Il banco a due piazze: il libro e il computer

Creato il 28 novembre 2012 da Lundici @lundici_it

ESCE IL LIBRO ENTRA INTERNET? NON CI STO. - Il Ministero dell’istruzione ha predisposto una Direttiva che annuncia la chiusura delle biblioteche scolastiche. Contestualmente, il Ministro dell’istruzione assicura risorse a go-go per spalmare computer in ogni anfratto delle scuole.

No Ministro Profumo, così non va. La sua è un’opzione culturalmente  gerarchica e discriminatoria perché la lettura e la digitazione vanno tenute in/cordata per permettere ai bambini e ai giovani di scalare la montagna titolare di una cultura colta e diffusa. Noi siamo per un banco a-due-piazze: dove se precipita il libro, rovina nel burrone anche il computer.

Anzitutto, perché libro? Risposta. Ci troviamo a fare/scuola in una stagione storica egemonizzata dal Mediatico. Il codice scritto (e la lettura, in particolare) per la sua forza interpretativa, immaginativa ed emotiva  ha il compito non di oscurare il video, ma di evitare che i suoi messaggi (monopolizzati da padroni-del-vapore) si tramutino in/consenso. In una marea nera che inghiotte i linguaggi e le idee “divergenti” delle giovani generazioni.

Poi, perché il computer? Risposta. La scuola non può rischiare l’analfabetismo informatico. Pena, la relegazione a vagone lento dell’odierno convoglio sociale la cui locomotiva tecnologico-scientifica va in jet, in astronave. Di più. L’informatica riduce i tempi dell’alfabetizzazione primaria: vale a dire, dei saperi di base e degli automatismi cognitivi. Assicurando più tempo all’alfabetizzazione secondaria:  vale a dire, alla costruzione delle forme-del-pensiero di lunga durata che danno le ali all’imparare a imparare.

SONO MEDIATORI INELUDIBILI – Un ulteriore punto di domanda. Sulle rotaie della scuola del belpaese stanno transitando, dandosi la mano, i “trenini” del libro e del computer? Non ci sembra. Nel suo monitor sta scomparendo il libro (il convoglio – targato biblioteca scolastica – pieno di saperi critici e inattuali) per lasciare il trono al digitale. Usato peraltro a scartamento ridotto, come scatola vuota: macchina da scrivere, veicolo di scambio in tempo reale di pillole informative.

A partire da questa inaccettabile gerarchizzazione, aggiungiamo un paio di replay sui due convogli dotati di copiose cifre di produttività e di creatività culturale.

(a) A voce alta, tifiamo libro.  Da un lato, perché nella società del terzo Millennio occorre padroneggiare una “pluralità” di codici: gestuali, orali, manipolativi, iconici, scritti ed elettronici. Dall’altro lato, perché stiamo educando in una stagione storica governata dagli alfabeti mediatici. Per la sua forza comunicativa, cognitiva e trasfigurativa, il codice/scritto (e la lettura, in particolare) ha il compito non di oscurare i monitor, ma di evitare che i loro messaggi si tramutino in alfabeti di manipolazione e di indottrinamento.

Sul “quando” iniziare a leggere e a scrivere va chiamato sul banco degli imputati il nostro mai domo farisaismo  adultistico.

Anzitutto, va censurata la ricorrente ideologia dei genitori e degli insegnanti che dipinge come via infernale la precoce iniziazione dei figli-scolari al codice/scritto: devastatore, a loro parere, dei paradisi creativi e fantastici delle prime stagioni della vita. A partire da questo preconcetto, l’adulto-manicheo sostiene che la lettura e la scrittura vanno procrastinate il più tardi possibile. Non prima dell’ormai senile e risibile sesto/anno della bambina e del bambino.

Poi, va censurata la stessa ideologia perbenista dei genitori e degli insegnanti che piange lacrime coccodrillesche sull’odierna “tomba” della lettura, sul progressivo tramonto-del-libro sotto l’incalzare dei linguaggi mediatici e digitali.

(b) A voce alta, tifiamo computer. Si è detto. La scuola dell’obbligo e del postobbligo non può rischiare l’analfabetismo informatico.

A partire dai nuovi scenari planetari della conoscenza, al computer va riconosciuto che non è semplicemente un alfabeto-di-comunicazione, ma anche un dispositivo logico-formale  di apprendimento. Questi, i suoi pregi psicopedagogici.

(1) Valorizza i linguaggi e i processi cognitivi che vanno dal bisogno di concretezza visiva, di globalità della rappresentazione e di intensa sollecitazione percettiva: fino alla motivazione per l’elaborazione logica;
(2) favorisce la pratica del laboratorio, il cui compito è di ridimensionare la persistente egemonia della classe quale unico luogo di capitalizzazione dei saperi (forzatamente di tipo trasmissivo-ripetitivo);
(3) disegna una nuova prossemica, un modo alternativo di usare gli spazi di un’aula/classe tradizionalmente ingessata nella lezione frontale;
(4) riduce i tempi dell’alfabetizzazione primaria: l’informatica fa risparmiare tempo all’alfabetizzazione-di-base (alle condotte e agli automatismi alfabetici) assicurando maggiore respiro cognitivo all’imparare-da-soli;
(5) contribuisce a un’effettiva integrazione dell’allievo in difficoltà nell’ apprendimento: nel senso che può dare le ruote all’“individualizzazione” dell’insegnamento e dell’apprendimento. Permettendo agli scolari che soffrono di ritardi cognitivi di fruire di tracciati alfabetici siglati da gradualità-sistematicità-cumulatività.


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