Sembra, e il condizionale è d’obbligo in questi casi, visto i numerosi studi che hanno demonizzato prima, e riabilitato poi, praticamente ogni alimento conosciuto, che ricercatori americani abbiano stabilito che le persone sotto i 55 anni che bevono più di 4 tazze di caffè al giorno hanno maggiore probabilità di morire precocemente; con un incremento addirittura del 50% della mortalità. La stessa sorte sarebbe invece risparmiata ai grandi consumatori di caffè sopra i 55 anni. Questo almeno secondo quanto sostenuto dalla rivista Mayo Clinic Proceedings, notizia riportata poi dal Telegraph.
Per la ricerca sono state analizzate circa 45 mila persone tra il 1979 e il 1998, 2.512 delle quali sono morte e nel 32% dei casi si trattava di malattie cardiovascolari. Ma il dato che a me sembra più significativo è che chi consuma una maggiore quantità di caffè, sia uomini che donne, è più propenso a fumare e quindi ha una capacità cardiorespiratoria inferiore. Nel dettaglio, chi ha un rischio di mortalità più alto sono i più giovani, almeno per quelli superano la soglia delle 28 tazze a settimana. Il dottor Steven Blair della University of South Carolina sostiene però che “i risultati ottenuti non rivelano alcuna relazione tra il consumo di caffè e il tasso di mortalità tra uomini e donne. E’ anche importante notare che la quantità di caffè bevuta non ha avuto effetti significativi sul tasso di mortalità dovuto a malattie cardiovascolari”. Blair ha concluso poi dicendo che il caffè è una miscela complessa di migliaia di componenti, tra i quali vi sono degli antiossidanti che possono portare benefici, ma può anche stimolare il rilascio di adrenalina, inibire l’attività dell’insulina e aumentare la pressione sanguigna. In pratica il solito controverso studio, che ho idea sarà smentito alla prossima analisi dei dati, magari commissionata da un’industria del caffè, stavolta.
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