GIULIO CASALE NON SI FERMA" title="IL "BEAT" DI GIULIO CASALE NON SI FERMA" />
Foto di Loris T.Zambelli - Photomovie
Il teatro chiede di tornare ad avere la dignità dei Classici, grida il bisogno di essere il luogo della “festa”, cioè del tempo “altro” da quello della quotidianità. Un tempo in cui la società civile (l’antica polis dei Greci) si riunisce in assemblea per riflettere sul presente. Il teatro chiede di essere spettacolo, ma non intrattenimento; di essere un mezzo per scuotere le coscienze.Qualche anno fa c’era Giorgio Gaber: il suo teatro-canzone è, ancora oggi, un defibrillatore per i nostri cervelli. Oggi Giulio Casale si impadronisce della scena e con The beat goes on continua ad alimentare la voglia di cambiare le cose, a farci scoprire che dentro di noi c’è il bisogno di «essere», e non solamente di «fare», la rivoluzione. Attraverso le parole dei «cani randagi del Beat» (come Casale stesso li definisce), attraverso le poesie di Kerouac, Ginsberg, Whitman, attraverso le parole dei nostri cantautori (da De André a Tenco) e dei grandi del rock (da Bob Dylan ai Beatles), Giulio Casale raccoglie e interpreta l’invito che Lawrence Ferlinghetti rivolse ai poeti nel suo Manifesto populista: scendere tra la gente, sporcarsi le mani con la realtà e aprire «le menti e gli occhi». Su un palcoscenico che diventa agorà Casale riempie lo spazio e cattura l’attenzione con il suo carisma, con l’esperienza da “animale di palcoscenico” maturata come leader del gruppo musicale degli Estra, con la padronanza della gestualità di chi non si limita a cantare ma dà una prova d’interprete di grande comunicatività. La maturità scenica dell’artista si nota nella finezza della suggestione delle luci, nel dialogo perfettamente amalgamato con il musicista che lo accompagna (il perfetto Matteo Curallo), nell’efficace equilibrio tra reading e musica, nella modulazione dei toni che arriva fino al lirismo dell’ultima parte dedicata a chi non è riuscito a sopportare il peso della vita (da Hemingway a Tenco). Un'ottima intuizione anche far introdurre lo spettacolo da Dave Muldoon, che trasforma il Filodrammatici in un locale dall'atmosfera rarefatta.In sala c’era spiritualmente anche lei, Nanda Pivano: vera musa ispiratrice che «è ancora qui e con la vita continua a giocare». A lei Casale aveva dedicato il precedente spettacolo, La canzone di Nanda: un affresco dell’America degli anni Cinquanta raccontato attraverso i diari e le canzoni della Pivano. In The beat goes on torniamo ancora a quel fatidico momento storico, quando «nascono i giovani massificati; Nanda dice che ne nascono altri, e sono beat». Questo beat è il battito del cuore di ciascuno, è il simbolo del proprio personale percorso nella vita, è la forza di opporsi al pensiero indotto dal potere, alle costrizioni, alle imposizioni. Diventa un canto di speranza perché arrivi presto il giorno in cui «gente non farà più rima con niente». Forse oggi viviamo davvero un momento storico di vuoto: di valori, di speranza, di libertà. Possiamo, però, avere ancora uno sguardo di fiducia nel futuro: forse il nostro è un «vuoto che possiamo riempire», perché se siamo ancora vivi scopriremo nuove ragioni della nostra esistenza e di questa società. Se nella sera del derby calcistico duecento persone hanno preferito stare in un teatro ad allenare la coscienza forse possiamo avere speranza. Il teatro, oltre a ogni limite di genere, si propaga come un’epidemia: vale la pena lasciarsi contagiare da Giulio Casale.visto il 2.IV.2011 al Teatro FilodrammaticiLo spettacolo continua:Teatro Filodrammaticivia Filodrammatici, 1 - Milanofino a sabato 9 aprileTHE BEAT GOES ONdi e con Giulio Casalemusiche eseguite dal vivo da Matteo Curallofonica Maurizio Cottoneluci Giammatteo Di Carlouna produzione Paolo Guerra per Agidi