolano. Viale ci stupisce ancora con un’altra delle sue opere, sistemata sul pavimento della sala, si tratta di “Kouros” un mezzobusto ricoperto di tatuaggi. Nato dalla collaborazione con lo scrittore siberiano Nicolai Lilin ed il suo “linguaggio criminale” scritto sulla pelle. Educazione siberiana docet.

Nella sala attigua sono disposte una accanto all’altra una serie di teste di diversa dimensione: opera dell’americano Barry x Ball, mentre sulle pareti delle scale, disposte in fila troviamo una serie di nidi in legno per uccelli, creati per mano dell’autore Pascale Marthine.

Essi danno il benvenuto ai visitatori con la scritta “welcome”, la particolarità di questo benvenuto é data dalla fatto che la parola é formata scritta con finti escrementi d’uccello.

Al centro della sala si trova l’opera di Julie Legrand. Giovane artista francese che mette in scena un’opera effimera e bellissima formata da un insieme di fili di lana colorata. La struttura transitoria e mutevole dura solo il tempo di un respiro o per meglio dire, di un’installazione.

La GACC é una perla e visitarla altro non é che un modo, per comprendere appieno “Icastica”, nella sua anima più innovativa e profonda.

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Il viaggio prosegue verso via Cavour, pochi metri da percorrere tra una salita ed una discesa ed ecco la badia di S. Flora e Lucilla. Una costruzione gotica, modificata su progetto di Vasari intorno al 1500. Basta volgere lo sguardo per trovare nuove vie o luoghi di ristoro, Arezzo é fatta così.

Per quanto concerne la sfera del riposo una delle osterie migliori é il “Porca vacca”. Decisamente il posto più adatto per gustare “la ciccia buona”. Ti fermi così ad ordinare un chilo e mezzo di Chianina, accompagnata da un litro di rosso. L’impossibilità ad alzarsi dopo pranzo é palese, dunque aspetti all’ombra degli alberi che le energie tornino. Rifocillato, mi rimetto in marcia, proseguo per via Cavour fino ad arrivare al Museo statale d’arte medievale e moderna. La pinacoteca é immensa, ricchissima di sculture, quadri, ceramiche perfettamente dipinte. Un capolavoro dentro al quale si affaccia un’altra installazione d’Icastica, quella di Costas Varotsos: una creazione in acciaio e vetro che a prima vista pare essere fatta interamente di plastica. A prima vista molte delle opere contemporanee  paiono avere una forte connotazione artigiana più che essere il frutto di un artista, ma,  forse questo è un problema relativo a tutta l’arte attuale. La cultura artigiana riporta prepotentemente ad una nuova forma di mecenatismo. Il passato.

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La parte più bella sta proprio nel ricercare il dettaglio, il particolare, l’innesto, l’amalgama di materiali diversi che fondendosi producono l’arte del movimento. La tappa successiva é la casa del Vasari. Una costruzione sopraelevata dalla strada, un museo ricco di affreschi ed un giardino all’antica, perfettamente curato, con un meraviglioso spazio acquatico in cui é possibile veder galleggiare le ninfee.

Anche qui é possibile vedere un’altra serie d’installazioni di Barry x Ball. Il contrasto pure essendo davvero forte davvero forte, risulta perfettamente integrato al contesto.

Arezzo é davvero una città a misura d’uomo, circondata da spazi verdi, storia e d’ arte medioevale. Si passa dalle chiese romaniche ai palazzi storici, come il palazzo Lappoli, dei Priori e quello delle Logge, fino ad arrivare alla casa natale di Petrarca. Oggi trasformata in una  biblioteca contente circa diecimila volumi e che dire della Cattedrale situata vicino alla Fortezza medicea dove da poco tempo sono state riscoperte stratificazioni di stanze etrusche?

Ancora maestoso appare il Duomo che si innalza in una costruzione del ‘200 ed ospita pezzi unici come la Maddalena di Piero della Francesca, la cantoria dipinta da Vasari e le stupende vetrate di G. de Marcellot.

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In via Sassoverde incontro la chiesa gotica di San Domenico con al suo interno il Crocifisso ligneo dipinto da Cimabue. Una figura quella del Cristo che pare contorcersi negli spasimi dolorosi dell’ultimo respiro, mentre la Vergine e Giovanni Evangelista confortano il morente nella sua eterna agonia.

La città di Arezzo svela le proprie gemme preziose con discrezione, forse per questo rimane una perla racchiusa all’interno di un guscio morbido cha la rende uno dei cuori pulsanti d’Italia.

Ma il mio viaggio non é ancora finito. Una visita va al museo archeologico M. C. Mecenate. Racchiuso tra le mura basse dell’anfiteatro. Un viaggio indietro nel tempo, che mi riporta inesorabilmente Piazza San Jacopo, dove ad attendermi trovo una serie di poltrone … design moderno, non mi attira particolarmente e proseguo risalendo nuovamente verso Corso Italia, la via principale di Arezzo.

Ecco di nuovo apparire Trpack con le sue donne e uomini che scendono dal cielo (“Slight Uncertainty II”).

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Supero nuovamente piazza San Francesco e giù verso Porta Laurentino. Nel centro esatto che separa la volta dal pavimento in pietra, trovo nuovamente una chimera ad attendermi. Mi avvicino, con la lentezza tipica di chi si trova ala fine di un lungo viaggio. Supero la penombra. Gli occhi vuoti dell’animale mi osservano, ma non abbasso lo sguardo.

“Non sputi più fuoco ormai” sussurro, mentre un ragno esce sornione dalla bocca semiaperta.

Il viaggio é finito. Appoggio una mano sul bronzo scuro e penso: “Tu sarai ancora qui domattina, in questo limbo storto, dove il giorno si chiude e il crepuscolo si perde”.

Christian Humouda


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