Il backstage di Silvio a Deauville. “Mr. Obama mi bombardi i tribunali, please”

Creato il 27 maggio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
L’ultimo film che ha visto è stato Pretty Woman. Da quel momento si è talmente immedesimato nella parte dello spietato finanziere Edward Lewis (Richard Gere), da caricarsi sulle spalle la missione di salvare le prostitute dalla strada. Come? Pagandole. Probabilmente questa è la ragione per la quale, scambiando Ruby per Vivien Ward (Julia Roberts), la vita della minorenne marocchina ha preso un’altra piega. Ma da Pretty Woman in avanti, a Silvio è venuta la voglia matta di copiare Garry Marshall e si è messo pure lui a girare un film dietro l’altro. Al contrario del regista abruzzese-americano (in realtà si chiama Masciarelli), che non appare mai nei suoi film neppure con una iconcina, Silvio ama esserne anche il protagonista, e infatti li gira preferibilmente nel salotto di casa, senza partner sul set, dopo aver curato le luci, gli obiettivi di ripresa, fatto la prova audio e il bilanciamento del bianco. Raramente gli capita di girare in esterni per cui, quando gli si presenta l’occasione, ne approfitta dando prova di una perizia registica degna del miglior Kubrick. Come a Deauville che, da ieri, non sarà famosa nel mondo del cinema solo per la scena della camera a spalla di “Un uomo, una donna”, ma anche per “Bombardami ancora Sam”, destinato a diventare un cult. Silvio si trova al G8, un set ideale per avere un cast di prim’ordine gratis. Ci sono praticamente tutti i potenti del mondo i quali, ignari di essere immortalati nelle riprese del regista Berlusconi, si apprestano ad apparire (peraltro senza aver firmato la necessaria liberatoria) nel primo kolossal post-neo-realista italiano. Silvio è in piedi e scruta il set, calcola gli spazi, ad occhio sceglie il luogo del dialogo-guida e lo va a suggerire al fotografo pronto a scattare le foto di scena. Alle macchine da presa, come nella migliore tradizione documentarista, ha già dato il “motore-azione” per cui basta solo entrare in scena. Punta il più potente di tutti, Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti d’America. Sembra uno spinone italiano, quello con il muso appallato e le orecchie cadenti, in attesa di trasformarsi in un field spaniel prima della “cerca”. Scatta, passando dietro le spalle di Sarkozy e della Merkel, che si guardano stupefatti, e raggiunge in batter d’occhio Obama diligentemente seduto al suo posto. Tutto è pronto per iniziare il vertice ma Silvio ha qualcosa da dire al bell’abbronzato. “Come va?”, chiede Silvio. “Ok”, risponde Obama. Quello non è solo uno scambio di convenevoli, ma un vero e proprio incontro bilaterale fuori programma, tanto che Sarkò inizia ad innervosirsi. Per paura di combinare un disastro internazionale utilizzando il suo scarso e pessimo inglese, Silvio chiama l’interprete perché Obama non deve perdersi neppure una parola della denuncia che sta per fargli. “Caro Barack”, esordisce Silvio. “Mr. President, please”, precisa Obama. “Vabbè, caro Barack mr. president – continua Silvio – in Italia c’è una nuova maggioranza, un nuovo governo di uomini forti e onesti, dal passato cristallino e incorruttibili. Con questi uomini darò vita alla più grande riforma della giustizia mai vista al mondo perché devi sapere, caro Barackuccio...” “Mr. President, please”, lo corregge Obama. “Ok, Barackuccio mr. president, devi sapere che in Italia c’è la dittatura”. Non percependo nessun cambiamento sulla faccia del presidente degli USA, men che meno l’inarcamento di un sopracciglio, Silvio chiede all’interprete se ha tradotto fedelmente, avuta una risposta positiva, continua nella recita del copione: “La dittatura dei giudici di sinistra”, dice con enfasi terminando la scena. A quel punto si aspetta che Obama reagisca, dica qualcosa, invii una cartolina, un segnale di fumo, faccia una telefonata ai Navy Seals, metta in preallarme le truppe da sbarco, ma non accade nulla di tutto questo. “Barackuccio” lo guarda esterrefatto, gli rivolge un sorriso di circostanza e si rimette a sedere come se nulla fosse accaduto. Silvio torna al suo posto non senza aver notato, con la coda dell’occhio, Sarkozy sbattere violentemente la cartella con i dossier sul tavolo della riunione. Il G8 avrebbe poi discusso dei paesi in crisi economica e, soprattutto, dell’idea di un nuovo “Piano Marshall” per quelli nordafricani, decidendo di contribuire seriamente allo sviluppo della democrazia nell’area del Maghreb. La richiesta di Silvio di bombardare con missili intelligenti le procure di Palermo e di Milano non ha avuto seguito anche perché, come gli ha fatto notare al termine del vertice un Sarkozy incazzato come una iena, la proposta non era stata inserita all’ordine del giorno. Sconsolato, Silvio ne ha preso atto ma, a Paolino Bonaiuti, nella suite, adagiato sul lettino per un massaggio thailandese ristoratore, sembra abbia detto: “Hai visto che spottone per la Moratti a Milano e Lettieri a Napoli? E poi dicono che non penso a loro”. Bonaiuti è svenuto. Bondi è ancora alla ricerca di un farmacista francese che capisca che non vuole lassativi ma solo sali per rinvenire.

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