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Agosto è un mese meraviglioso per il cinema in tv. Ti può capitare di svegliarti, fare colazione vedendo un film dimenticato. Il regalo stamane me lo ha fatto Rai Movie (allora serve il canone...). Prime immagini guardate con distrazione. Poi occhi incollati. Titolo, regista? Click (allora serve il digitale terrestre...). "Il bidone". Federico Fellini. L'ho trovato poetico, crudelmente reale, malinconico, bello, in poche parole. Leggo tra le critiche di autorevoli giornalisti che è il film che ha segnato un po' il passaggio dal Fellini "giovane" a "maturo". Non amatissimo quando uscì e venne portato a Venezia. Protagonista, inoltre, di una serie non definita di director's cut per accontentare prima gli uni e poi gli altri. Insomma la solita storia. Insomma il solito incantatore di Rimini.Al centro del film un truffatore professionista che con varie combriccole nel tempo assicura squallidi bidoni a malcapitati di turno. Squallidi perché vittime innocenti degli "scherzetti" sono quasi sempre onesti e poveri lavoratori: il benzinaio che non ha turni, il contadino che deve sfamare moglie e prole al femminile. Lui sembra dirimersi, ma non ci riuscirà mai. E finirà male, malissimo chiaramente.Sullo sfondo la Roma e l'Italia degli anni Cinquanta che non sembra il Bel Paese che, spesso, i nostri genitori ci vogliono per forza dipingere. A dire il vero, alcuni affreschi potrebbero essere girati anche ai giorni nostri. Fellini, con la sensibilità e l'intelligenza che lo contraddistinguono, dipinge un quadro che non fa sconti a nessuno, salvo che agli onesti lavoratori che ora come allora portano avanti il paese. Da manuale la scena dei festeggiamenti di Capodanno a casa di un furbacchione che, prima con semplici raggiri, poi con traffici più azzardati, ha fatto fortuna. Al suo cospetto malviventi, si, ma anche colletti bianche, vecchie dame decadute. Corna alla moglie, volgarità a tutto spiano, tre colpi di rivoltella per festeggiare l'anno nuovo (ricorda qualcosa che avviene da queste parti, no?). Però i figli a Ginevra "Perché li hanno un'altra educazione".In un piccolo ruolo anche Giulietta Masina, incantevole. La cosa migliore, oltre i bravissimi attori, la mano, sembra banale, di Fellini. Nel film ci sono una serie di elementi che verranno poi sviluppati ne "La dolce vita", come la malinconica critica alla società che nella sua durezza e nella sua spietatezza deve molto alla scuola neorealista. Poi però c'è anche il Fellini visionario, quello che ha saputo filmare l'inconscio e l'onirico. I paesaggi reali sono i paesaggi custoditi negli animi dei personaggi. Le strade vuote, l'appennino respingente, le squallide e metalliche giostre di provincia.
Qualche post fa facevamo riflessioni sulla scrittura al cinema. Ho motivo di pensare che una simil nuova Suso Cecchi D'amico, nonostante la sua penna unica, forse potrà rispuntare. Un altro Fellini no, assolutamente no.
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