Il Canto di Natale di Ken Parker, prima della fine

Creato il 07 aprile 2015 da Chemako @chemako71

Canto di Natale ha rappresentato una speranza, anzi di più, una certezza per noi lettori. Dopo oltre quindici anni Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo davano alle stampe un episodio inedito di Ken Parker. I due creatori del personaggio presero a prestito un titolo dickensiano per regalarci una storia contenuta all'interno di un lussuoso (e costoso) portfolio di dodici tavole a colori e di grande formato, pubblicato da Spazio Corto Maltese Edizioni. Lucca Comics & Games del 2013 fu la cornice ideale per presentare questa piccola perla, e per annunciare che l'umana avventura di Lungo Fucile avrebbe finalmente avuto un termine. Nella primavera successiva, infatti, Mondadori varò la collana settimanale Ken Parker, con l'intento di riproporre l'intera saga del biondo trapper, riveduta e corretta dagli autori stessi. Quarantanove volumi si sono succeduti fino ad oggi, permettendo ai vecchi lettori come me di cavalcare ancora insieme a Ken lungo le piste che conoscevamo bene. È stato un viaggio affascinante che ci ha portati a pochi giorni dalla pubblicazione di Fin dove arriva il mattino, l'episodio finale, la storia inedita, il cinquantesimo volume conclusivo della collana. Venerdì 10 aprile 2015 le edicole, le fumetterie e le librerie distribuiranno l'ultima storia di Ken. Sappiamo già che è ambientata in Montana nel 1908, sappiamo che Ken è libero e che il suo viso mostra i segni degli oltre sessant'anni trascorsi.
È un sollievo saperlo fuori da quel mondo carcerario in cui, invece, Canto di Natale lo vede sempre recluso. Ancora una storia senza speranza, quella raccontata da Berardi e Milazzo nelle dodici tavole del 2013, oggi ripubblicate da Mondadori nel volume numero 49 della collana, intitolato La grande avventura - parte seconda. Le mura delle prigioni di stato del Montana nascondono una storia di violenta e crudele sopraffazione da parte di Finney, una guardia carceraria, ai danni di Lyle, un detenuto compagno di Ken. Successivamente alla morte di Lyle, Ken e gli altri reclusi decidono di reagire. Le voci del coro dei galeotti, costretti dal direttore del penitenziario ad intonare il canto natalizio Silent night, coprono le urla di Finney, vittima della vendetta dei detenuti. Ken si rende corresponsabile di un omicidio premeditato, contraddicendo quindi i propri ideali. Ma Ken è un uomo, e sta vivendo all'interno di un universo dove non esistono regole civili, dove vige solo il sopruso e l'arbitrio del più forte nei confronti del più debole. E Ken, in quanto debole, deve quindi difendersi, deve tutelare se stesso e quelli come lui. L'omicidio di Finney è dettato certamente dalla rabbia violenta e dal desiderio di vendetta. Ma è nello stesso tempo un atto di difesa, di protezione della propria vita, di dimostrazione della propria capacità di reazione, del proprio istinto di sopravvivenza. E' un atto sì calcolato e progettato con la ragione, ma è figlio dell'istinto. Il tratto espressionistico di Milazzo, qui ancora più sporco, è tutt'uno con la narrazione. La fusione del disegno con il mood nero della storia è massimo. La luce si apre solo nella tavola finale, quando Ken e compagni raccontano una pietosa menzogna alla vedova di Lyle circa le cause della sua morte. Nell'ultima vignetta, nelle lacrime di Ken che stringe fra le braccia la figlia neonata di Lyle, nelle parole che pronuncia "È tanto tempo... tanto tempo...", ritroviamo tutta la sua umanità. Dopo tanto tempo e tanti episodi di violenza e disumanità, Ken tiene in mano qualcosa di pulito, di innocente, un germe di speranza e di fiducia verso l'uomo. E le lacrime non possono che sgorgare, tanto in lui, quanto in noi.

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