Lunedì mattina. Piove. Piove come del
resto ha fatto in tutto questo mese di gennaio. Piove ancor più forte, nel
momento in cui dobbiamo uscire di casa, per iniziare questa benedetta giornata
e quando tenere in mano una ventiquattrore, una borsa, un bambino di 15 kg e un
ombrello, è un’impresa che solo mamme sole e in ritardo, riescono a fare.
Piove lungo la strada che mi porta in
ufficio, piove così forte che il parcheggio mal asfaltato, è un’unica
pozzanghera. Ci sguazzo dentro come posso consapevole che se la settimana è
iniziata male, di sicuro non finirà meglio.
Al lavoro c'è il nervosismo latente
del lunedì, il week end appena trascorso non ha giovato a nessuno, ci sono
musi, bronci e rispostacce. Stamattina girano anche a me e non risparmio nessuno.
Qui il clima non è buono già da un po', la crisi ha colpito tutti e di certo
non ha risparmiato noi, che a stento sopravviviamo e nel frattempo litighiamo.
Non è certo un atteggiamento costruttivo, ma è l'inevitabile necessità di
trovare un colpevole, al malcontento che gira da mesi. Le giornate che iniziano
così durano sempre di più.
Durante la pausa pranzo continua a
piovere, piove ancora più forte quando mi trovo a riprendere Cestino all'asilo,
con il parcheggio pieno, che mi costringe a fare un bel pezzo di strada a piedi
e con il telefono che squilla in continuazione, ma che è introvabile tra le
cianfrusaglie della borsa.
La sala principale dell'asilo ha una
vetrata che si affaccia sul piazzale, mi fermo sempre a sbirciare un po'. Amo
osservarlo di nascosto, ammirare quel pezzetto di vita che è solo sua e mi
appartiene unicamente attraverso i racconti sterili delle maestre. E' seduto
sul tavolino più basso, in mano un gioco di legno fatto di palline e formine, è
girato, non può vedermi e parlotta con il bambino che seduto a fianco. Poi
butta la testa indietro e scoppia in una risata, vorrei aver sentito per ridere
anch'io con loro. La pioggia ha rallentato, entro bagnata da capo a piedi e lui
già mi ha visto una corsa di slancio e un salto tra le braccia.
Saliamo in macchina, la strada verso casa è breve, lui parla, racconta e ride,
telefoniamo al papà e a quasi smesso di piovere.
Ho poco tempo per organizzare il resto della giornata, accendere la lavatrice,
riassestare la camera e raccogliere la biancheria.
“Mamma giochi con me?”…”Ora non posso,
la mamma ha fretta”….abbassa lo sguardo, ci è rimasto male e di sicuro il mio
tono di voce era irritato, si siede sulla sua seggiolina e inizia a
canticchiare…
"Hai gli occhi di padre e
.....malinconia...." ....
si ok, non tutti i termini sono pronunciati
correttamente ma a cantare è proprio lui...mi giro, lo guardo tra il perplesso
e l'allibito....
"aspetterò.....e il
cielo celeste....".....
si
ok, qualche volta l'avrà sentita alla radio, ma non pensavo, non credevo...e
poi sbattuta li, in questo lunedì pomeriggio grigio come il mio
umore e con le mie rispostacce...non so che pensare....
Mi avvicino, lo guardo, sorride e mi dice: "canta Laura".
Mi viene da piangere, mi
siedo vicino a lui, mimiamo un microfono ciascuno e cantiamo a squarciagola.
In sottofondo il rumore della lavatrice, la biancheria che troneggia ammucchiata
sul tavolo, il letto ancora disfatto e noi seduti sul pavimento del salotto che
cantiamo abbracciati...... fuori ha ripreso a piovere e qui dentro sta brillando
il sole.