Ad ogni nuova tecnologia si è gridato al benessere. Ma davvero il benessere ha portato felicità?
Tutto cominciò con la macchina a vapore. Vale a dire, con la nascita di una tecnologia diretta a togliere l’uomo dall’abbrutimento fisico e a restituirgli la sua dignità. Da allora le invenzioni dirette a liberare l’uomo dalla fatica, fisica o mentale, si sono susseguite in progressione geometrica: dal vapore all’elettricità, dal velocifero alla motorizzazione di massa e così via. Per un secolo le protesi dirette a render più lieve il lavoro sono aumentate e a ogni nuova tecnologia s’è gridato al maggiore benessere che avrebbe portato alla società, la quale, meno infelice,
sarebbe divenuta meno aggressiva e più buona (teoria della Frustrazione – aggressione, Miller, 1930). Se davvero il “benessere” abbia portato felicità è oggi materia di seria riflessione. Quanto alla bontà, la Germania di Hitler era tecnologicamente avanzata ed economicamente benestante…
Durante tutti questi anni tuttavia all’uomo non sono stati chiesti cambiamenti sostanziali: viveva grosso modo come i suoi antenati, ma più comodo. C’erano più beni da comperare; ma se preferiva costruirseli poteva farlo: l’homo faber si aggiornava, ma restava faber. La vera rivoluzione avviene con l’elettronica anche perché il costruirsela non è facile per il comune privato. Ma il punto principale non è questo. Il punto è che essa consente l’automazione a ben altro livello che la meccanica e l’elettricità: l’utente si limita a indicare il risultato che vuole; al resto pensa la macchina; gli elettrodomestici richiedono solo cosa si voglia come risultato finale. In altre parole: l’utente non è più autore dei propri
eventi: li delega e, avendoli delegati non li produce, ma li subisce. Li deve delegare perché ciò è richiesto dal benessere, quindi dal bene. Ed ecco che automaticamente, il lavorare personalmente sulle proprie cose diventa il male.
Si sa che una tecnologia, una volta diffusa, diviene filosofia. In ossequio alla quale l’essere umano smette anche ideologicamente di occuparsi di
quanto lo riguarda. Così abbiamo la medicalizzazione del disagio spirituale con delega al farmaco e alla droga, a livello privato; e lo stravolgersi del concetto di democrazia a livello pubblico. Il voto, infatti, nato come momento di partecipazione critica e attiva, diviene il momento della
delega a chi “ci deve pensare”. Ed ecco che anziché la partecipazione di tutti, abbiamo la dittatura dei delegati: la partitocrazia.
I giovani nati in un contesto siffatto ne sono figli: vogliono, con coerenza, direttamente il risultato ed esigono che la società glielo fornisca, senza far nulla per ottenerlo; e in rovina vanno scuola, famiglia, lavoro. Un simile modo di vivere esclude totalmente l’autonomia della persona, giacché essere autonomi significa essere in grado di elaborare obiettivi e tecniche per raggiungerli. Tuttavia nessuno – almeno nella nostra
cultura – può essere privato della propria autonomia senza ricavarne una frustrazione profonda - spesso inconscia, sempre reale - che produce crescente malessere. Malessere che quindi aumenta in proporzione diretta con la perdita della possibilità di essere arbiter fortunae suae.
Col paradosso: troviamo assai comodo delegare altri e far faticare loro (proprio come i ragazzi quando si fanno rifare il letto dalla mamma), ma poi ci sentiamo – oh quanto giustamente! – spossessati della nostra autonomia che è come dire “semplicemente” la nostra identità. Poche cose danno altrettanta angoscia. Ma ecco, che – magico - esce, dal cilindro della società, il rimedio: la droga. Con questo termine non s’intendono solo le sostanze psicotrope vietate, ma ancor peggio, quelle non solo permesse, ma addirittura consigliate, soprattutto da chi le produce che, maneggiando miliardi, ha un potere economico e politico (e quindi una forza di convinzione) massimi.
Insomma, per parlar chiaro: le cose sono messe in modo tale che la gente in generale e i giovani in particolare, debbano dipendere da droghe e/o medicine, pesanti o leggere, in modo da perdere la capacità di critica, allo scopo di rendere incontestato ai grandi gruppi economico – politici, il potere su tutto e su tutti. E chi non ci crede, legga semplicemente il giornale badando a ciò che accade e non alle spiegazioni che ne
danno politici e giornalisti. Alla faccia della nostra diruta democrazia.