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Libro totalmente inutile per chi vuole studiare il fenomeno del Brigantaggio postunitario. Tre ponderosi volumi, per un totale di milleottocento pagine, che parlano poco di brigantaggio e molto delle idee antiborboniche, antipontificie, antifrancesi, antigovernative dell'Oddo. Sarebbe stato rispecchiato meglio il contenuto del libro se nel titolo non ci fosse stata la parola "brigantaggio" e la seconda parte del titolo fosse diventata titolo unico "L'Italia dopo la Dittatura di Garibaldi". Dal libro viene fuori infatti una sproporzionata esaltazione della figura di Garibaldi. Scrive l'Oddo a pag. 41 del I volume: «Giuseppe Garibaldi, grande dappertutto, fu grandissimo ad Aspromonte, dove redense la dignità della nazione italiana, già di troppo avvilita per soggezione cieca al gabinetto di Parigi» La biografia dell'Oddo aiuta a capire il suo pensiero. Abbiamo tratto i seguenti cenni biografici dal Dizionario Biografico degli Italiani online della Treccani. Nato in Sicilia, in una famiglia di media borghesia, fu avviato fin da piccolo alla carriera ecclesiastica. Prese gli ordini religiosi come domenicano. Influenzato dal fratello maggiore, di principi repubblicani, aderì al movimento liberale. Nel gennaio del 1857 fu arrestato per avere capeggiato il movimento rivoluzionario del suo paese. Liberato svestì l'abito religioso e si dedicò all'insegnamento e al giornalismo. A Milano s'iscrisse alla loggia massonica "L'Avvenire" in relazione con il Grande Oriente di Firenze. Divenne un accanito anticlericale. Frutto di questa formazione è il libro che stiamo recensendo. Il suo vero cognome era Bonafede; utilizzò per le sue opere il cognome materno Oddo per evitare che venissero collegate alla sua persona di ex frate. La valutazione che l'Oddo dà del brigantaggio si ispira al Lombroso. Nell'introduzione (pag. 12 del primo volume) scrive infatti: «Il Brigantaggio non essendo nuovo in Italia ed apparendo in quella stessa provincia dove altra volta infierì, induce facilmente a credere che negli abitanti degli Apennini meridionali siavi al sangue ed alla crudeltà naturale inclinazione». Anche se, poco più avanti, afferma: «Ma io che alla ferocia della natura umana non credo, e non posso indurmi a pensare che alcuni uomini nascano al mondo feroci, cerco non nella natura ma altrove l'origine del male... Non ammetto che l'uomo nasca feroce, ma per mal governo lo diviene» E per mal governo intende quello dei Borbone, che bolla (con un'affermazione in voga ai suoi tempi) come la negazione di Dio. Secondo l'Oddo i Borbone tagliarono dalla base la legge, il diritto, la coscienza, la moralità, la religione, la verità, la giustizia, per conservare il loro trono. Affermazione questa ovviamente gratuita ed indimostrata, ma solo ideologica e preconcetta. Ed ancora, per l'Oddo nemici della gente meridionale e amici dei briganti, intesi come ladri e affamati di sangue, furono il Papa ed il Clero. A pag. 32 scrive: «Il sangue, gli incendi, gli stupri, i furti, i misfatti d'ogni maniera, consumati dal brigantaggio nelle province napoletane han messo il clero reazionario fuori della convivenza umana». Come si vede l'Oddo scambia l'oppresso con l'oppressore. Altra causa importante per la permanenza del brigantaggio nelle regioni meridionali vengono considerati la "occupazione francese" dello Stato Pontificio e la tolleranza francese ai passaggi dei briganti lungo i confini. Scrive Oddo a pag. 42: «E' da Roma che i briganti partono armati verso le provincie napoletane, ed è in Roma che trovan rifugio, se perseguitati. Intanto la bandiera francese ricuopre e tutela quel covo di malfattori». In realtà si lamentava che il governo francese non appoggiasse apertamente le mire espansionistiche piemontesi. Ma Oddo non risparmia nelle sue critiche nemmeno il Governo italiano, che «non si trovò mai all'altezza delle circostanze e dei tempi; colpa in parte dei sistemi, ed in parte delle persone» (pag. 594 vol. III). Lo studio sui movimenti delle truppe nelle provincie napoletane insegnerebbe a chiunque la inettezza dei comandanti; ed i briganti, che di ciò si accorsero a tempo, schernirono chi li perseguitava (pag. 595 del terzo volume). Il motivo principale per il quale l'opera dell'Oddo è tanto voluminosa consiste principalmente nel fatto che in essa sono stati inseriti tantissimi documenti di varia provenienza. Di essi però, anche se per la maggior parte fra virgolette, non viene citata la fonte. Come non esistono note e bibliografia alcuna. I pochi fatti di brigantaggio presenti nei volumi sono tratti e copiati quasi tutti (come lo stesso Oddo però fa notare) dall'opera di Alessandro Bianco di Saint-Jorioz " Il Brigantaggio alla frontiera pontificia", che in quegli stessi anni veniva pubblicata. Nel volume secondo viene trascritto l'intero diario di Borges, per ben 58 pagine (279-337). I tre volumi furono pubblicati in Milano dall'editore Scorza Di Nicola quando i fatti di brigantaggio ancora avvenivano, rispettivamente il primo nel 1863, il secondo nel 1864, il terzo nel 1865. Le Edizioni Libreria Dante & Descartes di Napoli hanno ristampato anastaticamente l'opera nel 1977, raccogliendola in cofanetto in 499 copie numerate. Nutro qualche perplessità sulla bontà e utilità di questa operazione.
Giacomo Oddo, Il Brigantaggio o l'Italia dopo la dittatura di Garibaldi, Edizioni Libreria Dante & Descartes, Napoli 1997, tre volumi in cofanetto, pp. 602 - 600 - 598, ristampa anastatica dell'edizione di Milano 1863/1865 presso Giuseppe Scorza Di Nicola Editore
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