Travolgente spettacolo quello di domenica scorsa al Rossetti di Trieste, ultima data nel nostro paese per il Cirque Éloize che ha portato in scena iD di Jeannot Painchaud. Un’autentica esplosione di energia, acrobazie, break dance, urban bike, in uno stile che va ben oltre il linguaggio universale del circo grazie a quattordici meravigliosi artisti ad interpretare dodici diverse discipline circensi. Nato in collaborazione con il Cirque du Soleil, iD accoglie il suo pubblico lasciandolo letteralmente senza fiato per tutta la sua durata, spaziando tra variegati orizzonti creativi, dalle performance artistiche alla scenografia, dalla regia agli effetti scenici in genere. Immaginate un ritmo tutto break dance, reso tutt’altro che noiosamente ripetitivo da una leggera nota di swing in perfetto stile newyorkese. Aggiungetevi degli artisti che pur sottolineando la loro indubbia formazione circense, dimostrano come l’abbiano snaturata, evolvendo il loro talento con influenze del tutto innovative, creative e originali, svuotando i luoghi comuni della propria disciplina.
Le performance sono cadenzate a ritmo di musica, diventando automaticamente coreografie di urban dance, sottolineando così anche l’abilità dell’artista di rendere questo ulteriore effetto tutt’altro che scontato, specie nel coordinamento con le altre figure sul palco che si intersecano con velocità paragonabile solo a quella di un cartoon. Quasi spaventa la sincronia di un giocoliere che riesce a manovrare in aria sette palline da tennis, facendole rimbalzare su diverse superfici a diverse angolazioni, in triplici rimbalzi psichedelici, integrati da comparse che li attraversano. Commistioni che ne caratterizzano lo svolgimento, a creare tante scatole cinesi ad effetto sorpresa, decuplicando così suspense ed emozione. Fantasiosa e di indubbio impatto emotivo, specie nel confronto con i ricordi d’infanzia che solleva, la coreografia con molteplici salti della corda: ben evidenzia tanto l’acrobazia nell’acrobazia, portando in scena tutti gli artisti, quanto la regola del ritmo che pervade lo spettacolo, sia nel travolgere lo spettatore, sia nella perfetta sincronia degli artisti che qui si divertono a “saltare la corda” ciascuno a suo modo, ossia con la sua particolare disciplina. Questo particolare momento dello show esplicita peraltro la regola della grandezza che lo permea, esaltando significato e spessore: diverse grandezze a confronto, in questo caso diverse corde, che usate in simultanea possono essere paragonate solo ad un videogioco per la perfezione con cui sembrano create.
Ed un videogioco lo è di certo il gran finale che esalta tutti i livelli con cui iD rapisce: grafica e scenografia diventano infatti un puzzle che si compone e scompone usando divertenti effetti di cambio prospettiva in cui si cimentano anche quei meravigliosi quattordici artisti, con l’artificio di una superficie elastica, che permette personificazioni alla Spider-Man. Più in generale si nota una fisicità prorompente bene esaltata da dicotomie tutt’altro che stonanti come quella fra una contorsionista ed un ballerino di break, quella fra la stessa break dance e la pole dance in versione maschile ed altri divertenti esempi di accostamenti vincenti fra opposti, in cui vince per romanticismo anche la danza in aria con le stoffe pareggiata da quella a terra con i roller. A chiudere il cerchio, è proprio il caso di dirlo, ci pensa l’Hula-Hoop che il palcoscenico tutto ha messo in scena grazie ad una prestante ballerina che è riuscita ad ammaliare e danzare all’interno del famoso attrezzo, ovviamente senza interromperne il moto riconfermando una volta in più il beneficio energizzante di uno spettacolo che riproduce tutta la verve delle arti circensi.