DON LINO CASSI, PRETE
Una generazione di fidentini si è ritrovata alla messa che don Lino Cassi ha celebrato nella cappella del seminario vescovile in occasione della ricorrenza del sessantesimo anno dalla sua consacrazione sacerdotale avvenuta appunto il 21 settembre del lontano 1952: erano i parrocchiani di San Michele, gli amici del Gruppo Condivisione e le persone a lui particolarmente legate. Nella cappella si è per un giorno riformato quel gruppo di ex universitari fidentini che alla fine degli anni cinquanta e negli anni sessanta hanno dato vita all’esperienza della FUCI a Fidenza. La FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiana) fu per tutti noi un momento straordinario e don Lino ne fu l’anima.
Così si spiega il ritorno a Fidenza per questa occasione di “fidentini del sasso” ma trapiantati altrove. La loro fidentinità è rimasta nel cognome: Salvini, Serventi, Rastelli, Vannucci, Bisagni e ancora Rastelli. A concelebrare è arrivato, a voluta sorpresa, don Felice Castellani che poi avrà parole, poche ma intense, per don Lino suo maestro in tutti i significati che questa parola può avere. Niente quindi di formale in questa messa, nessuna presenza per dovere di presenza o per significare autorità alcuna. Tra le numerose riflessioni che don Lino ha sottoposto alla nostra attenzione ne vogliamo ricordare qualcuna. Don Lino parte da Gesù che scruta l’animo dell’uomo: “Gesù sembra passeggiare: invece il suo occhio guarda nel profondo e indica, non come un destino, ma come una proposta di vita”. “Si incontrano -Matteo e Gesù- quasi per caso. D’altra parte Gesù non spiega la sua chiamata né Matteo lo pretende: lui accetta, obbedisce. C’è il sì di Gesù che precede e genera il sì di Matteo. Questo vale per tutti noi. Non è un sì facile ma vero. Se Dio ti chiama è perché riserva un dono: un sì è difficile, ma una volta detto rivela il mondo nella sua verità profonda.” Si sofferma poi don Lino sui cambiamenti in questi sessant’anni: “Sono tanti” ma rimane che per comprenderli anche oggi e forse proprio oggi “occorre molto ascolto in famiglia, personalmente, nella società e nella Chiesa”. Prosegue: “Vi dirò quella che è stata per me la mia esperienza di prete. Per me è stato di grande sostegno il sì di Dio. A parte il sì di Dio è stato importante il rapporto con tutti voi, con le persone conosciute. Ho imparato molto dalle persone, specialmente dalle persone sinceramente in ricerca, ma che mi hanno aiutato a vivere la fede nella sua complessità e nella sua essenzialità. Il secondo aiuto che ho ricevuto è stata la parola di Dio. Da sempre è al primo posto, luce e lampada ai miei passi. Lampada che mi aiuta a cogliere la realtà.” Poi ancora aggiunge: “Qualunque sia la vostra situazione, abbiate fiducia sempre; perché Dio, quando si fa aspettare, è per darci un dono più grande”. “Vivo la malattia come evento di grazia e di benedizione: in realtà è una scuola di vita, difficile indubbiamente, ma anche attraverso le prove il Signore conduce i nostri passi”. La messa si è conclusa ed i segni di affetto che nascondevano commozioni profonde ora trovano libero spazio: le foto, le parole, i saluti, gli auguri. Ma solo nei vuoti corridoi del seminario qualcosa di diverso ha preso tutti, singolarmente: qualcosa di inesprimibile Ambrogio Ponzi
Don Lino Cassi 1952
PROFILO BIOGRAFICO Don Lino è sacerdote da sessant’anni e nemmeno la malattia che ormai da tanto tempo lo assilla è riuscita a smorzarne l’impegno al fianco del prossimo. Quella di monsignor Lino Cassi è una storia di fede e di cultura. Nato a Parma nel settembre del 1929, a quindici anni fu privato del padre, morto durante il bombardamento su Fidenza del 13 maggio 1944. Allora era un allievo del seminario di Fidenza, che nel periodo bellico era stato trasferito a Campolasso, nelle prime colline verso Tabiano. Ha poi vissuto sempre con la madre Celesta nella piccola casa in via dei Mille. Dopo gli studi, il 21 settembre 1952 è stato ordinato sacerdote da monsignor Evasio Colli. Dottore in filosofia, licenziato in teologia negli anni Sessanta, non ancora parroco è stato promotore della sezione fidentina della FUCI (la Federazione degli universitari cattolici), uno spazio di confronto in cui sono cresciuti giovani poi impegnati in molti campi, spesso lontano da Fidenza. In quegli anni, sempre insieme alla mamma ha abitato in via Mentana, ai margini dello storico quartiere Oriola. Nel 1969 è stato nominato parroco di San Michele, dove è rimasto per trent’anni. In comunità ha concretizzato la sua lezione spirituale dando vita a varie iniziative che ancora oggi arricchiscono la città: l’Avo, per il volontariato in ospedale, il gruppo Condivisione e la Cooperativa Arcobaleno per i disabili. Tra le opere parrocchiali importante è stato il rinnovamento della chiesa di San Lazzaro, diventata il centro del quartiere, e la valorizzazione della chiesa della Gran Madre di Dio. Ma centrale nel suo impegno è stato l’annuncio della Parola sia nelle omelie domenicali che nella promozione di momenti specifici di preghiera e meditazione, dedicati ai singoli o alle famiglie. Le sue giornate di “esercizi spirituali” hanno costituito per molti anni il riferimento per tante persone provenienti anche da altre parrocchie. Nel 1999, già toccato dal morbo di Parkinson, ha lasciato la parrocchia e si è trasferito nel seminario vescovile dove oggi vive. Malgrado la malattia non ha smesso di incontrare persone, di “comunicare” il suo messaggio e di celebrare la messa nella cappella del seminario. (A.P.)