Magazine Cultura

Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini

Creato il 12 aprile 2012 da Nasreen @SognandoLeggend

Il cacciatore di aquiloni di Khaled HosseiniKhaled Hosseini è uno scrittore e medico statunitense. Di origine afgana, pashtun, è nato a Kabul il 4 marzo 1965, dove ha vissuto la sua infanzia. Dal 1980 vive negli Stati Uniti. È l’autore del libro campione di vendite Il cacciatore di aquiloni del 2004; nel 2007 ha pubblicato il suo nuovo libro intitolato Mille splendidi soli che, solo in Italia, ha venduto più di un milione di copie. 

La casa di produzione di Steven Spielberg, DreamWorks, ha acquistato i diritti di entrambi i romanzi per trarne dei film.

Sito italiano: http://www.hosseini.it/
Sito della fondazione Khaled Hosseini:
http://www.khaledhosseinifoundation.org/

 

Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini
Titolo: Il cacciatore di aquiloni
Autore: Khaled Hosseini
Serie: //
Edito da: Piemme
Prezzo: 12,00 €
Genere: Romanzo, Narrativa, Storico
Pagine: 350 p.
Voto:
Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini

Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini
Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini
Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini

Trama:In trent’anni di storia Afgana, dalla fine della monarchia all’invasione russa, dal regime dei Talebani fino ai giorni nostri, le storie di due amici d’infanzia si intrecciano fino alla scoperta della verità. Amir è un giovane pashtun di famiglia agiata, uno dei pochi a possedere abiti americani, ma anche l’unico ad avere come migliore amico il suo servo hazara (etnia ritenuta inferiore). Amir e Hassan sono inseparabili, per loro la razza non conta, uniti dalla passione per i film americani proiettati nei teatri, ma soprattutto dall’amore per gli aquiloni. È il giorno della tradizionale gara degli aquiloni a Kabul, la città è in festa e in cielo ne volano numerosi, ma a spuntarla sono loro due, rimasti uniti per la vittoria fino alla fine. In questo giorno di grande felicità, in un vicolo accadrà qualcosa che sconvolgerà la vita dei due protagonisti, qualcosa che spezzerà il loro rapporto per sempre, e che solo il tempo riuscirà a recuperare. Amir, costretto dall’invasione russa, ancora poco più che un bambino, si trasferirà con il padre Baba negli Stati Uniti. A San Francisco le cose cambieranno, Baba dovrà sudare per raggiungere una stabilità economica, ma il rapporto con suo figlio diventerà profondo e sincero. L’ormai ex-bambino Amir, diventato un giovane scrittore di romanzi, riceverà una telefonata da Rahim Khan, un vecchio amico di suo padre. Questa telefonata simboleggerà l’inizio di un lungo viaggio e Amir sarà costretto a fare ritorno nel paese dal quale era fuggito. Giunto in Afghanistan, dovrà confrontarsi con una tormentata amicizia d’infanzia che tornerà a chiamarlo, con un passato che non l’ha mai abbandonato, con una Kabul profondamente cambiata dal regime Talebano. Dovrà partire e tornare a casa, per curare le ferite mai rimarginate, per saldare i conti con i propri errori mai espiati. Ad attenderlo nella “nuova” Kabul non ci saranno solo i fantasmi della sua coscienza, ma anche una scoperta sconvolgente, in una città violenta che lo metterà a dura prova. In questo posto, dove la normalità è diventata illegale e le donne animali, Amir inizierà a fare i conti con i suoi rimorsi, a scoprire le sue vere origini e ad avere finalmente dalla vita la possibilità di riscattarsi.

Recensione
di Erzsi

“Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.”

Amir, figlio del ricco commerciante Baba, vive col padre in una grande e lussuosa villa con il giardino. Amir non ha mai conosciuto suo madre, morta dandolo alla luce, cosa che Baba non ha mai effettivamente perdonato al figlio. La mancanza della figura materna è quasi compensata dalla presenza dei servi di Baba e Amir, Alì e suo figlio Hassan, di diversa etnia rispetto a loro. Alì e Hassan sono infatti degli hazara, a differenza dei loro padroni pashtun, e per questo considerati inferiori. E non solo in Afghanistan, dove è ambientato parte del romanzo: l’odio razziale è un triste, tristissimo fenomeno – se così si può definire – che ha contagiato, e continua a contagiare, tutto il mondo.

Ma Amir ha un difetto fisico che lo rende ancora più diverso agli occhi dei pashtun: il labbro leporino. Il padre di Amir, Baba, è molto legato al piccolo Hassan – cosa che scatena differenti volte la gelosia di Amir – e come regalo di compleanno regala al figlio del loro servo l’operazione chirurgica necessaria per sistemargli il labbro.

Mabel e Jack con Pruina
Baba, però, non è l’unico a nutrire un forte senso affettivo nei confronti di Hassan. Lui e Amir hanno quasi la stessa età, e per questo passano buona parte delle giornate insieme, cacciando aquiloni sia per divertimento personale sia nei tornei cittadini: il ricco Amir è il “pilota”, Hassan il suo “secondo”.

Ed è proprio grazie ad Hassan, chiamato da tutta la città “il più forte cacciatore di aquiloni”, che entrambi riescono a vincere il primo torneo all’età di 12 anni. I rocchetti degli aquiloni avversari vengono recisi, ma a causa del vento l’aquilone azzurro di Amir vola via. Hassan si offre prontamente per andarlo a riprendere, utilizzando poche parole che sono quasi impossibili da dimenticare: «Per te questo ed altro.»
Poche parole che narrano il profondo senso di attaccamento e di amicizia che Hassan prova nei confronti del suo quasi coetaneo Amir. Ma probabilmente è l’unico, a provare quei sentimenti.

Non vedendolo tornare con il suo aquilone azzurro, Amir va a cercarlo per le strade di Kabul. Si affanna per cercarlo: corre, chiede informazioni agli spettatori del torneo, guarda in alto per vedere se riesce a scorgere il tessuto azzurro. Finalmente trova Hassan, ed è pronto a sgridarlo per averci messo così tanto nel riprendere il suo aquilone, ma si blocca impietrito quando si accorge che il suo amico non è da solo.

È circondato da Assef e dalla sua banda razzista. Non è la prima volta che Hassan, la cui unica colpa inconsapevole è quella di essere solamente un hazara, è vittima degli scherzi e delle percosse – verbali e fisiche – di Assef. Hassan viene assalito, picchiato e stuprato da questa banda di ragazzini capeggiati da colui che Amir scoprirà, in futuro, essere diventato un capo dei talebani.

Amir assiste al fatto di nascosto ma non interviene per salvare il suo servo, non solo perché paralizzato dalla paura, ma soprattutto per timore di vedersi sfuggire l’aquilone, il trofeo con cui sperava di conquistare definitivamente la fiducia di suo padre. Dopo questo avvenimento, Amir si sentirà perciò in colpa e cercherà di troncare i rapporti con Hassan per evitare i rimorsi che la sua presenza gli provoca. E farà anche in modo di mandarlo via dalla propria casa, insieme a suo padre Alì, accusandolo di un furto ai propri danni che Amir stesso in realtà aveva simulato. Alì e Hassan non hanno altra scelta che accettare la decisione di Baba, andandosene da quella casa dove avevano sempre vissuto.
Ma Amir non sa che non li rivedrà mai più.

La narrazione prosegue con un salto temporale, più che necessario ai fini della trama, e il lettore si ritrova catapultato a San Francisco nel mondo contemporaneo.
Si ritrovano Baba ed Amir, improvvisati venditori in un mercatino delle pulci. È in quel mercatino che Amir conoscerà la sua futura moglie, Soraya, anch’essa afgana; coronerà la sua ambizione di divenire scrittore, pubblicando – con non poca fatica – diversi romanzi. In questa parte del romanzo la trama scorre abbastanza veloce; non si ha un conteggio lento degli anni che passano, ma più che altro una visione d’insieme: la parte americana del libro comincia dal 1981, quando Baba e Amir approdano in America, e arriva fino al 2001, ovvero l’anno in cui Amir riceve una telefonata che lo costringe a tornare nel suo Paese d’origine. Per cercare di rimediare ad un errore del passato.

snegurochka
Cosa dire di questo libro?
Innanzitutto, che è uno dei più belli che abbia mai avuto la possibilità di leggere. Non solo per l’ambientazione della storia in un Paese conosciuto, specie nei giovani, soprattutto per i fatti storici negativi, quindi realmente accaduti, che hanno segnato profondamente l’Afghanistan e le nazioni vicine – insomma, sappiamo tutti cosa è accaduto a partire dal settembre 2001, no? – . 

Prima di leggere Hosseini, ero quasi completamente ignorante riguardo le problematiche che il popolo afgano ha dovuto affrontare. L’invasione sovietica, che viene accennata nel libro; la guerra civile, se così si può definire, con la presa di posizione dei mujaheddin durante quella stessa invasione, e successivamente la creazione della fazione talebana, ramo derivante da quello dei mujaheddin.
I fatti storici, quei pochi accennati nel libro, rispecchiano in un modo quasi fedele la realtà; Hosseini è in grado di integrare perfettamente tra loro personaggi di fantasia e verità storica, riuscendo a catapultare l’attenzione del lettore all’interno del romanzo stesso. È come se i fatti narrati pagina dopo pagina prendessero vita e il lettore riuscisse a viverli in prima persona. 

Per quanto riguarda i fatti personali dei personaggi, Amir e Hassan, l’autore ha cercato di descriverli il più possibile reali. Ci sono tematiche abbastanza forti, come ad esempio la violenza fisica e psicologica, che vengono descritte in prima persona; ma Hosseini, narrando questo tipo di scene, non ci si sofferma più di tanto, come secondo me avrebbe dovuto invece fare, soprattutto per approfondire il lato psicologico dei personaggi. Ma alla fine è una cosa che ho apprezzato molto. Chi, insomma, vorrebbe sentire la cronaca minuto per minuto di una rissa, o di altro?

Lo stile narrativo utilizzato è colloquiale, i suoi libri si leggono con la stessa facilità tale con cui si parla magari ad un amico. L’inserimento di parole traslitterate della lingua afgana, che nei suoi libri sono inserite spesso, aiutano moltissimo il lettore a sentirsi maggiormente parte della storia raccontata. Forse, unico punto negativo dell’autore è il fatto che utilizza troppe virgole nella punteggiatura. Ma la punteggiatura sembra quasi un’inezia, quando si sta leggendo libri come Il cacciatore di aquiloni.

Consigliatissimo.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :