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Primo verdetto. Viola fuori. Eliminati dall'evento avverso in quella serata di Monaco, nella quale, scippati da un oscuro arbitro norvegese, i gigliati hanno dovuto arrendersi più alla giacchetta nera e ai suoi assistenti, che ad un Bayern decisamente opaco.
I tifosi viola possono essere orgogliosi di una squadra giovane che ha sfiorato i quarti di finale di Champions League, ma allo stesso tempo devono interrogarsi sul senso di questa eliminazione, di un campionato fallimentare, di una qualificazione Champions sinceramente improbabile e con la sola speranza di centrare la finale di Coppa Italia.
Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
Innanzitutto il progetto è fallito. E se non è fallito, vacilla in maniera pericolosa.
Prandelli è un bravo tecnico, forse troppo legato ad alcuni uomini e ad alcune convinzioni, ma comunque un tecnico in grado di creare la giusta atmosfera, dare un gioco redditizio alla squadra e portare risultati.
Ora, se i risultati sono questi, il bicchiere è mezzo vuoto.
In cinque anni di gestione, due quarti posti e una semifinale di Coppa Uefa persa malamente.
In bacheca non vanno i complimenti ma il buon operato del tecnico di Orzinuovi, coadiuvato da Pantaleo Corvino, non ha portato nessun trofeo dalle parti di Firenze.
Le interessanti (e azzardate) operazioni di mercato, pongono i viola sul piano di altre società europee che investono in maniera massiva sui giovani (modello Arsenal) ma allo stesso tempo non garantiscono risultati a breve termine.
I massicci investimenti hanno portato a qualche sacrificio e la sicura assenza dalla Champions del prossimo anno rischia di diventare un pesante macigno nell'economia del progetto viola.
Lo stesso mercato, nella mia personalissima opinione di osservatore, mi lascia perplesso.
Bolatti, Ljajic e Keirrison erano (e sono tuttora) nomi presenti sui taccuini di molte società europee: ma al termine di un mercato di gennaio così interessante la Fiorentina pareva carente soprattutto nel reparto offensivo.
Con Jovetic reduce da un infortunio, Mutu alle prese con le sue ombre e Gilardino in pericolosa involuzione, la scelta di Corvino di far partire Castillo (non un fenomeno, ma il classico bomber di scorta che qualche golletto poteva garantirlo) e' sembrata quantomeno azzardata.
L'argentino sarebbe stato in grado di poter affiancare il Gila in un ipotetico 4-4-2. Invece, per il dogmatico Prandelli lasciare Gilardino solo là davanti (e spesso spalle alla porta) pare essere conditio sine qua non : la cessione di un bomber di razza come Pazzini nel gennaio scorso aveva gia' fatto capire le intenzioni di Prandelli.
L'arrivo di Keirrison, scaricato molto in fretta dal Barca (e con una cifra di riscatto folle!), non e' sufficiente a colmare le lacune offensive, mentre puntare sull'ottimo ma ancora acerbo Babacar sembra essere un azzardo troppo grande.
Ieri la Fiore ha sfiorato il sogno e a dirla tutta avrebbe meritato di sentire nuovamente la musica della Champions, ma errori arbitrali a parte, la viola è sembrata ancora una volta, un'eterna incompiuta.
Montolivo è il centrocampista del futuro, ma gli manca ancora qualcosa che lo consacri anche in chiave azzurra.
In difesa poi, un vero e proprio pianto. Dainelli ceduto in maniera inspiegabile, Natali e Kroldrup non sono certo difensori da Champions e l'infortunio di Gamberini ha acuito le difficoltà di un reparto che ha in Frey la punta di diamante. Felipe, Gobbi, Pasqual e Comotto sono onesti mestieranti mentre per il salto di qualità serve ben altro.
Capitolo Corvino.
Le dinamiche del calciomercato sono infinite, ma ad alcuni movimenti geniali corrispondono parecchi buchi nell'acqua: dove sono finiti Vandenborre, Cacia, Hable, Mazuch, Da Costa, Savio, Osvaldo, Papa Waigo, Lupoli??
Le cessioni più che redditizie di Felipe Melo e Kuzmanovic hanno privato la rosa di ottimi elementi: vero che il bilancio va tenuto d'occhio e che soprattutto nell'affaire Melo, i viola a conti fatti hanno guadagnato soldi e contropartite tecniche ottime (benissimo Marchionni, molto meno Zanetti, frenato come al solito da mille acciacchi).
Parliamoci chiaro. Alla Viola va un plauso per una Champions giocata da protagonisti: 6 vittorie su 8 partite con la ciliegina di Anfield.
Ai Della Valle l'ardua sentenza: cambiare tutto o continuare con questo gruppo e questo allenatore?
La mia sensazione e' legata al tentativo della dirigenza giallorossa di ricucire lo strappo con Spalletti.
Il feeling sembra finito, le idee e l'entusiasmo pure, mentre le sirene di mercato potrebbero dare il colpo di grazia ad una stagione lunga cinque anni che pare essere arrivata al capolinea.
Resta da giocare una semifinale di coppa Italia: portare una coppa in bacheca, sarebbe il coronamento di tanti investimenti e darebbe slancio per un futuro diverso e perche' no, finalmente vincente.
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