Il bilancio dello Ior e l’imposta Ici-Imu pagata dalla Chiesa

Creato il 02 ottobre 2013 da Uccronline

La “banca vaticana”, lo IOR, ha fatto un altro passo avanti nella trasparenza pubblicando il suo primo bilancio consultabile sul web, rivelando un utile 2012 di 86,6 milioni di euro, merito soprattutto delle operazioni sui titoli di Stato. Nel luglio scorso, lo ricordiamo il Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa che valuta le legislazioni in tema di lotta al riciclaggio, ha “promosso” la Santa Sede per quanto riguarda l’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio.

In realtà chiamare lo Ior “banca” è un po’ improprio, si tratta in realtà di un gestore di fondi delle finanze dello Stato del Vaticano. Gli investimenti in azioni oggi sono ormai molto ridotti e negli ultimi mesi Ernst von Freyberg, direttore generale, ha annunciato una operazione di pulizia affidata alla società Promontory Financial e il risultato è riportato in bilancio: tra il 2011 e il 2012 sono stati chiusi 2100 conti correnti inattivi o fuori linea rispetto ai criteri dell’istituto. Entro l’anno saranno chiusi tutti i conti correnti anomali o di persone che non hanno a che fare con le opere di religione e una speciale commissione sta revisionando lo statuto affinché l’attività dello Ior si concentri esclusivamente sulla “missione della Chiesa”. È stato anche istituito un Centro anti-riciclaggio, il cosiddetto Comitato di sicurezza finanziaria, che raggruppa esponenti della Segreteria di Stato, del ministero degli Esteri vaticano, del Governatorato, della Prefettura affari economici, della procura vaticana, dei servizi di sicurezza e dell’Autorità di informazione finanziaria «per assicurarci che non si verifichi nessuna azione di riciclaggio nell’Istituto», ha spiegato von Freyberg. «Siamo pronti per un’ispezione da parti terze», ha aggiunto.

In tema di economia vaticana ritorna puntuale anche il “tic” anticlericale sul pagamento dell’ICI-IMU, l’imposta comunale sugli immobili riservata agli enti non commerciali, quindi anche alla Chiesa. Ne abbiamo già parlato a suo tempo: l’imposta è sempre stata pagata dagli enti cattolici con fini commerciali (e chi eventualmnete non l’ha pagata è un evasore in più da perseguire legalmente), il problema esiste invece per una zona “grigia” che riguarda le attività “miste” (ovvero luoghi di rilevanza sociale ma anche con fini commerciali, per esempio). Non essendo chiara la legge per queste categorie, fino al 2012 alcuni enti no profit “misti” (di ispirazione laica e cattolica) non hanno pagato l’imposta. La Cei ha comunque accolto con favore il chiarimento della legge, dato che lo stesso era stato auspicato anche dal cardinale Angelo Bagnasco.

In ogni caso questa campagna contro la Chiesa è una bolla di sapone anche per quanto riguarda l‘entità delle cifre in ballo: l’esenzione dell’ICI da parte della Chiesa cattolica (per le attività di rilevanza sociale come “Caritas”, mense dei poveri ecc.) toglie allo Stato circa 100 milioni di euro, una cifra assolutamente ininfluente per il bilancio pubblico statale, e che, tra l’altro, non è imputabile alla sola Chiesa ma comprende anche tutti gli altri enti no profit. Insomma, «tanto rumore per nulla» secondo il commento di “MilanoFinanza”. Radio Radicale, per intenderci, da sola toglie 10 milioni all’anno per un servizio (la diretta con il Parlamento) garantito già dal web e da “Radio Rai Parlamento”.

In questi giorni è intervenuto anche Achille Colombo Cle​rici, ​Presidente di Assoedilizia, il quale ha spiegato che «è una vera fandonia parlare di miliardi di gettito non riscosso» sulla questione dell’Ici sugli “immobili della Chiesa”. «Intanto occorre ribadire che lo stock immobiliare la cui proprietà è possibile far risalire agli enti ecclesistici italiani può essere stimato complessivamente (includendo gli immobili di culto) attorno all’1-1,5% del totale e non certo al dato ampiamente inverosimile del 20%, come è stato riportato in alcuni servizi giornalistici». Inoltre, ha proseguito, occorre considerare «che, da un lato gli immobili destinati al culto (che costituiscono la stragrande maggioranza) sono fuori questione per riconoscimento stesso fattone dall’Europa, come pure gli immobili destinati alle attività religiose dirette (monasteri, conventi); e d’altro lato che gli immobili “messi a reddito” dagli enti ecclesiastici già pagavano l’Ici e ora hanno pagato l’Imu (senza nemmeno beneficiare della esenzione per la prima casa da poco introdotta)».

Quindi, concludendo, il presidente di Assoedilizia ha spiegato che stiamo parlando «di una ristretta nicchia di situazioni che si inserisce nel più ampio quadro degli immobili gestiti direttamente da realtà non profit (circa 40 mila enti in Italia di diversa ispirazione, laica e cattolica e di altre religioni) per le loro attività istituzionali di tipo assistenziale, benefico, culturale, ludico-sportivo, sanitario e, poi, ancora, camere di commercio, sedi diplomatiche estere, immobili appartenenti alle altre confessioni religiose… Se dobbiamo parlarne, parliamone pure. Ma dimentichiamoci i miliardi di gettito, e comunque non si può far passare il tema sotto la denominazione generica “di immobili della Chiesa”: si tratta di altro».

La redazione


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