di Beniamino Franceschini
Tuttavia non c’è da stupirsi. Da qualche anno, in molti settori dell’Italia, lo schema è il seguente: le prestazioni sono scadenti per mancanza di qualità o per negligenza; il Paese in qualche modo dipende dagli altri; se tutto va male, la colpa è proprio degli stessi altri che o sono stati disonesti, o sono stati troppo onesti, ma che, in ogni caso, vogliono male agli italiani, il miglior popolo di sempre. Il processo è paradossale, degno delle eroine romantiche, alle quali la vita riservava impossibili traversie, forse superabili con un po’ di spirito d’iniziativa e meno commiserazione, ma certissimamente da sconfiggere attraverso l’autoesilio o la morte, che, simbolicamente, hanno entrambi lo stesso significato: l’esasperata esaltazione orgogliosa e vittimistica dell’ego.
Il sospetto che Spagna e Croazia possano accordarsi è comprensibile, è terribilmente umano: sono convinto che in tutti i Paesi, in una situazione analoga, reagirebbero allo stesso modo. Anch’io – che pure sono qui a scrivere – ho pensato al rischio della macchinazione per raggiungere il 2-2 (il 2-2!), risultato che, comunque, ha un valore se e solo se, contestualmente, l’Italia supera l’Irlanda. Riflettendoci, però, non penso che el orgullo español acconsentirà a vendersi sul campo. Che dire, per esempio, dei croati, nel caso in cui questi perdessero contro i Campioni del mondo e fossero eliminati perché gli Azzurri, nel frattempo, hanno sconfitto l’Irlanda dell’italianissimo Trap? Direbbe un mitico personaggio di “Roger Rabbit”: «Biscotto!»
Pertanto, per una volta, considerata anche la situazione interna del sistema calcio italiano, evitiamo di additare la pagliuzza altrui per trasferire altrove la consapevolezza della nostra trave, tendenza, purtroppo, individuabile in molti àmbiti della vita nel nostro Paese.
Beniamino Franceschini
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