Riprendo un articolo apparso sul magazine americano Smartmoney secondo il quale, nonostante l’incertezza che ha contraddistinto il 2011, alcuni dati di tendenza ci aiutano a ipotizzare possibili scenari per il 2012: “La maggior parte del mondo sarà cablata, mangerà più proteine, guiderà più auto, le aziende di portata globale avranno margini di crescita”.
Nonostante gli
stessi giornalisti americani esprimano un’indicazione di estrema cautela nel seguire queste idee – parole loro: “Fare previsioni azionarie è come fare le previsioni del tempo: nonostante grafici sofisticati, quel che accade dopo è spesso tirare a indovinare”- i professionisti del settore hanno indicato alcuni titoli che dovrebbero beneficiare di queste grandi tendenze e di altre altrettanto significative.Per chi ha frequentato o intenderà partecipare in futuro ai corsi di Roberto Pesce “INTELLIGENZA FINANZIARIA” – prossima edizione 17/18 febbraio a Reggio Emilia – o “INVESTIRE IN AZIONI E ETF (POSITION TRADING)” – prossima edizione sabato 24 marzo a Reggio Emilia – , i titoli e le idee presentate in questo e nei prossimi articoli possono sicuramente rappresentare alcuni interessanti spunti di partenza per esplorare idee di INVESTING o di POSITION e CORE TRADING, fatte naturalmente le opportune verifiche sui grafici dei titoli per definire il timing di entrata e considerata attentamente la propria asset allocation.
MERCATI EMERGENTI
Le prime idee nascono da un recente viaggio a Lagos in Nigeria di Mark Mobius, l’investitore veterano dei mercati emergenti e gestore del fondo da 2,3 miliardi dollari Templeton Developing Markets Trust, che si è trovato intrappolato in un ascensore del suo hotel (sicuramente non nei bassifondi della città) ben due volte in un giorno e ha notato come anche le più belle strutture in Nigeria abbiano frequenti interruzioni di energia elettrica. “C’è una incredibile crescente domanda di energia“, dice Mobius. E dato che gli standard di vita aumentano nei paesi in via di sviluppo e i loro consumatori ottengono accesso a tutto, dai frigoriferi ai telefoni cellulari alle automobili, chiederanno sempre più energia. Queste popolazioni in crescita e sempre più ricche vorranno anche mangiare di più e meglio. Da qui i primi spunti: le aziende in grado di soddisfare questi rialzi di consumi, dicono gli esperti, saranno pronte a beneficiarne.
1) POTASH CORPORATION (NYSE: POT)
Si prevede che la popolazione mondiale aumenterà del 44 % fino al 2100, il che significa altri 3 miliardi di bocche da sfamare. La matematica opera a favore di Potash Corporation di Saskatchewan, il produttore canadese di un componente fertilizzante che aiuta a incrementare i raccolti. PotashCorp è il maggiore fornitore mondiale di composti di potassio comunemente chiamati potassa. L’azienda gode di una forte posizione competitiva in questo settore concentrato: la potassa è prodotta in soli 12 paesi a livello globale e costruire una nuova miniera di potassa costa circa 4 miliardi di dollari. Nonostante il predominio della società, il titolo è scambiato a 10 volte le sue previsioni di utili per il 2012, ben sotto il PE medio di 34 degli ultimi 10 anni. Ben Landy, analista azionario di T. Rowe Price, dice che molti investitori dubitano che PotashCorp possa diventare più grande o più redditizia di quanto non lo sia già ma a lungo termine la tendenza del consumo di potassio è indiscutibilmente alta. Per prosperare, i mercati emergenti hanno bisogno di aumentare la produttività della loro terra; i terreni agricoli in alcune parti dei paesi in via di sviluppo producono solo la metà di quanto si produca negli Stati Uniti. Cina e India, i più grandi consumatori al mondo di fertilizzanti, rappresentano ognuna il 7 % delle entrate di PotashCorp – quota che gli analisti si aspettano cresca.
2) CHINA NATIONAL OFFSHORE CORPORATION (NYSE: CEO)
Negli ultimi anni, l’appetito vorace della Cina per le risorse – acciaio per costruire ponti, petrolio per rifornire auto – ha alimentato l’economia mondiale. Ora ci sono molte speculazioni sul fatto che la fame ha cominciato a svanire; tuttavia molti analisti dicono che è improbabile ledere le prospettive della
China National Offshore Oil Corporation, il più grande produttore cinese di petrolio greggio e gas naturale. Comunemente conosciuto come CNOOC è per la maggior parte di proprietà del governo cinese. Gode di un favorevole patto con le compagnie petrolifere straniere che esplorano al largo delle coste cinesi: CNOOC condivide gli utili quando esse trovano il petrolio ma non ha alcun rischio finanziario quando falliscono. Il suo più grande cliente è Sinopec, una delle maggiori compagnie di petrolio della Cina, che non può estrarre abbastanza petrolio da sola per soddisfare la domanda interna. E la struttura a basso costo CNOOC significa che genera un sacco di denaro (e profitto), anche quando i prezzi del petrolio sono depressi, dice Lewis Kaufman, direttore e azionista del fondo da 60 milioni dollari Thornburg Developing World. Standard & Poor stima che la Cina registrerà un aumento del 6 % nel consumo di petrolio greggio per il 2012, una quantità “comoda” per CNOOC, sostiene l’analista Ahmad Halim. La società dice che sta anche diversificando le sue linee di business attraverso lo sviluppo di progetti di gas naturale e suggestive occasioni di produzione in altri mercati emergenti. Il titolo è quotato solo nove volte gli utili attesi per il 2012, rendendolo un affare agli occhi di molti pro.ESPORTATORI EUROPEI
Gli investitori sono scossi dai cambiamenti che attraversano l’Europa. La crisi del debito sovrano ha scosso la loro fiducia, insieme con quote di imprese del continente. Ma molte aziende sono risultate migliori di quanto la paura suggerirebbe, in particolare quelle in Germania, la più forte economia della zona euro. L’euro debole ha dato una spinta a grandi esportatori Siemens e SAP, rendendo i prezzi dei loro prodotti ancora più attraenti nei mercati extraeuropei. E con dividendi pari rispettivamente al 3,7 e al 1,5 %, i loro azionisti incassano mentre aspettano che i prezzi migliorino, spiega David Marcus, direttore del fondo da 40 milioni di dollari Evermore Global Value.
3) SAP AG ADS (NYSE: SAP)
Quartier Generale SAP a Walldorf
Le imprese hanno fatto di più con meno negli ultimi anni, ma non hanno lesinato su un software che potrebbe aumentare la redditività. La spesa globale per il cosiddetto software per il business intelligente è stata di 10,5 miliardi dollari nel 2010, secondo la società di ricerca Gartner, ed è aumentata di circa l’11% nel 2011. Osservatori del settore sostengono che questo potrebbe presagire nulla di buono per SAP AG ADS (NYSE), uno dei maggiori fornitori di software al mondo.
La società tedesca domina il mercato dei prodotti che gestiscono poco affascinanti ma essenziali attività di back-office; nel mese di agosto, ha lanciato applicazioni di nuova intelligenza in grado di effettuare analisi complesse in pochi secondi, dice il co-CEO Bill McDermott. SAP ottiene la maggior parte delle sue entrate dall’Europa e le sue azioni hanno preso una legnata non appena la sventura del debito continentale si è protratta. Ma le vendite in tutte le sue aree geografiche hanno fatto segnare ancora una crescita a due cifre anno su anno nel trimestre più recente. Sarah Ketterer, CEO di Causeway Capital Management, ha approfittato di un calo nel prezzo delle azioni per rastrellare titoli lo scorso autunno: “la tenevamo sott’occhio da anni”, dice. Il P/E (rapporto tra prezzo corrente dell’azione e utile previsto) pari a 14 è ragionevole, date le sue forti finanze, dice Robert Taylor, direttore della ricerca internazionale presso Harris Associates, che gestisce 60 miliardi dollari ed è azionista di lunga data.
4) SIEMENS (NYSE: SI)
Il costruttore tedesco, fa di tutto: da apparecchiature di diagnostica medicale a turbine a gas e, grazie a questa diversificazione, le sue fortune sono meno dipendenti da alti e bassi rispetto al passato. Infatti, Siemens è una insolita entità aziendale, un gigante agile, afferma Ben Elias, analista di asset-management per Sterne Agee. Ed è “molto economica”, aggiunge, scambiando a 10 volte gli utili attesi (PE = 10).
Siemens opera in 190 paesi ed ottiene almeno un terzo dei propri ricavi al di fuori dell’Europa. Negli ultimi anni l’azienda ha lasciato perdere le attività meno redditizie e rafforzato quelle che rimangono. Quasi la metà dei 104 miliardi di dollari, fatturato di Siemens per il 2010, proviene dal suo settore industriale, che costruisce grandi progetti come sistemi di stabilimenti automatizzati e guadagna dall’ urbanizzazione in corso in Cina. Il suo settore sanitario, nel frattempo, sta traendo vantaggio dalla crescita della classe media nei paesi in via di sviluppo in relazione a prodotti come dispositivi per tomografie computerizzate. Il basso costo del lavoro in Cina e non solo, rappresenta una minaccia a lungo termine per Siemens, ma per ora, dice Elias, quelle concorrenti non possono sfidare la sua alta qualità di fabbricazione. Le crisi dei debiti nazionali hanno fatto scendere i prezzi dei titoli europei. Ma Siemens e SAP, entrambe tedesche, hanno la maggior parte delle loro vendite al di fuori del paese, dando loro maggior protezione.
(continua nel prossimo articolo)
Roberto Ivaldi