Casualmente sul posto, un giornalista con le fattezze del grandissimo Tomas Milian si trova a cercare di risolvere un caso di cronaca nera che affligge un paesino della Lucania: un misterioso psicopatico ha ucciso tre bambini e i sospetti ricadono da un lato su una ricca signora di città interpretata da Barbara Bouchet, dall’altro su una donna accusata di stregoneria cui concede anima e corpo Florinda Bolkan.
Comprendente nel cast anche la Irene Papas di Z, l’orgia del potere (1969) e il Marc Porel visto in diversi poliziotteschi, da Uomini si nasce poliziotti si muore (1976) di Ruggero Deodato a Porci con la P.38 (1978) di Gianfranco Pagani, Non si sevizia un paperino (1972) rimane, senza alcun dubbio, la più alta vetta artistica raggiunta dal compianto Lucio Fulci, in seguito amatissimo dai fan dello splatter grazie a cult del calibro di Zombi 2 (1979) e Paura nella città dei morti viventi (1980).
Immerso nella bellissima fotografia di Sergio D’Offizi ed efficacemente accompagnato dalle musiche a firma di Riz Ortolani, un thriller che, sebbene concepito nel periodo in cui Dario Argento spopolò con i suoi primi tre lungometraggi, prende una sua personalissima, originale strada evitando i notturni toni metropolitani del responsabile de L’uccello dalle piume di cristallo (1970) e Il gatto a nove code (1971) per privilegiare, al contrario, una soleggiata atmosfera rurale che tanto lascia pensare a una inedita fusione del genere con il Neorealismo.
Una atmosfera che non solo sembra anticipare di molti anni quella poi alla base dell’ammanitiano Io non ho paura (2003) di Gabriele Salvatores, ma finisce per rappresentare uno degli azzeccati ingredienti per far sì che si concretizzi su celluloide il severo sguardo sulla società campagnola, spesso vittima dell’ignoranza e dei pregiudizi.
Quell’ignoranza incarnata, tra l’altro, dalla magnifica sequenza del massacro ai danni della presunta fattucchiera, sulle note di Quei giorni insieme a te di Ornella Vanoni, che, insieme alla conclusiva situazione della morte dell’assassino, lascia già individuare i primi tocchi della poetica del gore per la quale il cineasta scomparso nel 1996 divenne poi celebre in tutto il mondo.
Perché il nostro cinema sapeva far parlare di se all’estero quando avevamo grandi maestri in grado, appunto, di realizzare veri e propri capolavori come questo; talmente avanti coi tempi sia da influenzare, addirittura, il già citato Argento (l’immagine dei feticci trafitti da spilli e il momento in cui una donna avverte la presenza dell’omicida a messa ricordano Profondo rosso, di tre anni dopo), che da azzardare un coraggiosissimo attacco nei confronti della Chiesa.
Per non parlare della ancora oggi scabrosa immagine del ragazzino davanti alla integralmente nuda Bouchet, della quale parla anche David Grieco – regista di Evilenko (2004) – nel corso dell’intervista inclusa insieme al trailer e a una breve scena tagliata nella sezione extra del dvd edito da Mustang Entertainment.
Assolutamente da possedere!
Francesco Lomuscio