Magazine Jazz / Blues
"Come lo suonano il blues su Alpha Centauri?" "E'... come un respiro. Che sembra sempre dover essere l'ultimo. Ma poi ce n'è un altro; e un altro". "Emozione, feeling?" "E' l'esternazione di un'atmosfera sulfurea e decadente, sotterrata dal grande fango dell'alluvione di idee derelitte, di tecnologie inutili, di progresso autoreferenziale". Manuel Göttsching torna a sedersi a gambe incrociate quasi nel mezzo del Nihaven. Luci al tramonto. Riflessi. Quella fredda primavera da Venezia scandinava aveva accolto gli Ash Ra Tempel con un abbraccio freddo ma al tempo stesso sensuale, in puro stile nordico. Riattacca con quel riff mangiucchiato da ogni nero di Chicago con un'armonica tra le mani. Ora è filtrato, passa attraverso le torri radar che lanciarono il messaggio in bottiglia nel cosmo. Potrebbero essere i Doors che suonano Muddy Waters nello spazio profondo, in compagnia del Major Tom di Bowie e delle galassie colorate da cui profughi stellari danno l'assalto all'ultimo pianeta vivo di questo quadrante. Si perde nel vacuo nero. Manuel e Hartmut Enke avevano fatto la fame per anni col nome di Steeple Chase Blues Band, suonando in ogni bettola lungo la Bundesautobahn n° 7 per orde di motociclisti tatuati con baffoni e gilet di pelle. Così maledettamente terreno; così materico, tangibile. Sudato, sporco. Semplice, sincero ma mai soddisfacente "Sembra dovere sempre essere l'ultimo". Precarietà elevata a valore e fonte d'ispirazione feconda e mai sopita. Paura del domani, animismo metropolitano. Lentezza come riscatto da una frenesia deragliante e apparentemente intoccabile. Da quando decisero di dedicarsi all’esplorazione dei firmamenti rock, tutto improvvisamente cambiò. I loro brani non cominciano mai in un momento preciso; stanno lì; lo sono sempre stati. Come oggetti in ombra disvelati lentamente dal roteare del sole. Assolvenze lentissime come le rotazioni delle stelle più distanti; tempi di rivoluzione incalcolabili. Poi, la grande ruota in bilico sulle nuvole inizia veramente a girare. Ad allora ecco l'happening, il tempo che si formalizza, lo scatto. Azione. Cinema o musica? C'è differenza in qualcuna delle mastodontiche progressioni degli Ash Ra Tempel? Schwingungen, vibrazioni. Alla fine sembra ovvio. Ma mai titolo fu più candido e sincero. Nessun trucco, nessuna pretesa progressiva o cerebrale. Un flusso. Senza frasi, senza punteggiatura, senza ritornelli, senza inizio; con finali sempre aperti, mai definitivi. Light: Look at Your Sun è quel blues. Un'ammirazione sfrenata per la chitarra aliena di Lee Underwood, che all'epoca faceva la fame assieme a Tim Buckley ad al più strordinario ensemble che la musica leggera avesse conosciuto. Göttsching arriva ad esplorare quegli stessi spazi che il viaggiatore delle stelle aveva sfiorato con reverente distacco e ammirata rassegnazione: ci sguazza dentro senza ritegno, come Jagger e Richards facevano con i 45 giri di Bo Diddley. E' il 1972, e lo spazio non ha più misteri. In quello stesso momento, da qualche parte tra Los Angeles e Santa Monica, Buckley scribacchiava sceneggiature improbabili, accarezzava lo scintillio di Hollywood; si spegneva in un buio fatto di alcol e droghe. Aveva esalato quel suo ultimo respiro; senza saperlo. Ma Schwingungen continua con una nuova epopea buckleiana: Darkness: Flowers Must Die. E' la Gipsy Woman degli Ash Ra tempel. "Ci chiedevano ritmo, volevano la batteria, la rabbia, il Rock. Eravamo di fronte a queste gang di automobilisti clandestini.” Ma l'idea di Rock di Manuel e Hartmut è qualcosa di degenere, espressionista, free-form tremendamente ermetico. Di nuovo, un flusso. Questa volta rabbioso, metallico. Una spoken word declamata nelle cattedrali deserte della General Motors del Michigan. Per l'occasione avevano imbarcato John L., un reietto degli Agitation Free: cantante attore, terrorista del sottobosco. Estremista e arterrorista come direbbe Jean Hervè Peron. Ringhia nel microfono con tutti quei clichè da grande rocker, sommersi dai cataclismi liberi di Fun House. Matthias Wehler che soffia nel sax alto è citazione e tradimento assieme. Una valanga senza controllo e senza ritegno. Punk celeste. Stooges che si divertono a spasso per Happy Sad, mentre Buckley li guarda e si diverte. Tramonto esausto sulla vita sfavillante a spasso per il Nihaven. Grida, marcette commerciali. Sciabordare di barche sottoriva. Non ci sono più strumenti, non chitarre, tastiere, sintetizzatori. Forse nemmeno musicisti. Un palco, vuoto. Tutto il lato B dell’album è occupato da Schwingungen: Suche / Liebe. Diciannove minuti di eterno. Ci sono lacrime che grondano dall'occhio di una nebulosa conficcata tra lo sbocciare di grandi fiori cosmici, profumati, trasparenti, che si sciolgono come la cera alle attenzioni di grandi farfalle primordiali. Cristalli in risonanza da fare impallidire ogni cultore dei King Crmson di Moonchild. Sono i vibrafoni di Wolfgang Müller che pulsano come meduse trasparenti, galleggianti nel grande blu australe, illuminate solo dalla Nube di Magellano, al riparo del Centauro. Quando la melodia getta finalmente l'ancora, i naufraghi del cosmo trovano la loro casa. Una voce suadente, fascinosa, carezzevole; che non è più il subdolo canto della Canzone delle Sirene di Buckley, ma la melodia che Odisseo udì appena poggiato il piede sulla spiaggia sassosa di Itaca. Il canto di casa.
Ash Ra Tempel – Schwingungen
(Ohr - OMM 556.020, 1972) Light And Darkness Light: Look At Your Sun 6:20 Darkness: Flowers Must Die 12:20
Schwingungen 19:00 Suche Liebe
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