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Il blogger ed il libero arbitrio

Da Andantecongusto @Andantecongusto
Honesty - Billy Joel
Il blogger ed il libero arbitrio
Mi capita di osservare sempre più di frequente, esternazioni più o meno veementi circa un tema che tocca da vicino il mondo del food blogging.
Gli strumenti social sono mezzi potenti e indubbiamente catartici e spesso ne siamo utilizzatori compulsivi e tendiamo ad avvalercene, male, per reiterare il messaggio.
So per certo che risulterò impopolare scrivendo questo post, ma diciamo che mi esce dalle dita in maniera automatica e sento di doverlo fare.
Premetto che non sono qui a condannare il cosa ma il come.
In vita mia ho dovuto combattere molte battaglie, alcune completamente fallimentari, altre un po' meno ed avendo sempre lavorato come libera professionista, credo di aver faticato un bel po' per restare a galla. Chi è nella mia condizione sa bene di cosa parlo.
Ma da quando ho un blog, che ho aperto mossa esclusivamente dalla passione, ho potuto osservare dinamiche contraddittorie che mi fanno tutt'ora pensare. Certo è che qualcuno potrebbe scriverci un trattato di sociologia.
Venendo al nodo, il mondo del food blogging (ed immagino anche quello di altri "settori" blogger) ruota intorno al fenomeno delle "collaborazioni".
Termine che è chiarissimo a chi sta dietro ad un monitor ma che probabilmente non ha alcun significato per chi ci legge, per il lettore appassionato.
Così magari caro lettore, potresti essere informato che chi scrive può decidere o meno di intraprendere collaborazioni con aziende alimentari o di strumenti per la cucina e parlarne sul proprio blog. Puoi anche non esserne informato in maniera palese, ma lo intuirai da piccoli segnali sparsi sul blog come briciole di pane, banner, link o immagini.
Non sempre la collaborazione intrapresa dal blogger è coerente con il messaggio generale del proprio blog, ma questa è un'altra storia.
Di certo tu lettore affezionato continuerai a leggere il tuo blog preferito se questo continuerà, con i suoi contenuti e le sue ricette, a divertirti, interessarti, farti svagare per qualche minuto.
Per fortuna ogni lettore è dotato di sano spirito critico e potrà decidere di fare zapping fra blog come meglio crede.
Ma ovviamente il fulcro della questione è un altro.
I primi blog di cibo italiani sono comparsi sul web tra il 2004/2005.
Lentamente con entusiasmo ed energia hanno cominciato a raccogliere i primi lettori.
Fra il 2008/2010 il panorama food blog era già rigoglioso e proprio in questo periodo hanno cominciato ad apparire i primi segni di collaborazioni.
ll bello della storia è che all'epoca le aziende non avevano idea di cosa fosse un food blogger. Diciamo che erano all'età della pietra della comunicazione.
Televisione, radio o giornali erano gli unici strumenti attraverso i quali raggiungere il consumatore.
Chi gli ha spiegato cosa fosse un food blogger? Beh, facile: noi.
Blogger intraprendenti con grande seguito, hanno cominciato a scrivere ad aziende presentandosi, mettendosi a disposizione per "raccontare" i loro prodotti.
Per le aziende il vantaggio era indubbio: nessuno costo se non l'invio di campioni e un passa parola garantito.
Da quel momento in poi il fenomeno è diventato esponenziale.
Tanto che adesso sono le aziende a proporsi ai blogger offrendo collaborazioni in cambio merce.
Peccato che per ogni azienda che si propone al blogger, ci sono ancora almeno 20 blogger che scrivono ad aziende chiedendo prodotti. Di qualsiasi genere si tratti.
Una catena senza fine.
Stendo un velo pietoso sulla sfacciataggine di aziende e agenzie di comunicazione/marketing che propongono collaborazioni che sono vero e proprio lavoro in cambio di visibilità.
Così faccio anche su quei blogger che tormentano come gocce cinesi qualsiasi tipo di produttore, azienda, cooperativa.
Torno al punto che anticipavo. Lungi da me il voler criticare la scelta di ognuno.
Tutti noi abbiamo accettato questo genere di proposte agli albori del nostro blog.
Il fatto di essere cercati ci ha in qualche modo lusingato, ci siamo sentiti apprezzati e siamo caduti nella trappola.
Poi si cresce e si fanno delle scelte.
Ognuno fa le proprie ed io certo non sono qui per entrare nel merito di una scelta.
Quello che proprio mi dà fastidio è il modo in cui vengono combattute certe battaglie.
Ogni giorno ho la casella postale invasa da ogni genere di spam ed ogni genere di proposta.
Lo spam finisce nel cestino, le proposte vengono lette.
Quelle più naif mi provocano crisi di riso, quelle più sfacciate ricevono risposte decise, spesso ironiche, altre laconiche: no grazie.
L'indignazione su certe pretese è ormai roba vecchia.
Ci siamo indignati tutti, ne abbiamo parlato fino a perdere la voce, ci siamo venuti a noia a vicenda.
Mettere il Gran Pavese dell'indignazione su Facebook oltre che ad essere inutile, è fastidioso perchè tutti, ma proprio tutti siamo costantemente assaltati da proposte ridicole.
Il problema di base è la coerenza individuale.
Il blog dovrebbe essere una terra libera in cui dire e fare ciò in cui uno crede.
Può anche diventare uno strumento di lavoro ma le aziende, quelle che contano, quelle che retribuiscono un onesto lavoro, sanno riconoscere colui che lavora come un professionista.
Ricordiamoci che certi meccanismi e pratiche che noi condanniamo come il collaborare gratuitamente in cambio di visibilità, spesso ce le ritroviamo in casa senza battere ciglio.
Pensiamo forse che partecipare ad un Contest sia un gioco, un divertimento innocente?
Le aziende gongolano grazie ai Contest, e noi blogger ne siamo complici felici.
Massimo beneficio in minima spesa.
Quindi, chiudere la stalla quando i buoi sono scappati è una procedura un tantinello faticosa.
Mi piacerebbe che si smettesse di urlare allo scandalo sul web e si agisse secondo propria coscienza. Per ogni no deciso, ci saranno ancora tanti si entusiastici, ma sappiamo bene come funziona la rete. La coerenza, l'attenzione, la serietà, la preparazione, l'impegno.
Queste sono le sole cose a cui si dovrebbe anelare per nutrire il nostro blog e magari un giorno, diventare un bravo professionista.


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