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Il bavaglione di Renzi

Creato il 31 agosto 2015 da Albertocapece

bavaglio001_boh_vediamoAnna Lombroso per il Simplicissimus

Giorni decisivi per la sorte della legge bavaglio e per la cittadinanza politica di chi osa parlare di questione morale ….. due temi   strettamente intrecciati, rendendo ancor più evidente che il fine della legge è quello di creare il silenzio intorno alla corruzione e che l’occasione politica sembra propizia per imporre il silenzio agli oppositori  del governo….   

Non è un caso che proprio in questi giorni l’insistenza e la fretta intorno alla vicenda della legge bavaglio diventino rivelatrici. Forse all’inizio qualcuno aveva sottovalutato quella legge dicendo che tutto sommato era uno strumento che il presidente del Consiglio adoperava con la logica tradizionale delle leggi ad personam per evitare che intercettazioni sgradite potessero essere conosciute all’esterno. Questa lettura tutto sommato riduttiva è stata smentita, e mi pare che poi fosse evidente che l’obiettivo andava al di là della tradizionale legge ad personam. L’accelerazione sulle intercettazioni va di pari passo con la scoperta progressiva della corruzione diffusa… 

Divenuta sempre più intricata e scottante, la questione delle intercettazioni non può essere affrontata a colpi d’accetta. Servono distinzioni e analisi accurate, soprattutto per evitare che la denuncia degli abusi si trasformi in pretesto per liberarsi di ogni forma di controllo su comportamenti sicuramente illeciti, per occultare la gravità delle situazioni che vengono rivelate…..   

Vi sarete illusi che si tratti di editoriali cotti e offerti in tempo reale alla notizia che il governo per bocca del Ministro Orlando ha annunciato: “Confido che entro settembre il testo sulle intercettazioni verrà approvato nel suo complesso alla Camera. Subito dopo avvieremo un confronto con la stampa”. Invece sono gli incipit di articoli di giornale rispettivamente del 2010, del 2008 e del 2006, che confermano che ciò che non riuscì a fare Berlusconi, fece il Renzi.  Che compirà l’opera censoria fino all’estremo limite, fino a quell’emendamento Pagano, oscuro parlamentare del Nuovo Centrodestra che passerà alla storia non solo per le affinità rivendicate con il Sap, il sindacato del caso Aldrovandi, ma per essere promotore appunto di una norma che, prevedendo  “la reclusione da 6 mesi a 4 anni” per “chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate”, sortirà l’effetto di chiudere definitivamente l’era delle inchieste televisive già largamente soggette a censura e ad autocensura.

È chiaro che al Guardasigilli che consulterà “dopo la delega” gli operatori dell’informazione, come al governo tutto, la stampa non mette certo paura, sottomessa com’è a editori impuri, potentati, ceto padronale e politico. Ma è meglio non rischiare, per troppi anni le intercettazioni hanno fatto cassetta con le cronache pruriginose dalle lenzuola, con i vizi privati di uomini pubblici e retroscena piccanti o maliziosi di accordi e alleanze. E da un po’ le vendite ormai in discesa della carta stampata sarebbero state aiutate dalla pubblicazione di vergognose conversazioni tra politici e malavitosi, tra imprenditori e mafiosi e tra tutti questi attori insieme.

Così l’attacco alla pubblicazione facile e a fini commerciali delle intercettazioni, spesso orchestrata dietro le quinte da fazioni in conflitto, assume il carattere di avvertimento trasversale diretto alla magistratura, anche se per ora non si fa menzione di toghe rosse,  e a quelli, che non oso chiamare società civile, che continuano a considerare centrale la questione morale, che guardano alla trasparenza e l’onestà,  non come a optional cui si deve rinunciare in favore di una crescita accelerata e disinvolta, ma come a condizione necessaria sia pure non sufficiente dell’esercizio della politica e del governo della cosa pubblica.

Si meglio arginare quel torrente di frasi, dialoghi, quel profluvio di allusioni o di dichiarazioni perentorie come proclami, conditi di turpiloquio, aforismi, battute da caserma e insinuazioni da bar Sport, di minacce e lusinghe, non impedendolo alla fonte, ma vietandone la diffusione, meglio non dare la tachipirina contro la febbre dell’avidità, ma riporre il termometro nella sua custodia. In modo da non far sapere del Mose, della Tav, dell’Expo, di Mafia Capitale e nemmeno di Mafia-Quirinale, meglio non far conoscere la geografia delle nuove terre dei fuochi, come quella dell’alessandrino dove  almeno 6 aziende tra cave, discariche e gestione di rifiuti ha compromesso un territorio benedetto per la produzione di uve pregiate e frutta. Meglio non rivelare la  società “del vuoto”  nella  quale si muove una classe politica senza idee né ideali e nemmeno ideologia se non quella del profitto, dello sfruttamento, dell’ambizione personale, che si parla con il linguaggio dei teppisti, degli esattori del racket, mettendo a parte di segreti di Stato un pokerista, lanciando messaggi obliqui e intimidatori a antichi protettori disarmati, a padrini oscurati, mandando poi a difendere la cricca  in Parlamento una ministra che  si presta per mission istituzionale  alle operazioni di discolpa più miserabili, liquidando ogni intercettazione come penalmente irrilevante, poiché è da molto che leggi, regole e questioni di opportunità sono state piegate alla volontà e all’interesse di pochi, di un’èlite alla rovescia, che ormai rappresenta il peggio di noi normali cittadini.

È l’era della sfrontatezza, ormai non hanno nemmeno più bisogno di disinvolte giurisprudenze, di richiami alla privacy, che tanto vale solo per loro mentre noi siamo perennemente controllati, ripresi, monitorati, ormai non discettano nemmeno più di “prerogative”, di illecite intrusioni, di violazioni. Che tanto presto non avremo la facoltà di votarli, ma solo la prerogativa di approvare i loro elenchi prestampati. Che tanto non importa più loro il consenso degli elettori, ma l’approvazione di padroni interni e esteri, che, tanto per non sbagliare, li intercettano e si intercettano allegramente tra loro perché in un mondo di lupi la fiducia è solo un autoritario sistema di governo.


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