Virzì ci mostra il suo lato oscuro. Ed è notevole
Ritratto amaro e arrogante dell’Italia dell’alta finanza, Il capitale umano (2013) è il film più oscuro di Virzì, che rilegge (in chiave italica) il romanzo di Stephen Amidon senza travisarne il senso.
È piena notte e in un paese della Brianza un cameriere di un catering sta tornando a casa in bicicletta. Purtroppo la sua corsa finisce in un fosso vicino alla strada a causa di un SUV. Questo è l’avvenimento che permette a Virzì di tracciare il ritratto desolante delle famiglie Bernaschi e Ossola.
È un affresco doloroso, cupo e avvilente quello che disegna Virzì, che si trasferisce nella Brianza per esibire i mali di una generazione che sta distruggendo il futuro del proprio paese e quello dei propri figli. Ciò che fuoriesce da Il capitale umano è la perenne e costante sensazione di nausea, che avvolge lo spettatore e lo accompagna all’interno di una vicenda nella quale frustrazione, ambizione e arroganza sono i reali capisaldi. Perché non esiste un personaggio positivo in Il capitale umano, che ostenta figure riconoscibili dell’Italia di oggi che sguazzano nella glacialità di un’ambientazione greve e opprimente. Difatti osserviamo l’arrivista capitano d’industria Bernaschi (interpretato da un lodevole Gifuni), il macchiettistico (e pesce piccolo) agente immobiliare Ossola (Bentivoglio) e l’accidiosa e priva di emozioni Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi). Tre caratteri dei quali viviamo le vicende (che si estendono nell’arco di un mese) e che trovano libero sfogo nei figli (Serena e Massimiliano, rispettivamente interpretati da Matilde Gioli e dal rivedibile Guglielmo Pinelli), che faticano a liberarsi dalle dorate (e dolorose) catene di una società malata. L’unica che prova a scansarsi dal cupo ritratto di Virzì è la moglie di Ossola (Valeria Golino), che però viene affrontata marginalmente e che di conseguenza non ricopre il ruolo della necessaria valvola di sfogo per lo spettatore. Difatti Virzì, calcando la mano sulla drammaticità del racconto (volontariamente), non salva nessuno dalla brutalità di un’Italia idealmente sull’orlo del burrone e priva di morale.
Ed è proprio la mancanza di morale che spaventa, perché lo spettatore prova allo stesso tempo repulsione e attrazione nei confronti di una vicenda talmente verosimile. Ma Virzì non si limita a tratteggiare rapporti umani, ma racchiude il tutto all’interno di una storia che si sviluppa a spezzoni, che esibisce i punti di vista di tutti i protagonisti per raggiungere l’agognata conclusione, che (aiutata da un colpo di scena) rimette insieme i pezzi di una tragedia.
Noir dai profondi significati antropologici, Il capitale umano è la cartina tornasole di un paese alla deriva e irrimediabilmente compromesso dalla generazione dei padri. Una pellicola che accresce progressivamente nella mente dello spettatore sgomento e angoscia. Un microcosmo tinteggiato da apparenza e ipocrisia, che (da anni) decidono pericolosamente le sorti del nostro futuro.
Uscita al cinema: 9 gennaio 2014
Voto: ****