Da popolo a popolo, da epoca ad epoca, le idee di bene e di male si sono cambiate in tal misura da essere arrivate spesso addirittura a contraddirsi. Ma, qualcuno obietterà, pure il bene non è male ed il male non è bene; se male e bene vengono confusi insieme, cessa ogni moralità e ciascuno può fare e non fare ciò che vuole. Ma, tuttavia, la cosa non si sbriga così facilmente. Se la cosa fosse così semplice non ci sarebbe davvero nessuna disputa sul bene e sul male, ciascuno saprebbe che cosa è il bene e che cosa è il male. Ma come stanno oggi le cose? Quale morale ci si predica oggi? C’è anzitutto la morale cristiano-feudale, tramandata dai tempi passati dalla fede, che, a sua volta, si divide in cattolica e protestante, e non ci mancano ancora altre suddivisioni, dalla gesuitica cattolica e dalla ortodossa protestante sino a una duttile morale illuminata. Accanto ci figura la morale borghese moderna e a sua volta, accanto a questa, la morale proletaria dell’avvenire, cosicchè passato, presente e futuro, solo nei paesi più progrediti dell’Europa, offrono tre grandi gruppi di teorie morali che vivono contemporaneamente e l’una accanto all’altra. Ora, quale è la vera? Nel senso che abbia assoluta validità, nessuna singolarmente presa; ma certo sarà in possesso del maggior numero di elementi che promettono di essere duraturi,quella morale che, nel presente, rappresenta il rovesciamento del presente, e quindi la morale proletaria. Ma ora, se noi vediamo che le tre classi della società moderna, l’aristocrazia feudale, la borghesia e il proletariato hanno ciascuno la propria morale particolare, possiamo trarne la conclusione che gli uomini, consapevolmente o inconsapevolmente, in ultima analisi traggono le loro concezioni morali dai rapporti pratici sui quali è fondata la loro condizione di classe. Ma nelle tre teorie morali sovracitate c’è pure qualche cosa di comune a tutte e tre: non sarebbe questo almeno un elemento di quella morale fissata una volta e per sempre? Quelle teorie morali rappresentano tre diversi gradi dello stesso sviluppo storico, hanno quindi uno sfondo storico comune e, già per questo necessariamente, hanno molto in comune. Ma c’è di più: dati dei gradi di sviluppo economico eguali o approssimativamente eguali, le loro teorie morali necessariamente debbono più o meno concordare tra loro. A partire dal momento in cui si sviluppò la proprietà privata di beni mobili, a tutte le società in cui vigeva questa proprietà dovette essere comune il comandamento morale: non rubare. Questo comandamento diventa perciò una legge morale eterna? Niente affatto. In una società in cui i motivi per rubare sono eliminati, in cui a lungo andare soltanto i pazzi potrebbero rubare, quanto si riderebbe del predicatore morale che proclamasse solennemente: non rubare! Per conseguenza noi respingiamo ogni pretesa di imporci una qualsiasi dogmatica morale come legge etica eterna, definitiva, immutabile nell’avvenire, col pretesto che anche il mondo morale abbia i suoi principi permanenti. Affermiamo per contro, che ogni teoria morale sinora esistita è in ultima analisi il risultato della condizione economica della società di quel tempo. E come la società si è mossa sinora sul piano degli antagonismi di classe, così la morale è stata sempre una morale di classe: o ha giustificato il dominio e gli interessi della classe dominante, o, diventata la classe oppressa sufficientemente forte, ha rappresentato la rivolta contro questo dominio e gli interessi futuri degli oppressi. Che così all’ingrosso si sia avuto un progresso tanto per la morale quanto per tutti gli altri rami della conoscenza umana, è cosa su cui non è possibile alcun dubbio. Ma non abbiamo ancora superata la morale di classe. Una morale che superi gli antagonismi delle classi e le loro sopravvivenze nel pensiero, una morale veramente umana è possibile solo a un livello sociale in cui gli antagonismi delle classi non solo siano superati, ma siano anche dimenticati per la prassi della vita.
INDOVINA L’ INDOVINELLO:
CHI HA SCRITTO QUESTE
FILOSOFICHE RIFLESSIONI?
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TERRA RINATA
I giorni di morte
sono scomparsi sul fondo del fiume
l’acqua impetuosa li ha sepolti
perché non rimanga nemmeno una traccia.
E sulla riva
già viene la primavera
con semplice veste di fiori e di erba
e nelle macchie gli uccelli cantan la loro canzone
son loro il calendario sincero della natura.
E il contadino
va di mattina sul campo
e per il suo onesto lavoro
la terra di Cina
gli dà generosa la semente d’oro.
E ora
tu, poeta della tristezza
devi gettare il dolore dei giorni passati
la speranza rinasca
nel tuo cuore tormentato da ferite infinite.
No
la terra della patria non è morta
sotto il cielo chiaro è rinata
nel suo seno
fermenta e ribolle
il sangue dei figli caduti per la libertà.
-Ai Zin-