Idelfonso Nieri, Cento racconti popolari lucchesi (Un giovanastro)

Da Paolorossi

La domenica mattina lo trovavi a servir la messa, e stava li colle mani accoppiate e cogli occhi bassi come un Sanluigi; la sera a cantare il Vespro e a dar le torcie per la Benedizione; più tardi per l’osterie a bere e a far cagnara o nella stanza di dietro a giocare a zecchinetta o alla mora, e lì filze di moccoli. Faceva all’amore con una ragazza due o tre settimane, al più un mese, e poi che è che non è, addio, morina! te la piantava e ne aveva già un’altra o due per le mani. Diceva lui : « Ma uno che le faccia tutte come me non si può dare! » E in fatti, salvo di rubare e d’ammazzare, era il primo a tutto. E i chiodi come ci aveva gusto a piantarli, e che atto ci aveva! E non pigliava mica in prestito i quattrini quando si trovava alle strette; anche che avesse le tasche piene, se gli capitava il fagiano, e lui lo pelava. Lui diceva: « A’ mi’ debiti c’è sempre chi ci pensa: io ci penso fino alla sera; e chi l’ha da avere, ci pensa fino alla mattina! » E così campava da un anno all’altro matto e spensierato e diceva che faceva cosi, perché se moriva, la su’ morte doveva dispiacere alla gente; e ragionava cosi: — «Se muore un ricco, son tutti contenti: chi è povero, ci ha gusto perché dice: — Ci sei ‘rivo al lumicino eh ! ? Ti credevi di non averle a tirare le calze tu, perché avevi il borsotto allegro?! ma Chiarina ‘un guarda in bocca a nessuno ! — Chi deve eredare poi ci gode al doppio, perché alla fine può ficcar le granfiacce in que’ be’ sacchetti di quattrini. Se invece muore un povero pien di debiti, dispiace a tutti e tutti ne ragionano, e i creditori poi non se lo scordan più.»
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Una volta gli venne nell’ idea d’andare in America; non mica per tentar la fortuna anco lui, che! solamente per fare una girata, veder del mondo e uscire dalla vita solita di tutti i giorni ; ma gli mancava il Pisis, e per mettere insieme il viaggio ecco quello che stillò; me lo disse lui stesso colla su’ bocca: — « Ora, vedi, io mi son messo a fare il buon ragazzo, sto ammodo, e non faccio più l’ignorante, così mi’ padre mi piglia a voler bene; e quando vedo che è il momento, dico a mi’ padre che vorrei moglie. Lui che mi vede un figliolo di giudizio, ora che è quasi si può dir solo, mi dice di si certamente; allora io piglio moglie e la meno in casa. Mi’ padre mi darà di certo la guida, e i quattrini li maneggio io ; io comincio bel bello a far sacchetto, e quando saranno al punto, faccio una ripulita generale e scappo a San Paolo nel Brasile ».

Ma non fu a tempo, perché invece gli convenne andare a Sant’Anna nel Camposanto, e per colpa sua suissima e non di nessuno altro. L’anno dopo là verso gli ultimi di Carnevale si travestì e andò a fare il matto su da Màrlia e da S. Piero a Vico. Bevi di qua, trinca di là, vino, ponci, zozza, cognacchini, chiappò una scimmia che non s’agguantava ritto. Per far più presto a tornare prese per i mezzi, ma un po’ non sapeva gli stradelli, un po’ non ne poteva più dalla sbornia, nel saltare una fossa cascò; non gli riusci più rizzarsi e ci restò addormito. Intanto cominciò a nevicare. La mattina ci fu trovato che dormiva sempre ; la neve gli era strutta intorno intorno alla distanza d’un palmo. Era tutto una zuppa; fumava come un laveggio. Ci colse una marmocchiaia che non gli usci più da dosso; gli si ammalò il canterale e bisognò portar via le gambe. Una delle ultime parole che disse: « Perdonatemi, mi’ padre; se vi avevo dato retta a voi, a questo non ci ero! »

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