Così Urmila Chakraborty nel libro spiega chi sono i/le cantastorie del Bengala e cosa sono i loro “dipinti cantati” (patachitra): «Il termine patachitra deriva dall’unione dei vocaboli sanscriti patta, che significa letteralmente “tessuto”, e chitra, che significa “dipinto”, ambedue rintracciabili in testi risalenti a più di 2.500 anni fa. Indica una forma d’arte popolare in cui un rotolo di tela, di lunghezza variabile, viene appunto dipinto con illustrazioni a più riquadri, dall’andamento narrativo. L’impatto espressivo di questa forma di pittura è dato, oltre che dallo stile figurativo adottato, anche dall’estrema brillantezza dei colori delle immagini. Colori tradizionali che si potevano definire “ecologici”, in quanto ricavati da fonti naturali, quali piante, erbe, argilla ecc.; per esempio il colore giallo veniva estratto dalla curcuma, il nero dal carbone, il blu dai fiori di aparajita, il verde dall’albero di babal, e così via. Gli artisti che li dipingono sono popolarmente chiamati patua, ma sono anche conosciuti come chitrakar, dal significato letterale di “pittore”».
E’ un libro insolito e prezioso, Immagini Storie Parole. E’ un libro insolito perché nasce da un’attività didattica condotta presso l’Università di Milano Bicocca con gli studenti del corso di Pedagogia interculturale con l’obiettivo di far loro conoscere alcuni aspetti dell’arte indiana dei patachitra. Non è frequente che i lavori degli studenti universitari confluiscano in una pubblicazione. Ma è anche un libro prezioso perché si è assunto il compito (così le due autrici lo hanno pensato e realizzato) di creare piccoli ponti di conoscenza fra la cultura indiana (nello specifico: i manufatti delle donne Chitrakar del West Bengal) e quella di chi appartiene ad altre e diverse parti del mondo. Il libro contiene infatti (oltre agli elaborati degli studenti) diversi testi di studiosi, esperti, artisti. Troviamo pagine di diario, memoires, saggi pedagogici, perfino scritti poetici di autrici e autori italiani, africani, sudamericani. La lettura del libro è gradevolissima e lascia al lettore la consapevolezza e l’esperienza concreta che la cultura è fatta veramente d’intrecci. Come quando in campagna si percorre un sentiero e, da lontano si riesce a vedere tutta la traccia di esso, il libro rappresenta un percorso di attraversamento di esperienze diverse, tutte legate alla formazione e all’apprendimento.