Inizia con questo primo intervento l’angolo del blog dedicato al cinema. Siccome siamo nella settimana della memoria, il film che propongo è ”Il Bambino con il Pigiama a Righe“, Mark Herman, 2008.
È la storia di un’amicizia tra due bambini di otto anni, Bruno, figlio della borghesia militare tedesca e Shmuel, un piccolo ebreo numerato. L’incontro fra i due avviene in seguito al trasferimento di Bruno e della sua famiglia lontano da Berlino – prossima al bombardamento – in un paese di campagna, nei pressi di un campo di concentramento nel quale si trova Shmuel. L’isolamento e la noia spingono Bruno – solito alle letture di romanzi d’avventura – all’esplorazione e alla scoperta di quella che lui crede una fattoria di contadini, un po’ strani per via del “pigiama” che indossano.
Presto scoprirà che non tutto è come appare: nascerà piano piano in lui quel sentimento contrastante e diviso fra l’amicizia reale e sincera di due bimbi e l’educazione all’odio e all’antisemitismo assorbita dalla sua famiglia.
Non si tratta di una pellicola storica sul periodo del nazismo, di fatto i riferimenti storici sono molto limitati. Il film ha gli occhi di Bruno, della sua visione del mondo e dei sentimenti che in lui nascono dall’esperienza diretta e dalla razionalità, opposte all’indottrinamento e all’irrazionalità del padre, ufficiale nazista, e del precettore, che insegna a lui e alla sorella “la storia”, quella attuale, quella che si sta scrivendo.
Nulla potranno né il ravvedimento della madre sull’operato del marito nazista, né il potere assoluto nel campo di sterminio di quest’ultimo; come in una mitica narrazione ellenica, la “punizione pedagogica” degli dèi si abbatte su di loro, a livellare il significato della vita umana nel silenzio chiassoso di una porta chiusa.