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ICT4D /Tecnologia a servizio dello sviluppo per agricoltori e allevatori africani /Ma non solo per essi

Creato il 05 luglio 2012 da Marianna06

9780521712361

 

Sull’ultimo numero (luglio 2012) di Missioni Consolata, la rivista dei missionari della Consolata di Torino, diretta da Gigi Anataloni,  GianlucaIazzolino  ci informa con dovizia  di particolari, in un ricco e interessante articolo, della rivoluzione epocale,che sta vivendo attualmente l’Africa, grazie alle nuove tecnologie che, a basso costo, sono a disposizione di alcuni giovani sviluppatori  africani, molto capaci e fortemente motivati.

Come avviene a Nairobi (Kenya), ad esempio, dove- è  Iazzolino che scrive –  su Ngong Road, all’ultimo piano di un elegante edificio in vetro, c’è “iHub”, il business incubator più famoso dell’intera Africa.

Roba da non credere per noi che dell’Africa sovente abbiamo in mente solo falsi stereotipi.

Lì  giovani sviluppatori smanettano senza sosta, dal mattino alla sera, sui loro “portatili” oppure discutono, occhio fisso allo schermo, su alcuni grafici per trasformarli poi in applicazione per cellulare o piattaforma.

Per inciso l’Africa è disseminata fin  lì dove i gestori delle reti, annusato l’affare, lo consentono, di cellulari, molto spesso ricaricabili ad energia solare, che altro non sono che i noti Nokia1100 di una volta, che da noi ormai hanno lasciato il posto ad ipad e ad iphone.

La cheetah generation africana, come la definisce l’economista ghanese George Ayittey, con un modestissimo cellulare riesce in definitiva a fare di tutto.

E non si scherza affatto.

Si fanno transazioni bancarie, si combinano affari, si forniscono cure mediche, si fa persino la rivoluzione come è stato per le “primavere arabe” o come accade in Africa orientale, cioè nella  Somalia degli shabab oppure ancora nel Sud-Sudan dei gruppi armati ribelli.

A noi interessano piuttosto (è quanto evidenzia l’articolista) applicazioni come "Grainy bunch", creato da un giovane tanzaniano oppure  "Mkulima Bora", opera di un gruppo di sviluppatori keniani, indispensabili per fornire agli agricoltori preziose informazioni sul tipo di piante da seminare, incrociando dati geografici e meteo e naturalmente sui trattamenti necessari riservati fino al tempo del raccolto.

E ancora c’è sempre in Africa l’ "Agro Universe", che è un’innovazione ugandese per monitorare il processo di distribuzione dei prodotti rurali.

E poi sopratutto c’è "iCow" ,definita la “migliore amica” dell’allevatore,sottolinea  Gianluca,  in quanto con applicazioni interamente gratuite fornisce innumerevoli utili informazioni sul ciclo di gestazione delle mucche, a partire dalle vaccinazioni fino alla corretta alimentazione per il bestiame.

E qui, per" iCow", c’è da aggiungere e precisare che il menù è anche a scelta vocale, allo scopo di aggirare l’ostacolo di un eventuale e possibile analfabetismo da parte dell’utenza.

Ma l’articolo di Iazzolino  conclude, tutto sommato,in finale,  con una nota pessimistica perché è evidente che in Africa esistono molte Afriche, ognuna delle quali è di uno specifico e di una complessità notevole inimmaginabile.

Perciò la tecnologia non può essere  per tutti e tutte le realtà, nonostante i comprensibili entusiasmi e la fattiva utilità, almeno in certi contesti, la panacea di ogni male.

Può servire  comunque alla gioventù africana per cancellare in parte o definitivamente certi suoi complessi d’inferiorità rispetto al resto del mondo e rendersi conto che quest’ultimo può essere anche a portata di “clic”.

Senza attraversare necessariamente il mare.

Prima della rivoluzione tecnologica in Africa occorre fare prioritariamente la rivoluzione contro la povertà generalizzata (il 60% dei poveri non ha accesso ancora oggi ad alcun servizio) la fame, le malattie e l’ignoranza.

Se le tecnologie in questo possono aiutare (e pare che lo possano), benvenute siano, allora,nostre tecnologie amiche.

 

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 


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