Il giornalista e blogger siciliano Carlo Ruta, è stato condannato dalla Corte d'Appello di Catania, a 150 euro di ammenda e al versamento di spese processuali per un totale di 5 mila euro, perché il suo blog si poneva in contrasto con l'articolo 16 della legge sulla stampa n. 47 del 1948.
La sentenza conferma la condanna di primo grado in seguito ad una denuncia dell’allora procuratore della Repubblica di Ragusa, Agostino Fera, che si riteneva danneggiato dall’attività del blog di Ruta.
La Corte ha stabilito quindi che il blog di Ruta deve essere equiparato a un giornale cartaceo quotidiano: pertanto avrebbe dovuto essere registrato come testata giornalistica presso il Tribunale, e invece non lo era, come la maggior parte dei blog.
La difesa naturalmente sostiene che il blog è uno strumento di documentazione e non può essere considerato come un prodotto giornalistico. Quello di Ruta, fra l’altro, come è risultato da alcuni accertamenti, veniva aggiornato episodicamente e senza regolarità periodica.
Il sito (accadeinsicilia.it), offline ormai dal 2004, documentava vicende di malaffare e di connivenza tra politica, mondo degli affari e criminalità organizzata, raccoglieva materiale storico, narrava eventi come la strage di Portella della Ginestra ma anche semplici inchieste di maggiore attualità. Si può avere un'idea del suo contenuto attraverso la macchina del tempo del sito Webarchive.org (blog incriminato).Ruta, nonostante il reato sia ormai andato in prescrizione, farà ricorso in Cassazione per provocare un pronunciamento di legittimità della Suprema Corte su una questione che considera di interesse generale, con pesanti effetti sulla libertà di espressione e di informazione.
Carlo Ruta
Egli infatti dichiara: «È una sentenza liberticida che non colpisce solo me personalmente, riguarda tutto il web che vuole fare informazione in un certo modo. Si tratta di una questione di interesse generale, per la quale chiederemo alla Suprema Corte un giudizio di legittimità. Casi di chiusura di siti web d’informazione sono successi solo in Cina, Birmania e a Cuba. Questa è una decisione unica a livello europeo. In Italia non esiste un singolo caso di applicazione del reato di stampa clandestina, neanche sul cartaceo. Altrimenti, sarebbero a rischio centinaia di pubblicazioni, addirittura i bollettini parrocchiali”.La condanna in appello è un chiaro “intento intimidatorio” contro la libertà di stampa e informazione?
L’esito, ancora da scrivere, sarà in ogni caso di grande importanza per i destini della libertà d’espressione nel nostro Paese.