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Il bastonatore

Creato il 02 ottobre 2010 da Renzomazzetti
BICEFALO - Vuoto o con il cervello? E... il cuore?

BICEFALO - Vuoto o con il cervello? E... il cuore?

Qualche sera dopo, passando per il corridoio che separava il suo ufficio dalla scala principale, quella volta era quasi l’ultimo a uscire, solo alle spedizioni nel piccolo campo di luce di una lampada elettrica lavoravano ancora due commessi, K. udì dei gemiti provenienti da dietro una porta, oltre la quale aveva sempre pensato che ci fosse un ripostiglio, senza però averlo mai visto. Si fermò stupito e si pose ancora in ascolto per accertarsi di non essersi sbagliato. Ci fu un attimo di quiete, poi di nuovo i gemiti. In un primo momento pensò di chiamare un commesso, forse sarebbe stato utile un testimone, ma poi lo colse una curiosità così indomabile che praticamente spalancò la porta. Era, come aveva giustamente supposto, un ripostiglio. Dietro la soglia giacevano vecchi stampati inutilizzabili, flaconi di inchiostro in coccio vuoti e rovesciati. Nello spazio angusto del ripostiglio c’erano però anche tre uomini accovacciati. Faceva loro luce una candela, fissata a uno scaffale. Che cosa ci fate qui?, si affrettò a chiedere K., con tono concitato, ma non ad alta voce. Uno degli uomini, evidentemente il capo che per primo richiamò l’attenzione su di sé, era inguainato in una specie di abito di pelle scura che lasciava scoperti il collo fino al petto e interamente le braccia. Questi non rispose. Ma gli altri due esclamarono: Signore! Dobbiamo essere bastonati perché tu ti sei lamentato di noi con il giudice istruttore. E soltanto adesso K. Riconobbe che erano proprio le guardie Franz e Willem e che il terzo teneva in mano uno scudiscio per picchiarli. Be’, disse K. Fissandoli, io non mi sono lamentato, ho solo detto quello che è avvenuto nella mia abitazione. E di sicuro non vi siete comportati in modo ineccepibile. Signore, disse Willem mentre Franz cercava dietro di lui di proteggersi dal terzo, se lei sapesse quanto male siamo pagati ci giudicherebbe meglio. Io ho una famiglia da sfamare e Franz vorrebbe sposarsi, si cerca di far quattrini come si può, col solo lavoro non si riesce, nonostante ogni sforzo. La vostra fine biancheria mi ha attirato, naturalmente è proibito alle guardie agire in questo modo, era illegale, ma la tradizione è che la biancheria spetti alle guardie, è sempre stato così, credetemi; ed è anche comprensibile perché cosa vuole che contino ancora simili cose per chi ha la disgrazia di essere arrestato? Ma se poi se ne parla in giro, la punizione è inevitabile. Quello che lei mi dice non lo sapevo e nemmeno ho preteso in alcun modo la vostra punizione, per me era una questione di principio. Franz, Willem si voltò verso l’altra guardia, non ti avevo detto che il signore non aveva preteso la nostra punizione? Lo hai sentito anche tu, non ha mai saputo niente del fatto che dobbiamo esseri puniti. Non lasciarti incantare da simili discorsi, disse il terzo a K., la condanna è tanto giusta quanto inevitabile. Non lo ascoltare, disse Willem e si interruppe solo per portarsi velocemente la mano alla bocca, sulla quale aveva ricevuto un colpo di scudiscio, veniamo condannati solo perché tu ci hai denunciati. Altrimenti non ci sarebbe accaduto niente, neppure se si fosse venuto a sapere cosa abbiamo fatto. Si può dire giustizia questa? Noi due, ma soprattutto io, per molto tempo avevamo dato buona prova come guardie, tu adesso devi ammettere che, dal punto di vista dell’autorità, abbiamo vigilato bene, avevamo buone prospettive di andare avanti e certamente saremmo diventati presto anche noi bastonatori come lui, che ha avuto appunto la fortuna di non essere stato mai accusato da nessuno, perché denunce del genere capitano solo molto raramente. E ora, signore, tutto è perduto, la nostra carriera finita, dovremo fare ancora molti lavori di grado inferiore a quelli che spettano alle guardie e per di più ora subiamo queste bastonate così dolorose. Fa tanto male?, chiese K. ed esaminò lo scudiscio che il bastonatore gli agitava davanti. Dovremo spogliarci tutti nudi, disse Willem. Capisco, disse K. Osservando accuratamente il bastonatore: era abbronzato come un marinaio e aveva un volto fiero, fresco. Non c’è modo di evitare a questi due le bastonate?, gli chiese. No, disse il bastonatore scrollando la testa e sorridendo. Spogliatevi!, gridò alle guardie. E a K. Disse: Non devi credere a loro in tutto, sono già diventati mezzi deficienti per paura della bastonate. Ciò che questo qui, e indicò Willem, ha raccontato sulla sua possibile carriera è proprio ridicolo.

IL BASTONATORE
Guarda quant’è grasso, i primi colpi di scudiscio si perderanno completamente nel grasso. Sai perché è diventato tanto grasso? Ha l’abitudine di finire la colazione di tutti gli arrestati. Non ha mangiato anche la tua colazione? Bene, lo dicevo io. Ma un uomo con una pancia simile non potrà mai e poi mai diventare un bastonatore, è del tutto escluso. Ci sono anche bastonatori così, affermò Willem, che si stava giusto togliendo la cintura dei pantaloni. No, disse il bastonatore e gli strofinò lo scudiscio sul collo facendolo rabbrividire, non devi stare a sentire, ma spogliarti. Ti ricompenserei bene se li lasciassi andare, disse K. e, senza continuare a guardare il bastonatore, simili faccende vengono sbrigate meglio con gli occhi bassi da entrambe le parti, tirò fuori il suo portafogli. Allora tu vuoi proprio denunciare anche me, disse il bastonatore, e procurare anche a me le bastonate. No, no! Ma sii ragionevole, disse K., se avessi voluto che questi due venissero puniti, adesso non cercherei di riscattarli. Potrei semplicemente chiudere questa porta, senza stare a vedere e sentire nient’altro e andarmene a casa. Invece non lo faccio, anzi m’importa sul serio di liberarli; se avessi previsto per loro una punizione o anche solo la possibilità di una punizione, non avrei mai fatto il loro nome. Infatti non li ritengo colpevoli veramente, colpevole è l’organizzazione, colpevoli sono gli alti funzionari. E’ così, esclamarono le guardie che subito ricevettero un colpo sulla schiena già denudata. Se sotto il tuo scudiscio ci fosse un giudice di alto rango, disse K. abbassando, mentre parlava, lo scudiscio che già si stava levando di nuovo, certamente non ti impedirei di picchiare, al contrario ti darei altro denaro come incoraggiamento per la buona causa. Ho che dici sembra plausibile, disse il bastonatore, ma io non mi lascio corrompere. Ho l’incarico di bastonare, dunque bastono. La guardia Franz, che forse nella speranza di un buon esito dell’intervento di K. era stato fino a quel momento piuttosto guardingo, vestito solo con il pantaloni, si lanciò verso la porta, si aggrappò al braccio di K stando in ginocchio e bisbigliò: Se non puoi ottenere indulgenza per tutti e due, allora cerca almeno di liberare me. Willem è più vecchio di me, sotto tutti i punti di vista è meno sensibile, poi ha già ricevuto una volta, un paio d’anni fa, una lieve bastonatura, mentre io non sono ancora infamato e dopo tutto sono stato indotto ad agire in quel modo da Willem, che è mio maestro nel bene e nel male. Giù, davanti alla banca mi aspetta la mia povera fidanzata e mi vergogno terribilmente. Si asciugò con la giacca di K. il viso tutto cosparso di lacrime. Io non aspetto più, disse il bastonatore, poi afferrò lo scudiscio con entrambe le mani e colpì Franz, mentre Willem si rannicchiò in un angolo guardando furtivamente senza osare di voltare la testa. In quel momento si alzò il grido che Franz cacciò, pieno e continuo, che non sembrava provenire da un uomo, ma da uno strumento tormentato; tutto il corridoio ne risuonò, tutto l’edificio dovette sentirlo. Non gridare, esclamò K. non riuscendo a trattenersi, e, guardando preoccupato nella direzione da cui dovevano venire i commessi, spinse Franz, non forte, ma abbastanza da farlo cadere per terra trmortito: convulsamente rovistava il pavimento con le mani; ma non sfuggì ai colpi, lo scudiscio lo trovò anche per terra; mentre lui si dimenava, la sua punta si alzava e si abbassava regolarmente. Ed ecco apparire in lontananza un commesso, e un secondo un paio di passi dietro di lui. K. chiuse velocemente la porta, raggiunse una finestra del cortile e l’aprì. Le grida erano completamente cessate. Per non lasciare avvicinare i commessi, gridò: Sono io! Buona sera signor procuratore!, esclamarono di rimando. E’ successo qualcosa? No, no, rispose K. E’ solo un cane che grida nel cortile. Tuttavia poiché i commessi non si muovevano, aggiunse: Possono continuare il loro lavoro. Per non dover imbarcarsi in una conversazione con i commessi si affacciò alla finestra. Quando dopo un po’ tornò a guardare nel corridoio, erano già andati via. Ma K. rimase alla finestra, non osava tornare nel ripostiglio e neanche voleva andare a casa. Guardava in un piccolo cortile quadrato, tutt’intorno erano collocati degli uffici, tutte le finestre erano già buie, solo quelle più alte raccoglievano un riflesso della luna. K. cercò, sforzandosi, di penetrare con lo sguardo nell’oscurità di un angolo del cortile in cui alcuni carretti a mano erano infilati uno dietro l’altro. Il pensiero di non essere riuscito ad evitare la bastonatura lo affliggeva, ma non era sua la colpa se non gli era riuscito; se Franz non avesse gridato, certo doveva aver sentito molto, ma nei momenti decisivi ci si deve dominare, se non avesse gridato, K. molto probabilmente avrebbe pur trovato un mezzo per persuadere il bastonatore.

IL BASTONATORE
 Se tutti i funzionari di basso rango erano delle canaglie, perché proprio il bastonatore, che aveva il compito più disumano, avrebbe dovuto far accezione? K. aveva visto benissimo come gli erano brillati gli occhi alla vista delle banconote, evidentemente aveva fatto sul serio con lo scudiscio solo per alzare un altro po’ il prezzo. E K. non avrebbe lesinato, gli stava veramente a cuore liberare le guardie; poiché ormai aveva cominciato a combattere la corruzione di quel tribunale, era naturale che lo attaccasse anche da quella parte. Ma nel momento in cui Franz aveva cominciato a gridare, naturalmente tutto era finito. K. non poteva lasciare che i commessi e anche chi sa quanta altra gente, venissero e lo sorprendessero in trattativa con quella compagnia nel ripostiglio. Nessuno veramente poteva pretendere da K. questo sacrificio. Se avesse avuto l’intenzione di farlo, sarebbe stato quasi più semplice, se anche K. si fosse spogliato e si fosse offerto al bastonatore al posto delle guardie. D’altra parte il bastonatore non avrebbe certo accettato questo scambio perché in tal modo, senza ottenere un tornaconto, avrebbe anche mancato gravemente al suo dovere, e probabilmente avrebbe doppiamente mancato perché K., finché era sotto procedimento, doveva essere certo intoccabile per tutti i funzionari del tribunale. Sicuramente anche in questo caso potevano valere disposizioni particolari. Comunque K. non aveva potuto altro che sbattere la porta, per quanto, neppure così, ogni pericolo fosse stato scongiurato. Che in ultimo avesse dato uno spintone a Franz era deplorevole e scusabile solo con la sua agitazione. In lontananza si udirono i passi dei commessi; per non essere notato, chiuse la finestra e andò in direzione della scala principale. Avvicinatosi alla porta del ripostiglio si fermò un attimo e si mise in ascolto. Tutto era tranquillo. L’uomo non poteva aver bastonato a morte le guardie, dopo tutto erano completamente alla sua mercé. K. aveva già teso la mano verso la maniglia, ma subito la ritrasse. Non poteva più aiutare nessuno e i commessi stavano per arrivare; si ripromise tuttavia di ritornare sulla cosa e di punire debitamente i veri colpevoli per quanto era nelle sue forze: quegli alti funzionari nessuno dei quali aveva ancora osato presentarsi. Scendendo la gradinata davanti alla banca, osservò attentamente tutti i passanti, ma nei dintorni e in lontananza non si vedeva nessuna ragazza che stesse aspettando qualcuno. L’affermazione di Franz che la sua fidanzata l’aspettava si rivelò una bugia, certamente perdonabile, che aveva solo lo scopo di risvegliare maggiore compassione. Per tutto il giorno seguente le guardie non gli uscirono di mente; era distratto sul lavoro e per portarlo a compimento dovette rimanere in ufficio un po’ più a lungo del giorno prima. Quando, uscendo, passò di nuovo davanti al ripostiglio, lo aprì come per abitudine. Ciò che gli si presentò, invece del buio, gli parve incomprensibile. Tutto era immutato, era come l’aveva trovato la sera prima aprendo la porta. Gli stampati e i flaconi di colore proprio dietro la soglia, il bastonatore con lo scudiscio, la candela sullo scaffale; le guardie che cominciarono a gemere e gridarono: Signore! Subito K. sbatté la porta e vi si scagliò contro con i pugni come se così potesse essere chiusa meglio. Quasi piangendo corse dai commessi che lavoravano tranquillamente alla copiatrice e che stupiti interruppero il loro lavoro. Mettete in ordine quel ripostiglio, gridò, siamo sommersi dalla sporcizia! I commessi si dissero pronti a farlo il giorno seguente. K. fece cenno con la testa, era già sera tardi e non poteva più obbligarli a quel lavoro come pure avrebbe voluto. Sedette un po’ per tenere d’occhio per qualche attimo i commessi, mise sottosopra alcune copie per dare così l’impressione di esaminarle, quindi, visto che i commessi non avrebbero osato uscire insieme a lui, si avviò stanco e privo di idee verso casa. -Franz Kafka- il processo-

IL BASTONATORE

TEATRO DI SIDONE

Figlio d’un ragguardevole cittadino, fo vita

di teatro. Bel giovine variamente piacevole,

mi diletto a comporre talora, in lingua greca,

versi assai temerari. Li faccio circolare

alla macchia, s’intende. Gran Dio! Che non li vedano

quelli che in vesti nere cianciano di dovere.

Versi della squisita sensualità, che piega

verso gli amori sterili che la gente rinnega.

-Costantino Kavafis-

 


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