di Francesca Spanò. Dovrebbe essere un giorno di digiuno e penitenza quello di Santa Lucia a Palermo, eppure da sempre il 13 dicembre è una data in calendario sinonimo di abbuffate pre-natalizie. A Palermo questa data infatti è rinomata anche per essere rinomata come “l’arancina day” (a Catania e Messina “l’arancino day”). Un momento in cui, a casa o al bar, si gustano le tipiche panelle preparate con la farina di ceci e la cuccìa, a base di grano bollito. Il confine tra devozione e tradizione, del resto, è un filo sottile che, di generazione in generazione, trasforma un sentimento religioso in abitudine. Eppure c’è ancora qualcosa di puro, nel capoluogo della Trinacria, nel sentimento che avvicina i suoi abitanti a santa Lucia e al divieto, non scritto ma rispettato, di non toccare pane e pasta. Questo perché, in suo onore, si dovrebbe assumere ciò che non contiene farinacei, per via di un mix di storia e leggenda che si perde davvero nella notte dei tempi. Oggi però quasi nessuno dei giovani dedica queste ore di dicembre alla penitenza, anche perché non è certo facile resistere alla tentazione di assaggiare delizie tipiche che fanno la gioia non solo degli ignari turisti di passaggio a Palermo. L’odore di fritto invade la città sin dall’alba, del resto pure a colazione non si può certo rinunciare ai piaceri del palato e tutti i sensi vengono interessati, a cominciare dalla vista, ovunque stimolata da alimenti simbolo della cucina palermitana. L’usanza di onorare Santa Lucia da Siracusa che, come è noto, è la protettrice degli occhi ed è molto venerata a Palermo, si dice abbia avuto origine in un periodo di grande carestia. Le preghiere dei cittadini, sarebbero state accolte dalla Santa la quale avrebbe fatto giungere a Palermo un bastimento pieno del tanto desiderato grano. Stupore e meraviglia, fecero subito spazio alla certezza che era avvenuto un piccolo grande miracolo. Venne però cucinato in modo particolare, una preparazione tramandata fino ai giorni nostri con le dovute differenze. Ai tempi venne bollito e condito con un filo di olio. Oggi la ricetta è stata rivisitata diventando la nota cuccìa, dolce con aggiunta di ricotta di pecora o crema di latte o, ancora più di frequente, di cioccolato e guarnito con zuccata e cannella. Durante la giornata, nel menù non mancano nemmeno le crocchè o crocchette di patate, il riso con gli sparaceddi, i ben noti broccoletti e il gâteau con prosciutto e mozzarella. La protagonista resta però l’arancina, con la sua forma circolare, il riso all’interno e l’impanatura finale prima della frittura. Moltissime le varianti possibili: c’è quella classica con pomodoro, piselli e mozzarella, quella al salmone, al prosciutto, al burro, alle verdure, al cioccolato e via continuando. Brutta giornata per chi vende il pane, visto che i panifici non aprono nemmeno ben conoscendo in anticipo l’esito delle vendite, o momento di pausa, a seconda dei punti di vista. L’evento richiama a Palermo moltissimi turisti, sia dalla Sicilia stessa che dalle altre regioni italiane. Chi si trova a Palermo in vacanza, insomma, non può che ignorare il minaccioso ago della bilancia pronto a salire e non solo oggi, chi è nato da queste parti, ritrova i sapori e le tradizioni di una terra dove storia, leggenda e cucina sono legate in modo indissolubile.
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