fame.
Ogni giorno doveva andare a chiedere l’elemosina. Andava più volentieri dove c’era la povera gente perché quello che gli dava glielo dava con il cuore. Per questo il ricco notaio si offese è andò a protestare in convento dal frate priore. Quando frate Ignazio tornò al convento il priore gli ordinò di andare a chiedere l’elemosina anche dal notaio. La mattina seguente il notaio gli riempì le bisacce d’ogni bene. Ritornando al convento si accorse che dalle bisacce colavano gocce di sangue. Quando arrivò al convento, i frati, vedendo gocciolare il sangue, furono contenti, pensando che avrebbero mangiato, finalmente, un po’ di carne appena macellata. Guardarono ma la carne non c’era e le bisacce erano vuote! Quel sangue che usciva dalle bisacce vuote era l’elemosina del notaio perché non venuta dal suo lavoro ma dal sangue dei poveri che lui derubava. Non tornò più a chiedere l’elemosina dal notaio. (meditazione sulla libera mia sintesi della fiaba Fra Ignazio, Campidano, trascritta da Italo Calvino).
PANE DONATO
Questo pane
sapore particolare
mescola saliva
impasta labbra.
Candela rossa,
tenue fiamma,
con grande calore
brucia amarezze.
Illumina splendore
dei capelli rosso colore
e la rosina essiccata
fragrante profumo riemana.
Ricordo tavola imbandita
due gatte curiose adorna
la mano sulla mano calda
esalta nel giorno di festa.
Mette le ali un angelo
finalmente vola tremolando
come il verso lei pensiero
nella luce alito di bacio.
-Renzo Mazzetti-