Ogni euro speso da un datore di lavoro per la sicurezza e la salute dei lavoratori si moltiplica traducendosi, per una azienda, in un beneficio economico di ben tredici euro. La spesa per il benessere dei propri dipendenti è per un imprenditore l'investimento migliore e più produttivo perché un clima migliore in azienda è sinonimo di una maggiore produttività, meno assenze per malattia e meno incidenti sul lavoro. Eppure spesso nelle aziende questo aspetto viene sottovalutato ed esiste un enorme patrimonio di personale sottoutilizzato che non riesce a dimostrare il suo valore.
Sintomaticamente l'incontro dal titolo "Il bel lavoro in azienda: obiettivi e ricadute. Incontro tra imprenditori e psicologi del lavoro" - moderato dalla presidente dell'Ordine degli Psicologi della Sardegna Angela Quaquero - si è tenuto nella sede cagliaritana della Confindustria Sardegna Meridionale. A testimonianza della necessità impellente per le imprese isolane di farsi carico del problema del disagio dei lavoratori e contribuire ad un mondo del lavoro migliore.
Cosa siano il "bel lavoro" e il benessere psicologico all'interno di una azienda lo ha spiegato in maniera efficace Giorgio Sangiorgi, docente universitario in Psicologia del lavoro delle Organizzazioni, che ha raccontato come il dialogo tra gli psicologi e le aziende sia cominciato già dagli anni Sessanta, quando l'organizzazione aziendale ha iniziato ad essere concepita anche in senso soggettivo ed hanno iniziato a farsi strada concetti fondamentali come motivazione dei dipendenti, fiducia, senso di appartenenza e identità. Anche se il dialogo si è inevitabilmente raffreddato negli Settanta con il conflitto sociale e gli scontri in fabbrica, nel tempo è maturata una consapevolezza comune: il benessere dei lavoratori è l'unica strada per ottenere efficienza e produttività in un'azienda.
Il benessere dei lavoratori - ha detto Sangiorgi - è ad esempio rappresentato da un'azienda che dà importanza ai valori in cui credono i dipendenti, che valorizza adeguatamente le loro capacità e sa riconoscerne i meriti. E' rappresentato da una azienda in cui è diffuso il senso di giustizia ma anche da un'organizzazione allegra e solare, che non intristisca i suoi dipendenti.
Qualche altro indizio sull' identikit del lavoratore felicemente integrato nel suo posto di lavoro si può trovare anche nelle modalità in cui oggi le aziende cercano il personale, badando soprattutto alle capacità trasversali degli aspiranti dipendenti: più che a competenze specifiche, chi seleziona il personale bada soprattutto alla capacità di comunicare, cooperare e adattarsi a situazioni e problemi diversi (il celebre problem solving che ormai quasi automaticamente si inserisce nel curriculum). Ma anche alla capacità di non farsi influenzare, di gestire il potere e di rapportarsi a modi di pensare diversi dal proprio. Ma - è emerso ieri - le aziende badano soprattutto alla capacità del lavoratore di guardarsi dentro e saper riconoscere i propri limiti. Perché in un mondo del lavoro dove ormai non ci sono più bussole e mappe, i lavoratori sono come dei navigatori che devono conoscere perfettamente le proprie risorse personali.
Eppure, soprattutto in una terra come la Sardegna con un enorme tasso di disoccupazione e dove ogni anno circa 4mila persone escono dalla cassa integrazione dopo anni di ammortizzatori sociali, è molto difficile trovare lavoratori consapevoli e motivati. Eppure - lo ha spiegato Luisa Puggioni, coordinatrice della Commissione Psicologia del lavoro dell'Ordine degli Psicologi della Sardegna e responsabile del centro Servizi per l'impiego di Nuoro - una scelta consapevole è, di norma, il presupposto essenziale per qualsiasi percorso professionale.
Esiste un gap impressionante - ha spiegato la psicologa - tra quello che le aziende cercano e quello che i lavoratori sono in grado di offrire. Questo perché la disoccupazione in Sardegna è strettamente collegata a una scolarizzazione ancora molto scarsa ed anche perché esiste una larga fascia di persone che, pur essendo ancora lavorativamente attive, escono da un percorso di otto-nove anni di ammortizzatori sociali che ha spento completamente la loro fiducia e la loro capacità di riprogettare il futuro. Ma soprattutto perché in Sardegna continua ad esserci una insanabile spaccatura tra il mondo della scuola, dell'Università e della formazione professionale (sempre che la formazione professionale esista ancora) e quello del lavoro. Spesso, infatti, i ragazzi che escono dai percorsi di istruzione e di formazione non hanno neppure la capacità di sognare una futura vita professionale.
Il benessere sul posto di lavoro
Ma oltre allo stress - purtroppo molto frequente - per la mancanza di lavoro esiste anche un'enorme fascia di disagio psicologico all'interno delle aziende e degli enti pubblici, in cui spesso ci sono dinamiche totalmente in contrasto con il benessere dei lavoratori.La legge - ha spiegato lo psicologo del Lavoro Gianfranco Ciccotto - obbliga il datore di lavoro a valutare il rischio di stress lavorativo. Esistono due norme, l'articolo 28 del decreto legislativo n° 81 del 2008 e la Circolare del Ministero del Lavoro n° 23692 del 2010 che impongono al datore di lavoro di valutare, attraverso specifiche procedure offerte gratuitamente dall'Inail, il rischio di stress dei propri dipendenti. E soprattutto prescrivono al datore di prendere gli opportuni provvedimenti per eliminare questi rischi. Un obbligo, questo, sanzionato anche penalmente.
" L'obbligo legato al benessere dei dipendenti è una grande opportunità per il datore di lavoro - ha spiegato Ciccotto - perché investire in benessere dei lavoratori è l'investimento migliore e più produttivo che possa fare un imprenditore visto che ogni euro speso sulla sicurezza e la salute psicofisica dei dipendenti si traduce in un beneficio di 13 euro legato al miglioramento del clima d'impresa ".
Per fare questo - è emerso ieri - è però fondamentale una figura, quella dello psicologo, che segua l'azienda esattamente come fa il commercialista per le problematiche fiscali e il consulente aziendale per quelle d'impresa.
Luca Melis, anch'egli psicologo del lavoro e consulente di Organizzazione, ha evidenziato la necessità non tanto di una formazione o di una consulenza esterna, anche psicologica, alle aziende. Ma piuttosto quella di una facilitazione dei rapporti tra l'azienda e i propri dipendenti che consenta di valorizzare le risorse e trovare delle soluzioni interne all'organizzazione. " La facilitazione - ha detto Melis - è una metodologia in grado di aiutare le persone e i gruppi di lavoro a sviluppare le loro risorse in modo da organizzare una partecipazione ordinata e coerente alla vita aziendale ".
Un esempio? Con l'apporto dei dipendenti anche il Piano aziendale può essere condiviso e non calato dall'alto. Oppure anche una semplice convention aziendale può essere organizzata più efficacemente. Con un netto miglioramento del clima aziendale e lavoratori più motivati e soddisfatti.
Eppure la strada verso il bel lavoro e il benessere dei lavoratori è ancora molto lunga. Nelle nostre aziende e nei nostri enti pubblici - ha spiegato Melis - ci sono ancora gruppi enormi di lavoratori sottoutilizzati. E un potenziale inesplorato di persone che non riescono a dare il loro contributo alla vita della loro azienda o dell'ente in cui lavorano non è soltanto fonte di stress per i lavoratori. Rappresenta l'ennesima ricchezza che la Sardegna continua a sprecare.
Alessandro Zorco è nato a Cagliari nel 1966. E' sposato e ha un figlio. Laureato in Giurisprudenza è giornalista professionista dal 2006. Ha lavorato con L'Unione Sarda e con Il Sardegna (Epolis) occupandosi prevalentemente di politica ed economia. E' stato responsabile dell'ufficio stampa dell'Italia dei Valori Sardegna e attualmente è addetto stampa regionale della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa. Dall'aprile 2013 è vicepresidente regionale dell'Unione Cattolica Stampa Italiana e dal 2014 è nel direttivo del GUS Sardegna.