Gli anni e i decenni passeranno: i giorni duri e sublimi che noi viviamo oggi appariranno lontani, ma generazioni intere si educheranno all'amore per il loro paese, all'amore per la libertà, allo spirito di devozione illimitata per la causa della redenzione umana sull'esempio dei mirabili garibaldini che scrivono oggi, col loro sangue rosso, le più belle pagine della storia italiana. Giovanni Pesce
Le parole del gappista Pesce colpiscono al cuore. Riportano quella speranza patriottica di giustizia sociale tradita dal sistema capitalistico e politico italiano. La stessa costituzione italiana viene giorno dopo giorno calpestata; i nostri nonni hanno lottato per un secondo risorgimento. L'apatia della mia generazione e di quelle precedenti hanno prodotto l'Italia che abbiamo sotto gli occhi. Un giorno il popolo forse si risveglierà. Oggi ricordiamo la lotta antifascista e il compagno Cascione.
Felice Cascione
Nato ad Imperia il 2 maggio 1918, morto in Val Pennavaira (Savona) il 27 gennaio 1944, medico chirurgo, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Attivo antifascista sin dal 1940, Cascione si era laureato a Bologna nel 1942. L'anno dopo, mentre stava crescendo la sua fama di medico sensibile e generoso, "U megu" (il dottore), fu alla testa, insieme alla madre, delle manifestazioni popolari ad Imperia per la caduta del fascismo. Ciò gli valse il carcere, governava Badoglio, sin quasi all'armistizio. Con l'8 settembre, raccolto con sé un piccolo numero di giovani, Cascione organizzò in località Magaletto Diano Castello la prima banda partigiana dell'Imperiese. Le azioni vittoriose contro gli occupanti e contro i fascisti si alternavano all'assistenza che quel giovane medico - "bello e vigoroso come un greco antico", com'ebbe a descriverlo Alessandro Natta - prestava ai montanari delle valli da Albenga ad Ormea.
Fu proprio la sua generosità di medico a tradire Cascione. In uno scontro con i fascisti, in quella che si ricorderà come "la battaglia di Montegrazie", i partigiani catturano un tenente e un milite della Brigate nere, tal Michele Dogliotti. I due prigionieri rappresentano un impaccio e, dopo un sommario processo, si decide di eliminarli. Interviene "U megu": "Ho studiato venti anni per salvare la vita di un uomo e ora voi volete che io permetta di uccidere? Teniamoli con noi e cerchiamo di fargli capire". Così i due fascisti seguono la banda in tutti i suoi spostamenti. Cascione si prende particolarmente cura di Dogliotti, che è piuttosto malandato, e divide con lui le coperte, il rancio, le sigarette. A chi diffida e tenta di metterlo sull'avviso replica: "Non è colpa di Dogliotti, se non ha avuto una madre che l'abbia saputo educare alla libertà". Passa circa un mese e il brigatista nero fugge. Pochi giorni dopo, Dogliotti guida alcune centinaia di nazifascisti verso le alture intorno ad Ormea, che sa occupate da unità garibaldine. All'alba la battaglia divampa dal versante di Nasino di Albenga. "U megu", con i suoi, tenta un colpo di mano per rifornirsi di munizioni. Il tentativo fallisce; Cascione, gravemente ferito, rifiuta ogni soccorso e tenta di coprire il ripiegamento dei suoi uomini. Ma due di loro non se la sentono di abbandonarlo e tornano indietro: Emiliano Mercati e Giuseppe Castellucci incappano nei fascisti. Mercati sfugge alla cattura; Castellucci, ferito, è selvaggiamente torturato perché dica dov'è il comandante. Cascione, quasi agonizzante, sente i lamenti del suo uomo seviziato, si solleva da terra e urla: "Il capo sono io!". Viene crivellato di colpi. Il 27 aprile 2003, sulle alture alle spalle di Albenga è stato inaugurato un monumento, dedicato alla pace e alla resistenza ligure, in memoria di Felice Cascione, che a suo tempo, tra l'altro, compose le parole dell'inno partigiano "Fischia il vento". La stele, opera donata dallo scultore tedesco Rainer Kriester, era stata sfregiata, tre giorni prima dell'inaugurazione, da neofascisti che avevano anche tentato inutilmente di scalzarla dalle fondamenta.
La storia del medico partigiano Felice Cascione pone in sè la questione dell'utilità della brutalità in battaglia e mostra il prezzo che si paga restando umani.
Fischia il vento e infuria la bufera,
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell'avvenir.
A conquistare...
Ogni contrada è patria del ribelle,
ogni donna a lui dona un sospir,
nella notte lo guidano le stelle,
forte il cuor e il braccio nel colpir.
Nella notte...
Se ci coglie la crudele morte,
dura vendetta verrà dal partigian;
ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile e traditor.
Ormai sicura...
Cessa il vento, calma è la bufera,
torna a casa il fiero partigian,
sventolando la rossa sua bandiera;
vittoriosi, al fin liberi siam!
Sventolando...
Testo: Felice Cascione
Musica: sul tema russo "Katiuscia"
Anno: 1944