I Canti di Leopardi nella lista dei 100 notable books of 2011 del New York Times
Scorrendo la lista dei 100 libri più notevoli usciti in America nel 2011, pubblicata un paio di giorni fa dal New York Times non possiamo certo stupirci nel trovare l’ultimo romanzo kennediano di Stephen King o l’attesissimo 1Q84 di Murakami, o ancora il Re Pallido, primo inedito postumo di David Foster Wallace (primo, ci scommettiamo, di una lunga serie).
Quello di cui non possiamo non stupirci, in effetti, è un altro piccolo dettaglio. Al sesto posto della lista dei top libri del 2011 appare infatti un italiano. E non si tratta di Roberto Saviano, fresco fresco di apparizione a Zuccotti Park, e neppure di una ristampa di Italo Calvino, idolatrato negli States da quelle Lezioni Americane censurate dalla morte prematura, né di Baricco, di Eco o di Faletti. Si tratta di Leopardi.
Si, avete capito bene: Giacomo Leopardi, il poeta e l’intellettuale più avanti che l’Italia abbia mai avuto e, nello stesso tempo, lo scrittore meno letto e più scolasticamente odiato da generazioni intere di italiani. Ad apparire nella toplist del NYT è una traduzione dei Canti, ritenuta talmente importante da meritare un cappello del genere: “With this English translation, Leopardi may at last become as important to American literature as Rilke or Baudelaire”.