A volte anche la domanda espressa nella forma più semplice può dare luogo ad impreviste ambiguità che portano a fronteggiare dilemmi morali di ardua soluzione.
Ecco come un brillante studente potrebbe mettere in crisi l’esaminatore che incautamente proponga un quesito senza troppi vincoli, e che ben si presta all’interpretazione dell’alternativa, nemica del conformismo e vanto di chi sa pensare fuori dagli schemi.
Durante una sessione di un esame di fisica, un docente era fermamente intenzionato a rimandare un ragazzo per la risposta data a una domanda, una risposta del tutto impertinente…
Lo studente sosteneva invece di meritare il massimo dei voti, se il sistema non fosse stato truccato per mettere in condizione di svantaggio gli esaminandi. Lo studente e l’insegnante quindi si misero d’accordo per accettare insindacabilmente il giudizio di un terzo “arbitro” imparziale che valutasse la sua risposta alla domanda, “come è possibile misurare l’altezza di un edificio utilizzando un barometro?”
Questa fu la risposta dello studente:
Portare il barometro in cima all’edificio, attaccarlo ad una lunga corda, calarlo fin sulla strada e poi tirarlo su, misurando la lunghezza della corda. La lunghezza della corda equivale all’altezza dell’edificio.
Chiaramente il sistema di misura proposto non era errato, e lo studente aveva effettivamente le sue buone ragioni, considerando che aveva fornito una risposta corretta e completa. D”altra parte, concedergli il massimo dei voti significava attestare eccellenti competenze di fisica, cosa che non sembrava essere stata dimostrata con una tale semplicistica risposta.
Si rendeva quindi necessario un approfondimento, e lo studente si vide concedere altri sei minuti per rispondere nuovamente alla domanda, a condizione che la risposta avrebbe dovuto dare prova delle sue conoscenze di elementi di fisica.
Barometro "a mulo"
Lo studente, rimase in meditazione per cinque lunghissimi minuti, e quando gli fu chiesto se volesse ritirarsi, rispose di no. Egli aveva un sacco di risposte al problema, era solo indeciso su quale fosse la migliore.
Nel minuto successivo, egli scrisse affannosamente la sua risposta favorita, che spiazzò nuovamente il professore e il secondo valutatore chiamato in causa.
La risposta prevedeva ancora di salire in cima all’edificio con il barometro, lasciarlo cadere dal bordo e cronometrarne la caduta, come descritto nella galileiana teoria sulla caduta dei gravi.
Il tempo di caduta è legato allo spazio tramite il valore di accelerazione di gravità, pertanto con buona approssimazione si può calcolare moltiplicando 9,81 m/s² per il quadrato del tempo espresso in secondi e dividendo il tutto per due, come esplicitato dalla formula seguente:
derivata dall’equazione oraria che descrive la caduta dei gravi in un sistema di riferimento che ha verso positivo allontanandosi dal suolo (da cui il segno negativo).
Ma questo sistema risente di un errore che necessita di dati aggiuntivi, aggiunge lo studente, poiché comporta la conoscenza della differenza di altitudine e latitudine rispetto al valore convenzionale di g, assunto in coincidenza del livello del mare e a una latitudine di 45,5°. Inoltre, si stima che l’errore umano dovuto alla velocità di reazione nella partenza e nell’arresto del cronometro, si attesti intorno ai due decimi di secondo, che nel caso di edifici non troppo alti si tradurrebbe in un errore di calcolo di decine di centimetri.
A questo punto, gli attoniti esaminatori, visibilmente incuriositi, gli chiesero quali fossero gli altri metodi a cui stava meditando prima di fornire questa soluzione, nella speranza che ci fosse quella da loro inizialmente prevista.
“Beh”, rispose lui, “ci sono molti sistemi per scoprire l’altezza di un edificio usando un barometro. Per esempio si può portare fuori il barometro in una giornata soleggiata, misurare l’altezza del barometro e la lunghezza della sua ombra, quindi la lunghezza dell’ombra dell’edificio. Pertanto, usando una semplice proporzione, si può determinare l’altezza dell’edificio. Certo bisognerebbe scegliere un momento della giornata in cui le ombre siano sufficientemente lunghe, e per contenere l’errore, bisogna misurare le ombre contemporaneamente, cosa non facile per una sola persona”.
“Oppure, ecco un altro sistema molto semplice:”, continuò, “si prende il barometro e si salgono le scale segnando con un tratto orizzontale la lunghezza del barometro sulle pareti fin dal piano terra. Al culmine si sommano le tacche che forniranno l’altezza in unità ‘barometriche’. Un metodo molto diretto, che tuttavia risente della somma dei singoli errori di attribuzione delle tacche, raggiungendo una notevole incertezza alla fine dei conti.”
“Un metodo più sofisticato potrebbe essere invece quello di legare il barometro ad una corda e farlo dondolare come un pendolo. In questo modo è possibile determinare il valore di g al livello della strada e in cima all’edificio. Dalla differenza tra i due valori, almeno in linea di principio, è possibile ricavarne l’altezza, anche se la determinazione del periodo andrebbe sottoposta ad una serie di misurazioni condotte seguendo le regole della statistica, per una stima corretta dell’errore, costruendo eventualmente una gaussiana per valutare l’entità dell’intervallo di confidenza.
Lo stesso si può dire se misuriamo il periodo di precessione di un pendolo costruito appendendo il barometro ad una corda e calato dal tetto fin quasi al livello della strada, isolando l da questa formula. Anche in questo caso tuttavia, vi sono alcune complicazioni nelle pratiche metrologiche di misurazione.
Fra gli altri metodi che si potrebbero descrivere, forse quello più efficace potrebbe consistere nel recarsi dal portiere dell’edificio chiedendogli di rivelargli l’altezza esatta dello stabile, in cambio di un bellissimo barometro da appendere in salotto.”
Oramai i professori non avevano più dubbi sul fatto che lo studente conoscesse davvero la risposta che richiedevano, cioè quella di misurare la differenza di pressione atmosferica al suolo e sul tetto, ricavando così l’altezza, sapendo che 1 mm di mercurio corrisponde ad un dislivello di circa 10,5 metri, e anche se non erano del tutto soddisfatti dalle risposte, decisamente poco ortodosse, non gli rimaneva altro da fare che promuoverlo a pieni voti.
L’ovvia morale è che la didattica non deve limitarsi alla saturazione sconsiderata delle menti degli studenti con grandi quantità di informazioni sommarie e sterili formule, da mandare a memoria e rigurgitare a richiesta, bensì bisogna insegnare ai ragazzi come pensare e risolvere i problemi, sfruttando qualsiasi mezzo a disposizione, e se necessario, rompere gli schemi per raggiungere l’obiettivo.
Bisogna sempre tenere presente che il mondo reale è completamente diverso da quello scolastico, e non sempre le regole classiche sono applicabili nella vita di tutti i giorni, rischiando impreviste e irrisolvibili difficoltà di tipo pratico.
Questo aneddoto è diventato una vera e propria leggenda urbana, secondo qualcuno è stato attribuito nientemeno che a Niels Bohr (nella parte dello studente), ma non vi è alcuna evidenza di ciò. Altri la riconducono ad una leggenda delle aule del MIT, ma la sua popolarità odierna è dovuta al professor Alexander Calandra che la presentò come un’esperienza personale durante la crisi dello Sputnik, pubblicato per la prima volta nel 1959 su Pride, una rivista dell’American College Public Relations Association, ripubblicata successivamente in numerose altre occasioni.
Fonte: Wikipedia – Barometer question