Famiglia LaCapa, per quanto sarebbe bello fosse al centro di un buco nero lontano da tutto e da tutti, ha un universo, attorno. I vicini di casa, si sa, non te li scegli, e sono un campionario di umanità, un catalogo di stranezze, un bestiario complesso e articolato.
All’ultimo piano, ad esempio, abita la Porca Assassina. Il primo a chiamarla così fu un mio compagno di classe del ginnasio: era passato a trovarmi sotto casa, parlavamo del più e del meno, quando lui ha spalancato le mascelle e ha iniziato a sbavare. Mi sono voltata e lei stava rientrando, con un paio di pantaloni bianchi e un perizoma nero che evidenziava le rotondità dei glutei perfetti. La Porca Assassina fa la fotomodella ed è bellissima: ha un fisico che lèvati, due occhi verdi e grandi, la carnagione olivastra e le labbra rosse rosse pure senza rossetto. Peccato che non abbia la più pallida idea di cosa sia un congiuntivo, perché alle acrobazie della lingua italiana ha sempre preferito quelle sui cubi delle discoteche.
Il fratello della Porca Assassina è tutto un programma pure lui: si chiama Microcriminale e non si capisce come possa avere una sorella così bella, lui che sembra Ceccherini con i brufoli. Però è uno che ha delle passioni, e si vede. Tipo, gli piacciono i motorini. Quelli degli altri.
Capita spesso di vederlo sotto casa LaCapa in sella a modelli di ciclomotore sempre diversi. Lui arriva, si nasconde tra un paio di macchine, recupera la sua cassetta degli attrezzi e li smonta. A sera, la targa è sparita non si sa dove e del mezzo a due ruote è rimasto solo il ricordo, una marmitta invenduta e uno specchietto retrovisore che può sempre far comodo.
Però è educato come pochi altri ragazzi io abbia mai conosciuto: non c’è una volta che non mi saluti se passo, sporco di grasso e impegnato a smontare una batteria. Mi fa un cenno col cacciavite e sorride.
Nell’appartamento di fronte al mio abita il Tassinaro, che lava il suo taxi tutti i giorni, per un paio d’ore al giorno, compreso il fine settimana. Ha due figli pestiferi ed è balbuziente, però le bestemmie gli vengono così bene che tutto il palazzo si affaccia a salutarlo, quando le grida. Con le parolacce, poi, è un maestro, e ne indirizza di varie ed efficienti ai due mostri della natura che sua moglie ha partorito. Uno ha quattordici anni e l’altro dieci e il primo e unico gioco che hanno mai imparato è “Suona il citofono di Casa LaCapa e poi scappa”. Non è che suonano anche agli altri, solo a noi, perché Madre dà loro tanta soddisfazione quando esce di casa col piglio della gattara dei Simpson urlando che la maleducazione, signoramia, la maleducazione.
Poi c’è la Giocatrice. È una donna sulla sessantina, proprietaria di un’edicola, che gioca al Lotto e al Superenalotto tutti gli incassi di ogni mese. Sistemoni e compagnia bella le fanno un baffo, lei fa un calcolo delle probabilità tutto suo, ed è infallibile, infatti perde sempre. Poi non paga la mensilità del condominio e manda suo marito a scusarsi con l’amministratore, perché c’è crisi e la gente non compra più niente, e neanche i ragazzini fanno più la collezione delle figurine. Lui ha la faccia contrita e lei, invece, la incontro al Tabacchi quando vado a comprare le sigarette: «Mi dia dieci gratta e vinci da cinque euro, per piacere. Ché oggi me lo sento, vinco sicuro».
Un altro degno di nota è lo Sportivo. Ultimo piano pure lui, appartamento di fronte quello di Porca Assassina e Microcriminale. È un ragazzo normalissimo, mio coetaneo, oggettivamente bello. Fisico da calciatore, militante in un campionato dilettanti, sono riuscita a trovargli solo due difetti: gli piace Lady Gaga e ha una fidanzata.
Ma non è una fidanzata normale, è una fidanzata di quelle con l’acca alla fine del nome. Non me ne vogliano le varie Sarah, Bernardah, Samantah eccetera eccetera: non è un fatto meramente consonantico, è uno stile di vita. La acca alla fine del nome diventa uno status symbol, qualcosa che decide come ti devi comportare e perché.
Carina è carina, la Fidanzata Con La Acca, però ha quel vizio che spesso hanno le femmine e che, a mio modesto avviso, le rende insopportabili: è una rompicoglioni.
Ma non una rompicoglioni normale, una rompicoglioni epica, una rompicoglioni di quelle che io mi domando, ogni volta, come facciano ad avere un fidanzato.
Sportivo va agli allenamenti della sua squadra tutti i giorni. Alle quattordici, con il pranzo ancora da finire, corre per le scale col borsone mezzo aperto perché è in ritardo e il mister poi non lo fa giocare. Torna un paio d’ore dopo, e si trascina fino al quinto piano di uno stabile vecchio e senza ascensore, il mio. Immagino si faccia una doccia e guardi un po’ di televisione, prima di crollare addormentato sul letto, esausto.
Fidanzata Con La Acca, tutti i giorni alle diciotto in punto, citofona. Lui non risponde mai, sempre in coma profondo, così a scoprire che trattasi di lei è, generalmente, la madre di lui.
«Signora, sono Fidanzata Con La Acca, Sportivo c’è?», domanda.
«Ciao tesoro. Sportivo dorme, mi dispiace svegliarlo, perché non passi più tardi?», risponde la donna.
«Okay, a dopo».
Fidanzata Con La Acca, ogni volta, prende il cellulare e telefona a Sportivo. Dopo un’attesa variabile, lei è contenta.
«Amore mio, ma stavi dormendo? Non ti avrò mica svegliato, vero?», fa lei, con voce stridula.
«Niente, volevo solo sentirti un pochino, sapere che stai facendo, se avessi saputo che dormivi non ti avrei mai chiamato».
Chiacchierano un po’, quindi chiudono. E lei citofona di nuovo.
«Signora, sono Fidanzata Con La Acca, Sportivo si è svegliato?».
Di solito, Sportivo e Fidanzata Con La Acca finiscono per litigare furiosamente attraverso il citofono, si urlano reciprocamente le peggiori nefandezze, lei insinua che lui abbia un’altra con la quale va ad allenarsi in uno sport diverso dal calcio, lui sbotta e la lascia a parlare con uno strumento muto. Lei resta una decina di minuti, piange e se ne va col motorino. Mezz’ora dopo, torna.
«Signora, sono Fidanzata Con La Acca, le dispiacerebbe dire a Sportivo che se non scende lo uccido strappandogli tutti i peli del petto, delle gambe e del pube con una pinzetta?».
Come le coppie più affiatate, fanno pace. Tanto, il giorno dopo è uguale, perché alle buone abitudini è difficile rinunciare.