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Ci sono ancora nuovi modi e nuove storie per raccontare l'immane tragedia che è stata l'Olocausto? Fortunatamente per persone come il regista Mark Herman la risposta è: "certo che sì". Perché fortunatamente? Perché a prescindere dal valore di una pellicola o di un libro l'affermazione, che suona ormai quasi retorica, che alcune tragedie non vadano mai dimenticate è ancora sacrosanta. Tanto più mano a mano che il tempo passa e i fatti sono sempre un poco più sepolti nel passato. Allora ben vengano, sempre, film come Schindler's list, Il pianista, La vita è bella, Il falsario e anche questo Il bambino con il pigiama a righe.
Bruno (Asa Butterfield) vive a Berlino ai tempi della seconda guerra mondiale. Il ragazzino di otto anni cresce in una bella casa insieme alla sua famiglia: la sorella Gretel (Amber Beattie), la madre Elsa (Vera Farmiga) e il padre Ralf (David Thewils) ufficiale in carriera nell'esercito nazista. Proprio al padre verrà affidato il compito di comandare le operazioni di uno dei campi di sterminio tedeschi, la qual cosa costringerà la famiglia a lasciare Berlino e a stabilirsi in una casa nei pressi del campo stesso.
Per Bruno questo significa lasciare gli amici per iniziare una vita piena di noia. Un giorno però, dalla finestra di camera sua, Bruno scorge in lontananza una strana fattoria dove un bambino gioca all'aperto, sempre vestito con il suo pigiama a righe. Desideroso di nuovi incontri con ragazzini della sua età, Bruno raggiungerà la strana fattoria e stringerà amicizia con Shmuel (Jack Scanlon), il piccolo ebreo dal pigiama a righe.
Il film di Mark Herman, regista di cui non ricordavo assolutamente nulla e invece scopro essere lo stesso di Grazie, signora Tatcher!, aggiunge un altro tassello alla cinematografia dedicata all'Olocausto così difficile da giudicare senza farsi coinvolgere emotivamente. L'orrore e lo sdegno provocato dai crimini perpetrati in quel tempo oscuro da parte dei nazisti rendono forse il giudizio meno obiettivo, cinonostante non mi è difficile affermare di avere apprezzato il punto di vista ad altezza bambino offerto dalla pellicola.
Pur non aggiungendo nulla di nuovo sull'argomento (e come potrebbe?), la storia toccante di questa neonata e impossibile amicizia lascia il segno, così come centrano il bersaglio diverse scene e alcune interpretazioni, penso oltre a quelle dei due bambini a quella di Vera Farmiga, madre inconsapevole degli orrori dei quali il marito si rende partecipe e che avalla senza riserve.
Un film rivolto chiaramente al grande pubblico, dove la violenza è lasciata a una certa distanza dallo spettatore, che gioca tutto sui sentimenti puri e ingenui dei bambini in contrapposizione alla spietatezza ottusa degli adulti. Una piccola storia che si scontra con l'enormità della Storia riuscendo, come spesso accade con questo tipo di film, a stringere lo stomaco degli spettatori e a farci chiedere per l'ennesima volta come tutto questo sia stato possibile.
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