di Claudia Boddi
In altre occasioni su questo portale abbiamo avuto modo di evidenziare come l’identità sociale e l’identità personale siano aspetti fondanti della personalità di ogni individuo e come sia auspicabile che entrambi si integrino bene fra loro per funzionare positivamente e crearci meno problemi possibile.
In realtà, questi due binari che guidano la nostra identità, servono a definirla e quindi a definirci oltre che con noi stessi anche nei confronti del mondo esterno. Le nostre storie agiscono al di fuori di noi, distinguendo in primo luogo tra chi sa e chi non sa chi siamo. Sanno, coloro i quali sono in grado di procedere a un’identificazione personale della nostra biografia: chi cioè è in grado di riconoscerci. Viceversa non sanno coloro per i quali siamo estranei.
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Ciò, com’è ovvio, può avere importanza a prescindere da quanto una persona sia più o meno conosciuta. Quello che conta è quanto ognuno di noi risulti in grado di padroneggiare la propria identità sociale e personale, capacità che varia moltissimo a seconda di quali e quante informazioni siano note di lui presso gli altri. Ogni qualvolta un individuo entra a far parte di una comunità o di un’organizzazione si verifica un netto cambiamento delle conoscenze che lo riguardano, nella loro distribuzione e nel suo carattere e di qui un cambiamento nelle vicende del controllo dell’informazione. Per esempio, tutti gli ex malati di mente devono affrontare la realtà di aver fatto delle conoscenze durante il periodo del loro ricovero. Conoscenze che poi devono salutare per strada o nel corso di circostanze sociali, esponendosi così alle domande di terzi, come: “Chi era quello?”.
Parliamo di riconoscimento in merito all’atto percetttivo di situare una persona sia in nel quadro di una particolare identità e di una specifica identità sociale. Nella vita quotidiana, le figure preposte all’accertamento dell’identità altrui sono genericamente persone che svolgono per esempio la funzione di guardiani o portieri dei condomini. Anche a cassieri di banca sono tenuti a sviluppare questa capacità nei confronti dei loro clienti. Oppure, sembra che negli ambienti criminali esista un ruolo chiamato “l’uomo d’angolo”. Si tratta di qualcuno che fa da palo davanti all’ingresso di qualche locale illecito e, poiché conosce l’identità di quasi tutti i frequentatori, è in grado di dare l’allarme appena si avvicina un tipo sospetto.
Osservare le interazioni sociali comuni significa mettere a fuoco negli scambi sociali in quanto dinamiche costruite sistematicamente che, a vario titolo, animano i microcosmi che le ospitano.
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