Trapani – Un 2012 all'insegna delle lotte per il lavoro. È questo il primo commento che si può fare sul nuovo anno, iniziato da una manciata di giorni ma già caratterizzatosi – così come la fine del 2011 – per quello che sembra l'inizio di una nuova stagione di lotte operaie, tra una crisi economica che avanza, imprenditori che non riuscendo a pagare i propri debiti (o, in alcuni casi, i propri dipendenti) si suicidano, ed il “metodo-Marchionne” che si espande a macchia d'olio.
A fare la “voce grossa”, in Sicilia, oltre agli operai ci hanno pensato gli aderenti al Movimento dei forconi, che nei giorni scorsi hanno chiamato a raccolta tutte le categorie sociali, dai loro colleghi dell'agricoltura al mondo operaio passando per le università ed i disoccupati, chiamando tutti a raccolta per cinque giorni di sciopero ad oltranza a partire dal prossimo 16 gennaio. «Questa agitazione non è uno sciopero contro i siciliani ma è l'unico sistema per indurre la classe politica a mettere in atto strategie, scelte e provvedimenti che possono realmente giovare al mondo della produzione e del trasporto».
La lotta riparte...dalle navi. Ieri, 3 gennaio, erano 36. Sono i giorni trascorsi dall'occupazione della petroliera “Marettimo Mednav” da parte di 20 operai – che quella petroliera hanno concorso a costruirla – nel Cantiere Navale di Trapani, licenziati lo scorso 23 dicembre dopo un regime di cassa integrazione che durava da luglio. A raccontare la loro lotta – con diari quotidiani – è “L'Isola dei cassintegrati”. Come per le lavoratrici Omsa – ne parlavamo ieri[1] - anche i dipendenti della Cantieri Navali Trapani hanno subito la “politica-Marchionne”, diventata ormai esempio per molti. Le commesse, infatti, non sono mai mancate, eppure 58 lavoratori (o, meglio, 58 famiglie, che è un po' diverso) vedono sempre più vicino il licenziamento definitivo. Lottano per il loro lavoro ormai da tre mesi, con i sindacati che – come sempre più avviene in Italia – latitano. Da qui, da quel senso di abbandono, la decisione di occupare la petroliera. «Nel frattempo» - scrivono gli operai sul sito[2] - «uno spiraglio di luce si apre quando ci rendiamo conto che non siamo soli, che persone meravigliose hanno organizzato una festa di natale per i nostri bambini, con regali e panettone e tanti sorrisi. Persone qualunque che non hanno un parente o un amico tra di noi, ma che vogliono farci sentire meno soli».
L'autunno caldo della Fincantieri. È iniziato ormai da qualche settimana – il 23 dicembre le prime braccia incrociate – lo sciopero degli operai dei cantieri navali a Palermo per contestare il piano esuberi, con relativo ridimensionamento, proposto dall'azienda e che prevede la mobilità volontaria per 140 lavoratori in possesso dei requisiti per l'avvicinamento alla pensione (sui 505 operai palermitani, già 130 sono in cassa integrazione).
Questo, dicono però i sindacati, tradisce il piano originario sottoscritto dall'amministratore delegato e dalla Regione siciliana, nel quale erano invece stati previsti non solo l'impegno a nuovi investimenti ma anche – e soprattutto – il mantenimento dei livelli occupazionali. «Siamo abbandonati da tutti ma non ci fermeremo», dicono gli operai. «Vogliamo il lavoro altrimenti andremo avanti a oltranza», almeno finché non si arriverà ad un nuovo tavolo nazionale sulla cantieristica navale.
«Sembra sempre di più che questo governo prenda provvedimenti contro i lavoratori con estrema facilità, impiegando invece giorni e giorni per prendere una decisione in loro favore. Il silenzio che ha accolto la nostra protesta rafforza questa tesi» evidenzia Francesco Piastra della Fiom, che non è certo più tenero nemmeno con la specifica situazione palermitana: «Inutile dire che stiamo affrontando un'incoerenza istituzionale senza precedenti: la Regione nel giugno 2010 ha previsto di finanziare il cantiere, la Fincantieri ci dice che ci sono esuberi e si dovrà licenziare e il governo tace. Noi non cederemo e non escludiamo la possibilità di sacrifici con qualche periodo di cassa integrazione a patto che sia solo l'anticamera per u nuovo ritorno al cantiere, non per il licenziamento».
Palermo chiama, Genova risponde. Questa mattina, infatti, oltre un centinaio di operai Fincantieri hanno occupato l'aeroporto di Genova, spiegando il gesto attraverso uno striscione con cui chiedono certezze sul loro futuro, minacciando di continuare l'occupazione finché – come ai loro colleghi palermitani – non verrà comunicata la data dell'incontro con il governo.
Nessun disservizio, comunque, si registra per chi deve prendere l'aereo. «Per evitare tensioni» - spiega Paolo Sirigu, direttore generale dello scalo al quotidiano Repubblica - «in accordo con le forze dell'ordine e l'Enac abbianmo previsto dei percorsi alternativi per i passeggeri che devono effettuare il check-in». «Aspettiamo notizie entro venerdì. Se non arriveranno, decideremo il da farsi», è il commento di Giulio Troccoli delle Rsu-Fiom. Nel frattempo, presidi e blocchi del traffico continuano. Gli 800 operai in presidio agli stabilimenti – insieme agli altri 1500 dell'”indotto” e ad una delegazione degli operai del cantiere del Muggiano - stanno intanto bloccando la costruzione della nave Oceania.
Forte è comunque a Genova la solidarietà della popolazione, in particolare degli abitanti di Sestri – che ieri hanno fatto arrivare viveri agli operai – e dei tifosi rossoblu, che hanno mostrato la loro vicinanza con uno striscione comparso al centro sportivo di Pegli.SB
Note
[1] http://senorbabylon.blogspot.com/2012/01/licenziamenti-omsa-le-lavoratrici.html;
[2] Diario petroliera occupata: “Licenziati a Natale!”, L'isola dei cassintegrati, 25 dicembre 2011;