Il canto del ribelle
di Joanne Harris
Titolo: Il canto del ribelleAutore: Joanne Harris (Traduttore: L. Grandi)
Serie: //
Edito da: Garzanti
Prezzo: 16.90 €
Genere: Fantasy
Pagine: 319 p.
Trama: Per Loki, il dio delle fiamme, intelligente, affascinante, ingannatore, spiritoso, l’accoglienza ad Asgard non è delle migliori. Nella città dorata che s’innalza nel cielo in fondo al Ponte dell’Arcobaleno, dove vivono le donne e gli uomini che si sono proclamati dèi, tutti diffidano di lui, che ha nelle vene il sangue dei demoni. Malgrado la protezione di Odino, Loki ad Asgard continua a non essere amato: quello è il regno della perfezione, dell’ordine, della legge imposta. Entrare definitivamente nella schiera delle divinità più importanti, per lui, è impossibile: non solo gli viene impedito, è la sua stessa natura ribelle a impedirglielo. Ma arriva il momento della sua riscossa. Il mondo delle divinità è agli sgoccioli, una profezia ne ha proclamato la fine imminente. E Loki potrà mettere le sue capacità al servizio di Asgard e dei suoi abitanti. È lui che si adopera, con la sua astuzia, per trarre in salvo Thor e compagni. Ma gli dèi sono capricciosi, volubili e di certo non più leali di Loki. Adesso è giunta per lui l’ora di decidere da che parte stare, chi difendere e contro chi muovere battaglia. E di scoprire se i suoi poteri e la sua astuzia possono davvero salvarlo dalla fine che minaccia i Mondi e le creature, umane e divine, che li abitano. Joanne Harris ci porta nelle atmosfere piene di fascino della mitologia nordica: le divinità buone e cattive, i popoli in lotta tra loro, le forze oscure, le città fantastiche e le battaglie sanguinose. Protagonista assoluto è Loki…
di MissMarilux
Il canto del ribelle è l’ultima fatica di Joanne Harris, prolifica autrice nota ai più per Chocolat, libro da cui fu tratto l’omonimo film con Johnny Deep, Juliette Binoche ed Alfred Molina. Devo dire di non aver mai letto altro di questa autrice, mi ero sempre ripromessa di prendere Chocolat poiché avevo trovato il film molto bello ed interessante, ma non so perché, ogni volta che andavo in libreria c’era sempre qualche altro volume che catturava la mia attenzione. Lasciavo cosi ogni volta Chocolat sullo scaffale. Ad oggi ringrazio il cielo sia andata in tal modo. Il mio sesto senso deve aver intuito qualcosa e mi ha risparmiato cosi una amara delusione.
Partiamo subito con il dire che io speravo molto in questo libro. Adoro le divinità norrene, ho letto diversi saggi sù di esse, ho fatto più di qualche ricerca online, per farla breve posso dire di avere una certa passione per questa mitologia.
La Harris ovviamente cerca di rielaborare il tutto in una chiave moderna, riprende l’Edda in poesia ed in prosa (e cosi tutti i miti con i momenti più salienti della vita degli Dei) e cerca di darci la sua personale visione della storia; a parlare è Loki, definito la Vergogna degli Asi, egli è l’unico narratore della storia. E mi duole dirlo ma il tutto è un tentativo miseramente fallito. Mentre lo si legge, la caratterizzazione di un Dio come Loki fa acqua da tutte le parti. Sembra di assistere alle lagne di un adolescente, un ragazzetto brufoloso, curioso ed impertinente. La Harris più che prendere i tratti del Dio dalle varie fonti dell’Europa Fredda, sembra basarsi sul buffone che la Marvel ci ha presentato, il Loki di Tom Hiddleston insomma. E no, non ci siamo proprio.Mi va bene che ci siano delle licenze poetiche sulle varie storie, mi va bene che Loki spesso ribattezzi Dei e personaggi vari con soprannomi o nomi più moderni (leggere i Nomi in islandese antico può essere davvero pesante), ma stravolgere le divinità rendendole ridicole proprio non lo accetto.
E’ più forte di me. Parliamo dei tre personaggi principali, ovvero Odino (il Vecchio), Thor (il Tuono) e Loki (il Dio dell’inganno).Odino è il padre degli dei, una sorta di Zeus nordico; al contrario di Giove, però, Odino è onnipotente ed onnisciente, con il dono dell’ubiquità (ed una serie di altre infinite capacità). Insomma una divinità con la quale è meglio non scherzare. La Harris che fa? Lo tratta come un personaggio di poco conto, Odino c’è sempre, è il tormento di Loki, la sua spina nel fianco, il suo fratello di sangue che l’ha tradito, ma non viene mai approfondito; i suoi poteri, le sue gesta, la sua epicità, SCORDATEVELA.
Thor è il solito idiota, esattamente come per la Marvel, è un cretino fatto e finito. La Harris a mala pena cita il suo martello Mjöllnir ma dimentica clamorosamente il sacro carro dei capri con il quale Thor può viaggiare per i nove mondi, anzi le sue capre Tanngnjóstr e Tanngrisnir vengono citate di sfuggita come fossero due animaletti buttati là, giusti per uno stufato (quando invece esse sono animali sacri e magici, Thor poteva cibarsene in ogni viaggio ma doveva conservarne la pelle e le ossa. All’arrivo del Sole, Il Dio doveva ricomporre le ossa e la pelle e le capre si sarebbero rigenerate all’istante, permettendo al Tuono di rimettersi sul suo carro per la prossima lotta contro i giganti).Quanto a Loki, ho già anticipato il problema. Loki nella mitologia è una divinità molto particolare,
intelligente, astuto, macchinatore, demoniaco. Ma in alcuni culti ha anche caratteristiche positive, salva gli dei dai pericoli, è divertente, insomma un Buffone simpatico. Qui è un adolescente, perennemente arrapato ed incazzato. Ci stordisce parlando di quanto siano belle le sensazioni umane come il sesso ed il cibo (tranne le torte di frutta di sua moglie Sigyn. Si avete letto bene, Loki si lamenta delle torte della moglie. Ah si lamenta anche delle sue camicie di flanella quando fanno l’amore …), si lagna di come Odino & company lo trattano, si lamenta ogni minuto di qualsiasi cosa. E’ insopportabile.Il momento migliore della narrazione però, viene raggiunto con l’arrivo del Ragnarǫk, la caduta degli Dei. Yggdrasill, il frassino cosmisco su cui poggia tutto, si sta seccando, le foglie cadono, e gli dei Devono morire. Nella Mitologia nordica ogni mondo ha un inizio ed una fine, un ciclo chiuso invalicabile. Anche in questo libro avviene ciò, ed è forse la parte più ben costruita dell’opera. C’è fuoco, sangue, una battaglia demoniaca, gli dei cadono, Asgard stessa cade. Meraviglioso?Ehmm no.
E’ un peccato che il tutto duri troppo poco rispetto ai panegirici mentali di Loki sulle camicie di flanella di Sigyn. Insomma il contenuto è un disastro.
Quanto allo stile ed al linguaggio scelto dalla Harris, beh… AIUTO! La frase che Loki cita ogni 3×2 è “e allora sparatemi!” Wat?! Il Dio dell’inganno parla come un teenager americano qualsiasi, viene privato quindi dello spessore che dovrebbe contraddistiguere una Divinità. Ma perché’?!
Scelta assurda. Inoltre la Harris sembra avere fretta, i vari episodi (stravolti dalla sua mente malata) scorrono troppo velocemente; se il lettore è a digiuno da certi nomi, troverà non poca difficoltà nel memorizzare tutto e tutti. Insomma sembra di leggere una lista della spesa di Asgard!In conclusione il libro è un grande NO. La Harris con me ha chiuso, mai più un suo mattone!
Ps: Sleipnir, il cavallo ad 8 zampe figlio di Loki e destriero di Odino, è uno splendido stallone GRIGIO. La Harris lo dipinge come color fragola in onore ai capelli rossi del padre, ma che davvero? Boh!