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Il bosone di Higgs si assomiglia

Creato il 01 settembre 2015 da Media Inaf
Rappresentazione del Bosone di Higgs, particella elementare osservata per la prima volta lo scorso 2012 negli esperimenti ATLAS e CMS, condotti con l'acceleratore LHC del CERN di Ginevra.

Rappresentazione del Bosone di Higgs, particella elementare osservata per la prima volta lo scorso 2012 negli esperimenti ATLAS e CMS, condotti con l’acceleratore LHC del CERN di Ginevra.

Un nuovo e più preciso identikit del bosone di Higgs. Ad annunciarlo il CERN di Ginevra che sottolinea come il risultato indica nella particella che “ha dato vita” alla massa la forma (o almeno gli assomiglia tantissimo) prevista dalla teoria di riferimento della fisica contemporanea, il Modello Standard.

Il risultato è stato ottenuto combinando i dati raccolti dagli esperimenti che nel 2012 hanno permesso di scoprire la particella, Atlas e Cms, entrambi condotti nell’acceleratore più grande del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc).

I nuovi dati descrivono adesso come il bosone di Higgs interagisce con le altre particelle. «Combinare i dati dei due esperimenti permette un altissimo livello di precisione, per raggiungere il quale un esperimento da solo avrebbe avuto bisogno di almeno altri due anni di lavoro», osserva il direttore generale del Cern, Rolf Heuer. «Combinare i dati dei due esperimenti è stato un lavoro enorme, nel quale sono stati analizzati oltre 4.200 parametri», aggiunge il responsabile dell’esperimento Cms, Tiziano Camporesi.

«Combinare i dati di due esperimenti sembra facile, ma non è affatto banale – spiega il vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Antonio Masiero – perché ognuno di essi ha risultati ottenuti da rivelatori diversi e con differenti gradi di precisione». L’identikit del bosone di Higgs, dice ancora Masiero, «è un bel risultato, che conferma i valori indicati dal Modello Standard».

Ci sono modi diversi per produrre un bosone di Higgs, e modi diversi per un bosone di Higgs di decadere in altre particelle. Ad esempio, secondo il Modello Standard, quando viene prodotto un bosone Higgs, in circa il 58% dei casi dovrebbe decadere immediatamente in un quark bottom e un antiquark bottom. Combinando i risultati di ATLAS e CMS è stato possibile determinare, con la migliore precisione possibile ad oggi, i tassi di decadimento più comuni.

Tali misure sono di fondamentale importanza perché direttamente collegate all’intensità dell’interazione della particella Higgs con altre particelle elementari, così come le loro masse. Pertanto, lo studio del tasso di decadimento è essenziale nel determinare la natura del bosone scoperto. Qualsiasi deviazione della misura dei tassi di decadimento rispetto a quelli previsti dal Modello Standard metterebbe, infatti, in discussione il meccanismo Brout-Englert-Higgs e, eventualmente, aprirebbe la porta ad una nuova fisica.

Non c’è quindi, al momento, nessuna traccia della cosiddetta nuova fisica, ossia di fenomeni non descrivibili con la teoria di riferimento. Ma è anche vero che il bello comincia adesso. I dati finora analizzati si riferiscono infatti alle misure prese quando l’acceleratore funzionava ad un’energia più bassa: 7.000 miliardi di elettronvolt (7 TeV) contro gli attuali 13 TeV. «Sarà interessante – conclude Masiero – vedere se l’identikit del bosone di Higgs sarà confermato anche dai nuovi dati raccolti a questa energia più elevata».

Fonte: Media INAF | Scritto da Enrica Battifoglia


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