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Era proprio così, più o meno. A partire da un giorno preciso in cui nessuno di quelli che la incrociarono pensò che potesse essere importante annotare da qualche parte la data, l'ora, il minuto a partire dal quale, durante quel luttuoso periodo seguito alla morte del marito, da un momento all'altro, la signora Kontiki non s'era più fatta vedere da nessuno. Nessuno che noi conosciamo, perlomeno, c'ha mai detto d'averla vista in giro più di recente. E' da sottolineare, tra l'altro, che nessuno dei più giovani fra i condomini la potrebbe mai riconoscere. La sua clausura era ormai così ermetica che si era giunti ad alcuni assurdi: quando, ad esempio, era necessario contattarla per l'amministrazione condominiale, per qualche spesa, per una qualsiasi, stupida richiesta, sarebbe stato tutto tempo perduto quello passato a bussare, suonare il campanello, grattare alla porta o gridarci attraverso, lei non apriva a nessuno. Quella, Maledizione!non rispondeva mai, benché tutti sapessero benissimo che stava là dentro, e non si dava neppure la pena di attutire i propri passi per far almeno credere che, per miracolo, s'era forse decisa ad uscire, né concedeva d'inviare una parola, almeno, aldilà della porta, un segnale qualsiasi. Allora le si infilava un biglietto sotto allo zerbino, ed il giorno dopo, immancabilmente, lei faceva ritrovare una delle sue vecchie buste ingiallite contenente dei soldi, o la risposta ad una richiesta, se lo considerava opportuno o pertinente. Certamente, durante il corso di quella notte, se qualcuno si fosse appostato sul pianerottolo, insonne, forse avrebbe potuto carpire l'immagine di quella signora, o perlomeno di un suo braccio, di una sua mano, nell'atto di ritirare quel messaggio e di infilare là sotto la propria risposta. Ma non credo che nessuno abbia mai ritenuto tutto ciò un'attività per cui valesse la pena di perder del tempo. Il biglietto, naturalmente, non glielo si poteva far passare sotto alla porta, perché qui, a Juron, c'è una legge che protegge la proprietà privata in ogni modo, quasi eccessivamente, ci permetteremmo di dire, cosicché, ad esempio, persino infilare un biglietto sotto ad una porta rappresenta la violazione di uno spazio privato. Se, per dirne una, vi si fermasse di fianco un'autovettura ed il guidatore vi chiedesse di offrirgli una sigaretta, state bene attenti quando gliela porgete a non infilare neppure un'unghia all'interno dell'ideale spazio di quella macchina, perché potreste ritrovarvi addirittura denunciati. Per questo veniva lasciata la comunicazione sotto allo zerbino, non era un'esca per fare uscire la signora, semplicemente non c'era alternativa.
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