di Franz Krauspenhaar
Sono andato a raccogliermi in un guscio
di noce, mancavan la vela e il mare della vasca
da bagno; tondo come una mela ho sentito
il freddo dell’acqua e lo sporco del sapone
usato. Così ho capito subito che la vita
è questa cerimonia del bimbo, d’ogni sabato.
Una volta, due volte, tre, è finita in un albero
d’estate, giocando con le nuvole strazianti,
tutti i pomeriggi. Crescere era necessità.
La rabbia si fece spazio come tra due terzini,
andò verso la segnatura. Una cucitura nera
sul vestito da sposa della ragazza dei sogni,
significa brutti doni di mani che la spogliano,
di nemici che approfittano, i proci nelle nozze.
Non ho mai superato la rabbia del mio crescere.
E’ come se il corpo si smuovesse di ossa e fibre
in veloci minuti; e il corpo è una barca, che ora
scricchiola, nella vasca diventata minuta.
Tra poco i tuoi piedi ne usciranno, ne cadrai
fuori, pompato dall’acqua sporca. Sarai solo
la volta dopo, in una lunga doccia di silenzio.
[Nella foto: un'inquadratura da "I quattrocento colpi" di François Truffaut.]