Massimiliano Diaco racconta la guarigione del padre affetto da metastasi al cervello
“Non so se sono completamente guarito. Ma una cosa sicuramente posso dirla: mi sento benissimo”
Chi c’era a Be4eat 2013 lo ricorda bene. Occhi lucidi e voce rotta per l’emozione, Antonio Diaco e suo figlio Massimiliano sono andati diritti al cuore. E lì ci sono rimasti. Perché la loro storia inizia come tante altre in Italia e raccontarla, nel suo epilogo, fa bene. Fa bene a chi la dice. Ma soprattutto, fa bene a chi l’ascolta.
“Non sai mai a chi può arrivare la tua storia” sottolinea Massimiliano. “E’ per questo che ho convinto mio padre a salire sul palco a Vicenza: per ridare una speranza a chi non ne ha più. E per dirgli di non smettere mai di combattere, perché una soluzione può esserci, solo che bisogna faticare per ottenerla”.
39 anni, un lavoro come consulente informatico a Milano, Massimiliano di cose da dire ne ha. E molte. Soprattutto da quando, due anni fa, la sua vita si è stravolta a seguito dell’ennesima diagnosi di tumore ai danni di suo padre.
“E’ il mio lavoro. Sono consulente informatico. Cercare su google una spiegazione a tutto ciò che ci stava accadendo mi è sembrata l’azione più logica. Da allora non ho più smesso di cercare”.
La testimonianza di tuo padre è stata toccante. So che non voleva venire e che si sentiva in imbarazzo a raccontare la sua storia…
“Mio padre è sempre stato molto riservato e parlare su un palco a più di 700 persone lo imbarazzava tantissimo. Ma mi ha voluto accontentare perché ne ha capito l’importanza. E poi mi ha confidato che mi deve un favore…”.
Effettivamente qualcuno potrebbe dire che la tua presenza è stata, per fortuna, piuttosto “ingombrante”…
“Lo ammetto. Sono stato pressante. Ma agivo solo nel suo interesse. Dopo le prime due diagnosi di tumore e la chemioterapia successiva non riuscivo a capire come poter affrontare anche il terzo round. E lui era ancora più stanco e spaventato di me.”
Raccontaci con calma.
“Mio padre aveva 57 anni quando gli diagnosticarono il primo tumore al polmone destro. Eravamo tutti fiduciosi: i medici dopo l’intervento dissero che il polmone risultava pulito e che quindi non c’era bisogno di sottoporsi a chemioterapia. Nel corso degli accertamenti pre-operatori avevano riscontrato un infarto ai danni del cuore a causa di una disfunzione alla valvola mitralica di cui nessuno sapeva nulla. Una volta aggiustata anche questa, l’hanno rilasciato con la raccomandazione di non fumare più. E così è stato. Mio padre non ha più toccato una sigaretta. E tutto sembrava andare per il meglio, fino al 2009 quando da un controllo risultò un’altra massa tumorale sul polmone sinistro”.
Questa volta, però, la chemioterapia c’è stata…
“Dopo il secondo intervento, un ciclo di chemioterapia è stata d’obbligo. E sul principio ha funzionato. Ciò che tuttavia mi sorprendeva è che nei controlli successivi all’intervento e alla terapia non ci fossero dei consigli o delle indicazioni terapeutiche per evitare che il cancro si ripresentasse una terza volta. Cosa potevamo fare per non trovarci ancora in questa situazione? Cosa stavamo sbagliando? Niente. Nessuno sapeva risponderci”.
Fino al 2011.
“Era giugno e c’era un caldo infernale. Così, dal nulla, mio padre inizia a stare malissimo. Chiamiamo l’ambulanza e al pronto soccorso ci dicono che è solo un colpo di calore e che non c’è nulla di grave. Ma il giorno dopo le cose non stavano proprio così. Mio padre si muoveva in modo strano e parlava molto lentamente. Così ho aperto google: volevo sapere cosa stava succedendo e perché. La mia ricerca mi ha portato dritto da un neurologo, il dr. Paolo Rege-Gianas, che con una TAC ha delimitato una massa tumorale di origine metastatica nella zona del parlato. L’operazione risultava impossibile e mio padre è stato indirizzato ad una radioterapia mirata per rimpicciolire il cancro. Dentro di me, tuttavia, ribollivo di domande senza risposta”.
E’ qui che ha avuto inizio la tua lunga ricerca.
“Una ricerca che ancora continua e che, penso, non terminerà mai. Avevo due possibilità davanti a me: affidarmi per la terza volta al sistema o cercare una via alternativa, sperando in un risultato diverso. Ho scelto quest’ultima strada e per fortuna posso dire che ha funzionato. Ma non è stato tutto rose e viole…”
Convincere tuo padre penso sia stata la parte più dura.
“In principio ho dovuto insistere un bel po’. Del resto era lui stesso a non voler più sottoporsi alla chemioterapia che i medici gli avevano consigliato. Quindi una via alternativa andava trovata e la mia ricerca inseguiva solo chi in questa guerra per la vita aveva avuto successo: non volevo teorie. Solo pratica e risultato. E’ così che sono incappato prima nel video di “A delicate balance” e successivamente nel video “Le cure proibite del cancro”: il centro di tutto era l’alimentazione. E io volevo saperne di più.”
Cosa ha convinto tuo padre a seguirti?
“All’inizio nulla in realtà. Decisi di cambiare per primo la mia alimentazione in modo da riscontrare su me stesso i benefici di questa scelta, ma il mio esempio non smuoveva di un millimetro mio padre che continuava a mangiare come aveva sempre fatto e mi seguiva di malavoglia nelle diverse conferenze mediche cui lo trascinavo. Fino a quando nel novembre del 2011 lo convinsi a partecipare ad un seminario del dr. Young a Firenze. Qui gli è stato fatto sul momento un esame del sangue (si è offerto volontario) e il professore americano gli prescrisse di bere 6 litri di acqua ionizzata alcalina al giorno e di seguire strettamente l’alimentazione raccomandata nel suo libro “Il miracolo del PH alcalino”. Non so cosa sia scattato e perché. Ma all’uscita da quella conferenza mio padre è capitolato e ha accettato di seguirmi per le 12 settimane necessarie al trattamento. Non una in più, ma neanche una in meno. E da quel momento la nostra vita è cambiata completamente”.
Tutta la famiglia ha iniziato a seguire un nuovo stile alimentare…
“Tutti. Mio padre, mia madre ed io. Abbiamo chiesto al dr. Rege-Gianas, oggi divenuto un nostro grande amico, di seguirci. E abbiamo interpellato la dottoressa Michela De Petris, dietologa ed esperta nella terapia nutrizionale del paziente oncologico a Milano, oltre ovviamente al sostegno di Rocco Palmisano, naturopata e iridologo che ha curato la pubblicazione in Italia del libro del dr. Young. In poco tempo avevamo così il nostro estrattore e la nostra dieta per i primi 3 mesi. Ci siamo sottoposti a 5 sessioni di idrocolon-terapia e ci siamo attenuti uno ad uno a tutti i principi esposti sul libro. All’inizio non è stato facile, lo ammetto. L’abitudine è dura a morire. E nutrirsi di estratti di verdure verdi ricche di clorofilla e litri di acqua ionizzata alcalina per i primi giorni può sembrare strano e poco credibile. Ma con il passare dei giorni ci sentivamo tutti sempre meglio e sempre più in forze. Io ho continuato a lavorare e devo ammettere che mi sentivo benissimo. In casa facevamo a gara a chi la mattina aveva la saliva e l’urina più alcalina, e abbiamo imparato a giocare un po’ con una terapia che in principio era tutto meno che usuale. Poco prima della fine delle 12 settimane, nel corso di una visita di controllo, il risultato fu incredibile: la massa tumorale di mio padre si era ridotta a poco più di un puntino ed oggi, a distanza di un anno, il neurologo conferma che non c’è più. Il cancro è stato assorbito e lo si può vedere dalle sue lastre. Mio padre ha smesso la pastiglia per la pressione, ha tolto quella per le crisi epilettiche e sta bene. Anzi, sta benissimo. Si è iscritto ad un corso di cucina naturale vegan-macro-bio e oggi ha preso il diploma di cuoco. Insieme costruiamo e inventiamo piatti, a metà tra il crudo e il cotto. Ci divertiamo a sperimentare insieme nuovi gusti e nuove combinazioni. E la nostra vita è cambiata completamente”.
Da come parli, tuttavia, mi sembra di capire che la guarigione di tuo padre sia solo uno dei tanti risultati ottenuti in questi due anni?
“Combattere insieme, a tu per tu con mio padre, mi ha cambiato. Ci ha cambiati. Ci ha reso più forti, più uniti. Ma soprattutto ci ha dato un sogno: quello di continuare questa ricerca aiutando più persone possibili. Per questo stiamo lavorando insieme al dr. Rege-Gianas per costruire in Italia un centro capace di unire tutte queste scoperte, terapie e consigli alimentari in vista della salute e della prevenzione. I lavori sono solo all’inizio. Ma non demordo.”
Hai un messaggio per chi ti sta leggendo?
“Di non mollare mai. Di diffidare da ciò che è semplice e di non smettete mai di combattere: una speranza c’è sempre. Bisogna solo impegnarsi per ottenerla”.