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Ida Verrei - Recensione

Creato il 23 ottobre 2013 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr

 

“Peccaminosa

Di Sandro Capodiferro

Edizioni Libreria Croce

p.p.194

 

 

Recensione di

 Ida Verrei

 

…Sono entrata nelle cellule di uomo per vedere come sarebbe andata a finire e lui mi ha riprodotto all’infinito…(pag.10)

…Sono quel peso instabile e controverso, sono lo specchio del gioco perverso, sono la neve che le anime solca, ho solo un nome io, sono la colpa. (pag.194)

E la colpa, il vizio,  è il motivo dominante di questa silloge, una colpa letta secondo una prospettiva psicologica, il peccato come riflesso di esistenze strane e remote, quasi sospese in una sorta di sogno o incubo.

Sette donne, sette vite poste a contraltare l’una dell’altra, eppure lontane nel tempo e nello spazio, dall’inizio dell‘800 al secolo attuale, dall’Impero Ottomano, al Cile, passando per Europa e Stati Uniti; sette universi, sette percorsi di peccato e redenzione, destini che si intrecciano legati dalla sottile simbologia di una spilla che intride con delicatezza il tessuto dell’intera narrazione e veicola una carica emotiva che esplode in tutta la sua forza.

Peccaminosa di S.Capodiferro è un libro che racconta storie, ma che  soprattutto analizza viaggi interiori, scava nell’animo delle diverse figure femminili, ognuna delle quali incarna un vizio, un peccato, una delle sette P incise sulla fronte di Dante, in un purgatorio fatto di espiazione, riflessione e pentimento.

Abiti del male, li aveva definiti Aristotele; spiriti e pensieri malvagi, li considerava il primo Cristianesimo, causa e origine di tutte le azioni peccaminose. Non è così  per l’Autore: ogni peccato, ogni vizio capitale, è espressione della condizione femminile in epoche diverse; affreschi sociali, percorsi, episodi che riflettono mondi ed età lontani, ma con valori universali riconosciuti, appunto, nel momento del riscatto.

Sette i peccati e sette le storie.

Fatma (1809), l’accidiosa: “Qualsiasi cosa accada non voltarti indietro figlia mia. Non farlo mai…”(pag.11) E lei ubbidisce, si lascia trascinare dagli eventi, prigioniera dell’harem e della sua stessa inerzia; rinuncia alla bellezza, alla gioia, all’amore. Una non-vita, sino a condannarsi, infine, ad un triste destino di solitudine e romitaggio: “Passerò i miei giorni nell’attesa che qualcosa accada, spaventata dal solo pensiero che quel qualcosa possa trovarmi tragicamente viva…”(pag.33)

Emily (1854), superba e altera, che scopre nel riconoscimento dell’altro e del diverso la propria fragilità negata e ritrova un’autentica umanità;

E ancora: Ivette (1879) che  finisce col comprendere che “l’invidia è l’anestetico dei deboli. Disciolto in rabbia si inetta dritto al cuore dei propri limiti per non continuare a sentirne il dolore”(pag,86)

E poi Mirosalva (1919), la cui ingordigia diviene parossismo anoressico, che la travolge in un “balletto della morte”, nel tentativo di fuggire a se stessa: “Ho cercato di riempire negli anni il vuoto incolmabile nel quale ho sempre navigato…” (pag. 115) ;

E Allison (1947), trascinata allo sbaraglio e alla distruzione dall’ira.

 Conchita (1980), l’insolita suora  messicana, posseduta dalla brama di possedere, in “ un delirio di riservatezza e di avarizia nel quale nascondeva tutta se stessa, come a proteggersi dal mondo che la voleva sopraffare.” (pag.166)

E infine, Carmela (2007), la lussuriosa, forse la più forte delle figure femminili, quella che incarna il più oscuro dei peccati, ma anche il più seducente; il vizio che avvolge e sconvolge poiché cela abissi, voragini di dolore e solitudine. “Cercare di riempire quei vuoti con i sospiri avidi di tutti gli uomini che mi hanno avuta, è stato come ogni volta scavare ancor di più il fossato tra ciò che non ho mai avuto e ciò che avrei desiderato avere”. (pag. 191)

Storie di donne, abbiamo detto, ma i veri protagonisti sono: amore, distacco, speranza, delusione, rinascita. È  la suggestione delle emozioni e dei sentimenti che risolve la disperazione, la rovina, in una voglia  di riscatto catartico.  Il peccato, umanissimo, è descritto con una sorta di levità, quasi con reticenza. Peccati da compatire, da comprendere, poiché sempre viene riconosciuto il diritto di risalire, di risollevarsi dopo la caduta. Il gioiello che viaggia nel tempo e nello spazio è il simbolo di questo diritto.

Ancora una prova di abilità narrativa da parte di Sandro Capodiferro, un’ulteriore verifica della sua profonda conoscenza dell’universo femminile; un libro singolare che, sino dall’incipit, suscita turbamenti, ma sollecita anche alla riflessione, all’analisi e all’autoanalisi.

 

I.V.

 

 

 

 

Ida Verrei -  Recensione

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